Inail e ricorsi in materia tariffaria: il nuovo iter e le avvertenze
di Fabrizio Vazio Scarica in PDF
La riforma dei ricorsi Inail in materia tariffaria modifica gli organi cui rivolgere il contenzioso, poiché ora non è più competente il Consiglio di Amministrazione. Il ricorso viene, infatti, deciso ora dalle Direzioni Regionali dell’Istituto. Si vedrà il nuovo iter previsto per i contenziosi rivolti contro i provvedimenti derivanti da verbale ispettivo, che costituiscono gran parte dei ricorsi in materia tariffaria, con particolare attenzione alla fase di eventuale composizione del contenzioso prevista presso le Direzioni Regionali Inail.
Ricorsi in materia di tariffe: le novità
La L. 203/2024, ovvero il Collegato Lavoro, ha, come noto, innovato la materia dei ricorsi amministrativi Inail[1].
In particolare, l’articolo 2, L. 203/2024, ha stabilito che “il datore di lavoro può ricorrere alla direzione regionale, alla sede regionale di Aosta, alla direzione provinciale di Trento o alla direzione provinciale di Bolzano dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), in relazione alla loro competenza per territorio, contro i provvedimenti emessi dalle sedi territoriali dell’Istituto in materia di applicazione delle tariffe dei premi assicurativi per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali approvate ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, riguardanti:
a) la classificazione delle lavorazioni;
b) l’oscillazione del tasso medio di tariffa per prevenzione degli infortuni ed igiene dei luoghi di lavoro;
c) la decorrenza dell’inquadramento nelle gestioni tariffarie;
d) l’inquadramento nelle gestioni tariffarie effettuato direttamente dall’INAIL per i datori di lavoro non soggetti alla classificazione prevista dall’articolo 49 della legge 9 marzo 1989, n. 88.
2. I ricorsi di cui al comma 1 sono decisi dai responsabili delle strutture competenti”.
La norma ha, altresì, confermato la competenza delle sedi territoriali in materia di ricorsi per oscillazione per andamento infortunistico.
Le novità sono, quindi, riferite al ricorso in materia tariffaria, ma l’Istituto ha colto l’occasione, con la circolare n. 4/2025, dedicata a “Ricorsi in materia di applicazione delle tariffe dei premi assicurativi. Modifiche apportate dall’articolo 2 della legge 13 dicembre 2024, n. 203 al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2001, n. 314. Trasferimento della competenza a decidere i ricorsi presentati dal 12 gennaio 2025 dal Consiglio di amministrazione dell’Inail alle Direzioni regionali, alla Sede regionale di Aosta, alla Direzione provinciale di Trento e alla Direzione provinciale di Bolzano”, per fare il punto sull’intera materia dei ricorsi amministrativi dei datori di lavoro.
Oggi, verrà trattato l’argomento principale della riforma, ossia i ricorsi in materia di provvedimenti che riguardano la tariffa premi, concentrandosi, in particolare, sul contenzioso derivante da verbali ispettivi.
Si vedranno le novità che riguardano soprattutto gli organi cui rivolgere il contenzioso, ma anche l’intero ciclo del ricorso amministrativo Inail in tale materia, per approfondire alcuni aspetti che solo in parte sono stati toccati dalla riforma e che, tuttavia, vengono esaurientemente illustrati nella circolare a riferimento.
Quando ricorrere, cosa chiedere e soprattutto a chi
In primis, ci si deve occupare di un tema fondamentale, ovvero quando fare ricorso e cosa si può richiedere attraverso il contenzioso amministrativo.
Quando fare ricorso
Come noto, il ricorso in materia tariffaria non può essere presentato contro il verbale ispettivo Inail, poiché esso non è atto autonomamente impugnabile.
È, del resto, la stessa L. 203/2024 a ribadire che l’impugnazione dev’essere effettuata contro il provvedimento, che può giungere in tempi diversi al datore di lavoro e, quindi, non necessariamente in un periodo vicinissimo alla conclusione del verbale[2].
