29 Luglio 2020

Ispezioni coronavirus: quali sanzioni per le violazioni sulla sicurezza?

di Rossella Schiavone

L’articolo analizza le sanzioni per le violazioni sulla sicurezza e salute a seguito dell’applicazione delle misure di contenimento individuate e adottate con i c.d. protocolli anticoronavirus.

 

Premessa

Il mancato rispetto delle misure di contenimento individuate e adottate con i c.d. protocolli anticoronavirus – che hanno acquisito valenza obbligatoria grazie all’inserimento nel D.P.C.M. 26 aprile 2020 – è punito, salvo che il fatto costituisca reato, con la sanzione amministrativa che va da 400 euro a 1.000 euro, a cui si aggiunge la sanzione accessoria della chiusura provvisoria dell’attività o dell’esercizio per una durata non superiore a 5 giorni (il periodo di chiusura provvisoria è scomputato dalla corrispondente sanzione accessoria definitivamente irrogata, in sede di sua esecuzione).

Le sanzioni sono, comunque, di competenza del prefetto e si applica, quindi, il c.d. Codice della strada.

L’articolo 4, D.L. 19/2020, rubricato “Sanzioni e controlli”, recita:

1. Salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui all’articolo 1, comma 2, individuate e applicate con i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 2, commi 1 e 2, ovvero dell’articolo 3, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 1.000 e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di Sanità, di cui all’articolo 3, comma 3. Se il mancato rispetto delle predette misure avviene mediante l’utilizzo di un veicolo la sanzione prevista dal primo periodo è aumentata fino a un terzo.

2. Nei casi di cui all’articolo 1, comma 2, lettere i), m), p), u), v), z) e aa), si applica altresì la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni.

3. Si applicano, per quanto non stabilito dal presente articolo, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto compatibili. Per il pagamento in misura ridotta si applica l’articolo 202, commi 1, 2 e 2.1, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Le sanzioni per le violazioni delle misure di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, sono irrogate dal Prefetto. Le sanzioni per le violazioni delle misure di cui all’articolo 3 sono irrogate dalle autorità che le hanno disposte. Ai relativi procedimenti si applica l’articolo 103 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27

4. All’atto dell’accertamento delle violazioni di cui al comma 2, ove necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione, l’organo accertatore può disporre la chiusura provvisoria dell’attività o dell’esercizio per una durata non superiore a 5 giorni. Il periodo di chiusura provvisoria è scomputato dalla corrispondente sanzione accessoria definitivamente irrogata, in sede di sua esecuzione.

5. In caso di reiterata violazione della disposizione di cui al comma 1, la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima”.

 

Le sanzioni in materia di salute e sicurezza

Ad ogni modo, come evidenziato da dottrina, l’articolo 4, D.L. 19/2020, opera salvo che il fatto non costituisca reato, quindi qualora un datore di lavoro commetta un fatto che violi una misura contenuta in uno dei protocolli e, in contemporanea, realizzi un illecito di natura penale, prevale il penale.

Stante quanto sopra, si ritiene opportuno identificare nelle misure di contenimento previste nei protocolli citati i precetti che corrispondono alle norme del D.Lgs. 81/2008, posto che, nel caso di violazione di cui al T.U. salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro dovranno essere applicate le disposizioni in materia di prescrizione ed estinzione del reato di cui agli articoli 20 ss., D.Lgs. 758/1994 (ex articolo 301, D.Lgs. 81/2008), che prevede l’obbligo di impartire al trasgressore un’apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione della situazione antigiuridica un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario.

 

Dispositivi di protezione individuale

Nel rispetto dell’articolo 18, comma 1, lettera d), T.U. salute e sicurezza, il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti a fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il Rspp e il medico competente, ove presente.

Si rammenta che, ai sensi dell’articolo 16, comma 1, D.L. 18/2020, per contenere il diffondersi del virus COVID-19, fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020, sull’intero territorio nazionale, per tutti i lavoratori e i volontari, sanitari e non, che nello svolgimento della loro attività sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, sono considerati dispositivi di protezione individuale (DPI), di cui all’articolo 74, comma 1, D.Lgs. 81/2008, le mascherine chirurgiche reperibili in commercio, il cui uso è disciplinato dall’articolo 5-bis, comma 3, D.L. 18/2020.