Il contenzioso andrà presentato, però, attraverso l’apposita procedura informatica, entro 30 giorni dal pervenimento del verbale, per ottenere l’importante effetto sospensivo dell’addebito[3].
Cosa chiedere
Quanto al contenuto della richiesta, si deve dire che esso è variabile, o meglio che vi sono 3 possibilità:
- richiesta di mutamento classificativo rispetto al provvedimento: il datore di lavoro può richiedere il cambiamento della voce di tariffa attribuita nel provvedimento. Si ponga il caso di un verbale che abbia riclassificato un’azienda, inquadrata al Settore Industria, dalla voce 6561 (produzione quadri elettrici – tasso medio 17,60) alla voce 3600 (lavori di installazione, manutenzione e rimozione di impianti, parti di impianti, di apparecchiature di ogni genere e tipologia appartenenti o a servizio di stabilimenti industriali ed edifici con qualunque destinazione d’uso – tasso medio 43,63). Il datore di lavoro può richiedere che venga ripristinata la voce precedente in toto, oppure che essa sia nuovamente applicata per parte degli imponibili aziendali, che il datore di lavoro ritiene siano attribuibili alla produzione di quadri elettrici. Non è preclusa la possibilità di richiedere una terza voce di tariffa, ad esempio, dicendo: vero è che l’attività non poteva essere classificata alla voce 6561, poiché l’azienda non produce quadri elettrici, ma non dev’essere nemmeno considerata impiantistica, mentre può essere riclassificata alla voce 6565 della tariffa dei premi dedicata alla produzione di “Apparecchi per illuminazione in qualsiasi materiale”;
- richiesta di modificazione della decorrenza della riclassificazione: nel caso testé illustrato, si ponga che l’ispettore (e quindi il provvedimento) abbia stabilito che la riclassificazione alla voce 3600 decorra dai termini prescrizionali, con addebito, quindi, al datore di lavoro, delle differenze premiali maggiorate dalle sanzioni civili. Va ricordato, a tale proposito, che l’articolo 11, MAT, dedicato alla rettifica d’ufficio delle classificazioni tariffarie, prevede che l’Inail, accertato in qualsiasi momento che la classificazione delle lavorazioni e la relativa tassazione sono errati, procede alle necessarie rettifiche con provvedimento motivato. Il provvedimento è comunicato al datore di lavoro con modalità telematiche e ha effetto non retroattivo, salvi i seguenti casi, nei quali esso decorre dalla data in cui l’esatta classificazione delle lavorazioni e la relativa tassazione dovevano essere applicati:
a) erronea o incompleta denuncia del datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio minore di quello effettivamente dovuto; si applicano in tali casi anche le sanzioni previste per l’erronea o incompleta denuncia[4];
b) erronea classificazione delle lavorazioni non addebitabile al datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio maggiore di quello effettivamente dovuto.
Il datore di lavoro può ritenere che la riclassificazione non sia dovuta a responsabilità dell’azienda, che aveva esattamente denunciato l’attività e, pertanto, che essa debba decorrere “dal corrente” e non dai termini prescrizionali. Non sfugge la delicatezza della questione, poiché, se il datore di lavoro ha ragione, l’addebito viene annullato e la riclassificazione decorre solo dal primo mese successivo al provvedimento, senza richiesta di alcun importo, salva un’eventuale integrazione in corso d’anno;
- richiesta di eliminazione delle sanzioni civili: il datore di lavoro può, infine, richiedere che vengano eliminate le sanzioni civili, ma solo in uno specifico caso, ovvero qualora la variazione sia stata denunciata e l’Istituto non l’abbia, come si suol dire, lavorata. Il caso di specie è quello nel quale un datore di lavoro effettua, ad esempio, “pulizie civili”, e da una certa data inizia ad effettuare anche pulizie in ambito industriale, che presentano superiore tasso di tariffa. Ove la variazione di rischio non sia stata denunciata all’atto della verifica ispettiva, il funzionario di vigilanza evidenzierà i salari afferenti al nuovo riferimento tariffario e la sede provvederà a richiedere premi e sanzioni civili. Se il datore di lavoro ritiene di avere, viceversa, denunciato la variazione di rischio, ad esempio attraverso una denuncia di nuovo lavoro, trova applicazione l’articolo 10, MAT. Esso prevede che, comunque, la riclassificazione sia retroattiva poiché “qualora la variazione totale o parziale dell’attività già assicurata (cessazione di una o più lavorazioni, modificazione di estensione e di natura del rischio, ecc.) comporti una classificazione delle lavorazioni diversa da quella in precedenza applicata, l’Inail provvede ad applicare la nuova classificazione delle lavorazioni e il relativo tasso con decorrenza dalla data della variazione stessa”[5].
Attenzione: la richiesta dell’annullamento delle sanzioni civili è possibile solo qualora si tratti di variazione che presenta un maggior tasso di tariffa non lavorata dalla sede Inail. Ove, invece, si tratti di una rettifica di attività comunicata in modo asseritamente inesatto, non si potrà, infatti, richiedere l’eliminazione delle sanzioni civili. Infatti, ove vi sia un errore (non una variazione!) classificativo, con premio pagato inferiore al dovuto:
- o la responsabilità è dell’azienda, e quindi vengono richiesti premi e sanzioni civili; oppure
- l’Istituto era in condizione di classificare correttamente ma non l’ha fatto e, in questo caso, non si tratta di eliminare le sanzioni civili, ma piuttosto di cancellare ogni richiesta arretrata di premi. In tale ipotesi, infatti, la riclassificazione decorrerà dal corrente, come si è visto al punto 2.
A chi ricorrere
Una volta stabilite quali sono le richieste che si possono effettuare, occorre vedere a chi rivolgere il ricorso: qui ci sono le grosse novità preannunciate all’inizio.
La competenza, infatti, non appartiene più al Consiglio d’Amministrazione ma, come visto in premessa, alle Direzioni Regionali, alla Sede regionale di Aosta, alla Direzione provinciale di Trento o alla Direzione provinciale di Bolzano, in relazione alla loro competenza per territorio.
L’Istituto sta predisponendo la nuova procedura informatica, fermo restando che, ovviamente, le doglianze rivolte ai nuovi organi competenti dovranno essere in materia tariffaria.
L’iter del ricorso
Una volta inoltrato il ricorso, l’Istituto si muoverà come in precedenza[6] e la Direzione Regionale richiederà alla propria Consulenza tecnica per la salute e la sicurezza (Ctss) di esprimere un parere in ordine alla classificazione tariffaria e alla decorrenza della riclassificazione.
Entro 90 giorni vi sarà una fase fondamentale che caratterizza tutto l’iter del ricorso Inail e che non si modifica dopo le novità legislative: si tratta della fase di possibile composizione del contenzioso presso la Direzione Regionale.
Riveste grande importanza l’indicazione contenuta all’interno della circolare Inail n. 5/2025, ove si ribadisce che la fase relativa al confronto con il ricorrente mantiene la sua validità come momento nell’ambito del quale sono esaminate le ragioni addotte dal ricorrente stesso a sostegno dell’impugnazione del provvedimento e quelle dell’Inail in merito alla fondatezza del ricorso. Pertanto, nel nuovo flusso istruttorio è stata prevista la fase (obbligatoria) denominata “incontro con il ricorrente”, che prevede che nel corso di apposito incontro, da tenersi anche a distanza, siano esaminate le posizioni dell’Inail e del ricorrente, da riportare in apposito “verbale di incontro”.
Invero, in tempi di Covid, la prassi che vedeva un incontro in presenza tra Direzione Regionale e azienda assistita dai propri professionisti è stata superata a favore di una lettera indirizzata al datore di lavoro in cui si sintetizza ciò che l’Inail ritiene a proposito del ricorso.
Al di là della modalità con cui si svolge la fase di eventuale composizione del contenzioso, nulla quaestio ove, ovviamente, il ricorso sia da respingere o, piuttosto, da accogliere integralmente, ma va notato che molto spesso la soluzione è intermedia tra quanto contenuto nel provvedimento e quanto richiesto dal ricorrente.