La sanzione penale a carico del datore e del dirigente che non dovessero fornire le c.d. mascherine è dall’arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.842,76 a 7.371,03 euro, ex articolo 55, comma 5, lettera d), D.Lgs. 81/2008 e, con la prescrizione obbligatoria ex articolo 301, la sanzione in via amministrativa sarà pari a 1.842,76 euro. Tuttavia, nel caso di specie sussiste anche una sanzione penale a carico del lavoratore che non dovesse utilizzare in modo appropriato i DPI che gli sono stati forniti dall’azienda ex articolo 20, comma 2, lettera d), D.Lgs. 81/2008: arresto fino a un mese o ammenda da 245,70 a 737,10 euro, come stabilito dall’articolo 59, comma 1, lettera a) del medesimo T.U..

Ad ogni modo, si ricorda che incombe in capo al lavoratore anche l’obbligo di segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi citati, nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità (lettera f) del medesimo articolo 20, comma 2), D.Lgs. 81/2008.

 

Osservanza delle norme, disposizioni aziendali, etc.

Ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera f), T.U. salute e sicurezza, il datore di lavoro e i dirigenti devono innanzitutto richiedere l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei DPI messi a loro disposizione.

La sanzione penale a carico del datore e del dirigente è all’arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.474,21 a 6.388,23 euro, ex articolo 55, comma 5, lettera c), D.Lgs. 81/2008.

Applicando la prescrizione obbligatoria ex articolo 301, D.Lgs. 81/2008, la sanzione in via amministrativa sarà pari a 1.597,06 euro.

 

Informazione

Seguendo le indicazioni di cui alle note dell’INL che si sono succedute, un punto importante da analizzare è l’obbligo datoriale di informazione nei confronti dei lavoratori, ai sensi dell’articolo 36, D.Lgs. 81/2008.

In forza di tale norma il datore di lavoro deve provvedere affinché ciascun lavoratore riceva un’adeguata informazione sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi all’attività dell’impresa in generale e, in particolar modo, sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia, nonché sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate (articolo 36, commi 1 e 2).

La sanzione per la violazione dell’articolo 36, commi 1 e 2, a carico del datore di lavoro e del dirigente è dall’arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.474,21 a 6.388,23 euro, ex articolo 55, comma 5, lettera c), D.Lgs. 81/2008.

Come già chiarito, si applica la prescrizione obbligatoria ex articolo 301, D.Lgs. 81/2008, e la sanzione in via amministrativa sarà pari a 1.597,06 euro.

 

Sanificazione

I protocolli prevedono che sia assicurata la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica degli spogliatoi e delle aree comuni, limitando l’accesso contemporaneo a tali luoghi, nonché la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica delle parti a contatto con le mani degli operatori delle attrezzature e postazioni di lavoro fisse[1].

Va assicurata, peraltro, la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica di pulsantiere, quadri comando, volante, etc., delle postazioni di lavoro degli operatori addetti alla conduzione di macchine e attrezzature e dei mezzi di trasporto aziendali e garantita la pulizia a fine turno e la sanificazione periodica di tastiere, schermi, mouse, distributori di bevande, con adeguati detergenti, sia negli uffici, sia nei baraccamenti, ove presenti.

Nel caso di specie sarebbe, invece, ravvisabile la violazione dell’articolo 63, comma 1, in combinato disposto con l’articolo 64, comma 1, lettera d), e l’Allegato IV, punto 1.1.6., D.Lgs. 81/2008, per non aver mantenuto puliti i locali di lavoro, facendo eseguire la pulizia.

Anche in questo caso la sanzione per le violazioni citate è a carico del datore di lavoro e del dirigente ed è punita con l’arresto da 2 a 4 mesi o con l’ammenda da 1.228,50 a 5.896,84 euro (articolo 68, comma 1, lettera b), D.Lgs. 81/2008).

Inoltre, si applica sempre la prescrizione obbligatoria ex articolo 301, D.Lgs. 81/2008, e la sanzione in via amministrativa sarà pari a 1.474,21 euro.

 

Valutazione dei rischi

La questione relativa all’aggiornamento del Documento di valutazione dei rischi da coronavirus è alquanto più complessa.

In merito vi sono stati 2 orientamenti diversi, che si sono contrapposti fin dal primo momento.

Il primo orientamento si basava sulla non necessità di aggiornare il DVR in caso di rischio non professionale, ovvero in caso di rischio sovrapponibile alla comune popolazione: nel caso di specie i rischi che si dovrebbero valutare nel DVR sono quelli che rientrano nell’alveo dei rischi professionali con riferimento alla specifica mansione svolta all’interno dell’organizzazione aziendale, che determinano un incremento dell’entità del rischio rispetto alla popolazione.

Tale orientamento, sostenuto da parte della dottrina e dalla maggior parte degli operatori del settore, si basava sulla convinzione che il datore di lavoro – e di conseguenza i lavoratori – dovessero attenersi alle misure specifiche imposte dagli enti sanitari e dal Ministero preposto, nonché al rispetto delle indicazioni contenute nei protocolli sottoscritti tra Governo e parti sociali.

Tale posizione, con riferimento al rischio COVID-19, si basa sull’analisi degli articoli 266 e 271, comma 4, D.Lgs. 81/2008, nonché sull’allegato XLIV, D.Lgs. 81/2008, che elenca le attività lavorative che possono comportare la presenza di agenti biologici e sostiene che, qualora il Legislatore avesse voluto intendere per rischio biologico qualsiasi tipologia di esposizione a prescindere dal carattere endogeno, professionale o accidentale aggravato, non avrebbero avuto senso né l’articolo 271, comma 4, D.Lgs. 81/2008, né il citato allegato XLIV.

Il secondo orientamento, sostenuto da altra parte della dottrina, ha affermato, invece, con forza e fin dal primo momento, la necessità di aggiornare il DVR sia per la sussistenza dell’articolo 2087, cod. civ. che dell’articolo 28, D.Lgs. 81/2008, il quale stabilisce, tra l’altro, che:

  • la valutazione dei rischi deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori;
  • il DVR deve contenere una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa.

A quanto sopra occorre aggiungere che il COVID-19 è definito “rischio biologico generico” nell’incipit del protocollo d’intesa tra Governo e parti sociali e nel già citato allegato XLVI del T.U. è presente, fra gli altri, anche il coronaviridae, ossia l’aggregazione (o famiglia) di virus i cui componenti sono noti come “coronavirus”.

Infine, si evidenzia che, con l’interpello n. 11/2016, la Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro – che, ai sensi dell’articolo 12, D.Lgs. 81/2008, è deputata a rispondere a quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro – ha sostenuto, a proposito della valutazione dei rischi ambientali e sicurezza del posto di lavoro del personale navigante delle compagnie aeree, la necessità che “il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i cosiddetti «rischi generici aggravati», legati alla situazione geopolitica del Paese (es. guerre civili, attentati, ecc.) e alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta”.

Tale secondo orientamento è stato – a parere di chi scrive – abbracciato dall’Inail, che nelle sue circolari n. 13/2020 e n. 22/2020 ha chiarito che, secondo l’indirizzo vigente in materia di trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, l’Istituto tutela tali affezioni morbose, inquadrandole, per l’aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro: in questi casi, infatti, la causa virulenta è equiparata a quella violenta, per cui in tale ambito delle affezioni morbose, inquadrate come infortuni sul lavoro, sono ricondotti anche i casi di infezione da nuovo coronavirus occorsi a qualsiasi soggetto assicurato dall’Inail.

Per cui – così come ribadito nella circolare n. 13/2020 – poiché la tutela assicurativa Inail, spettante nei casi di contrazione di malattie infettive e parassitarie negli ambienti di lavoro e/o nell’esercizio delle attività lavorative, opera anche nei casi di infezione da nuovo coronavirus contratta in occasione di lavoro per tutti i lavoratori assicurati all’Inail, ne consegue l’obbligo per il datore di lavoro di valutare i rischi per la salute derivanti dall’esposizione agli agenti biologici presenti nell’ambiente di lavoro, tenendo ben presente che il rischio biologico può essere sia deliberato (ovvero gli agenti biologici sono introdotti o presenti in maniera deliberata nell’ambito del ciclo produttivo) che potenziale e occasionale.

Inoltre, si rammenta che per la valutazione del rischio di cui all’articolo 28, comma 2, lettera a), D.Lgs. 81/2008, la scelta dei criteri di redazione del DVR è rimessa al datore di lavoro che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità, quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione.

Per quanto concerne, infine, le sanzioni, si ricorda che l’omesso aggiornamento del DVR nel caso di specie determina la violazione degli articoli 271 e 272, T.U. salute e sicurezza, puniti con le sanzioni di cui all’articolo 282, D.Lgs. 81/2008, a carico del datore di lavoro e dei dirigenti e dell’articolo 283, a carico dei preposti.

[1] Tutte le operazioni di sanificazione devono essere eseguite utilizzando prodotti aventi le caratteristiche indicate nella circolare n. 5443/2020 del Ministero della salute.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.

 

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