ESEMPIO
Si supponga che un’azienda classificata alla voce 6321 (produzione di macchinari industriali), con tasso medio del 22,14 per mille, poiché appartiene al settore Industria, sia stata riclassificata integralmente alla voce 3600, prevista per l’impiantistica, con tasso medio del 43,73.
L’azienda richiede di ritornare alla classificazione originaria alla voce 6321, ma l’Istituto propone una soluzione intermedia: una parte dei lavoratori vengono ritenuti esposti al rischio di cui alla voce 6321, un’altra parte alla voce 3600 e viene aggiunto pure un ulteriore riferimento tariffario alla voce 6212, prevista per la carpenteria senza posa in opera e avente un tasso medio del 51,66 per mille.
Va notato che, normalmente, l’Istituto non indica nella proposta di conciliazione gli imponibili direttamente ascrivibili a ciascun rischio, ma le lavorazioni che ritiene di racchiudere in tutela a ogni voce di tariffa.
La valutazione del ricorrente sulla proposta dell’Istituto, sia che pervenga con lettera sia che venga resa nota nella riunione prevista presso la Direzione Regionale, dev’essere effettuata da un professionista, poiché, per capirsi, non viene detto che l’addebito era pari a X e diventa pari a Y, ma vengono forniti soltanto i parametri per un futuro ricalcolo.
In tal senso, particolarmente complessa appare la situazione qualora la soluzione venga riferita in sede d’incontro e l’Istituto richieda una risposta positiva o negativa, poiché, evidentemente, occorrerà che il professionista valuti immediatamente quale potrebbe essere l’impatto della nuova classificazione e la riferisca al datore di lavoro che potrà decidere favorevolmente oppure no.
Ove la proposta venga accettata, viene redatto un apposito verbale di conciliazione e il contenzioso si estingue.
Successivamente, l’Istituto, sulla base delle indicazioni contenute nel verbale di conciliazione, ricalcolerà il premio, e non è da escludere che addirittura debba essere effettuato un ulteriore accertamento ispettivo, che si muoverà rigorosamente nell’ambito dei parametri indicati all’interno del verbale di conciliazione.
Infatti, nell’esempio precedente, qualora nella conciliazione sia indicato che i lavoratori di un certo reparto devono essere classificati alla voce 6212, che altri devono rimanere (o meglio, ritornare) alla voce 6321 e che per altri la classificazione dev’essere alla voce 3600, il compito dell’ispettore sarà unicamente rilevare le retribuzioni di tali lavoratori e indicarle su un verbale che consentirà la liquidazione della conciliazione.
Ovviamente, nel momento in cui il datore di lavoro accetta la composizione, rinuncia al contenzioso, che potrà riproporre solo ove l’eventuale suddivisione dei salari effettuata dall’ispettore non sia in linea con quanto contenuto nella conciliazione stessa.
Ove la composizione non riesca:
- o perché la Direzione Regionale Inail intende respingere integralmente il contenzioso;
- o perché la soluzione proposta non appare conveniente al datore di lavoro;
la pratica sarà trasmessa, come nel precedente iter, alla Direzione generale, dove sarà esaminata dalla Consulenza tecnica salute e sicurezza centrale.
A riprova che la materia Inail è particolarmente complicata, non è invero infrequente che il parere della Consulenza centrale sia diverso da quello della medesima consulenza a livello regionale[7].
Proprio a tal fine, appare opportuna la decisione dell’Istituto, pur se la delibera non viene più adottata dal CdA, che vi sia un parere della Consulenza centrale per assicurare l’uniformità tariffaria sul territorio nazionale.
A differenza che nell’iter precedente, una volta adottato il parere della Consulenza tecnica centrale, la pratica ritornerà alla Direzione Regionale di competenza, che emetterà la decisione finale con determina a firma del responsabile della struttura.
Ovviamente, la decisione è definitiva e non è prevista alcuna accettazione da parte dell’azienda, ma è anche possibile che vi sia un ulteriore accertamento ispettivo, finalizzato ad applicare tale delibera, ove ovviamente sia necessario riquantificare il premio.
Va notato che, in esito alla decisione finale e all’eventuale riquantificazione del premio, al datore di lavoro verrà notificato un nuovo provvedimento (sempre che il ricorso non sia stato respinto integralmente) e, ove non avvenga il pagamento e il datore di lavoro non impugni in giudizio, l’azienda perderà la regolarità contributiva, poiché, tra l’altro, non sono previsti altri gradi di impugnazione amministrativa.
Particolarmente importante è notare che, ove il datore di lavoro scelga il pagamento rateale, dovrà tenere conto di quanto contenuto nella circolare n. 22/2019, dedicata ai rateizzi: ivi si legge che, per ottenere il benestare al rateizzo, il debitore deve riconoscere in modo esplicito e incondizionato il debito per premi ed eventuali accessori di cui chiede la rateazione, fatto salvo il diritto dell’Inail a ulteriori addebiti per errori ed eventuali omissioni, nonché rinunciare a tutte le eccezioni che possono influire sull’esistenza e azionabilità del credito dell’Inail, nonché agli eventuali giudizi di opposizione proposti in sede civile
Conclusioni
Le novità in materia di ricorsi, pur rilevanti poiché l’organo cui rivolgersi è cambiato, non modificano complessivamente il procedimento del contenzioso in materia tariffaria, ma è opportuno richiamare le aziende e i professionisti a un supplemento di attenzione, poiché l’iter del ricorso appare particolarmente complesso e le decisioni da assumere, anche durante la fase di eventuale composizione, hanno grande rilievo.
Ogni decisione dovrà naturalmente essere guidata anche dalla necessità di mantenere la regolarità contributiva sia durante l’iter del contenzioso sia, soprattutto, dopo la decisione del ricorso.
[1] Sul tema, in generale, si veda F. Vazio, “Inail: ricorsi nuovi o quasi”, in La circolare di lavoro e previdenza, n. 6/2025.
[2] Anche nelle avvertenze contenute nei verbali ispettivi si legge che il ricorso deve essere presentato contro il successivo provvedimento elaborato dagli uffici amministrativi.
[3] La circolare citata ricorda che anche alla luce della nuova normativa “la presentazione del ricorso entro il termine stabilito dal regolamento ha efficacia sospensiva nei confronti del provvedimento impugnato, sia per quanto riguarda i ricorsi presentati fino all’11 gennaio 2025 al Consiglio di amministrazione e dal 12 gennaio 2025 alla Direzione regionale, alla Sede regionale di Aosta, alla Direzione provinciale di Trento e alla Direzione provinciale di Bolzano, sia per quanto riguarda i ricorsi presentati alla sede territoriale dell’Inail contro i provvedimenti emessi dalla stessa sede concernenti l’oscillazione del tasso medio di tariffa per andamento infortunistico”.
[4] Sulle innovazioni in materia di sanzioni civili “da verbale”, si veda F. Vazio, “Inail: sanzioni civili ridotte, ma si deve pagare subito”, in La circolare di lavoro e previdenza, n. 47/2024.
[5] Un’eccezione è prevista, ma non nel caso di specie, poiché si riferisce all’omessa comunicazione di un’attività a minor tasso. Infatti, la norma prevede che “In caso di tardata o omessa presentazione delle denunce di variazione di cui al presente articolo che abbia comportato la liquidazione ed il pagamento di un premio maggiore di quello effettivamente dovuto i relativi provvedimenti decorrono dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della denuncia”.
[6] Sull’iter dei ricorsi prima della riforma (rimasto, come si vedrà, in parte invariato) si veda F. Vazio, “I ricorsi Inail in materia di rischio: tutti i passaggi di un’avventura complessa”, in La circolare di lavoro e previdenza, n. 1/2019. La circolare n. 4/2025 dettaglia l’iter in 9 passaggi, che sono qui riassunti.
[7] La circolare n. 5/2025 conferma che “Il parere tecnico trasmesso dalla Direzione (emesso dalla CTSS centrale ndA) ha efficacia vincolante e supera quello della Consulenza tecnica per la salute e sicurezza regionale”.
Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza”.