9 Dicembre 2024

Inail: l’oscillazione del tasso per andamento infortunistico e il ricorso

di Fabrizio Vazio Scarica in PDF

In Inail, il tasso di tariffa non è funzione solo dell’attività svolta e, quindi, della conseguente classificazione tariffaria, nonché dell’inquadramento settoriale, ma anche degli infortuni e delle malattie professionali occorsi in azienda. Non tutti gli eventi infortunistici, però, devono influire sul tasso: si vedranno i principi normativi e, soprattutto, che cosa devono fare, l’azienda e il professionista che l’assiste, quando si avvedano che l’Istituto ha caricato sul tasso un caso d’infortunio o di malattia professionale non dovuto.

 

Premessa

In Inail, il contenzioso delle aziende nei confronti dell’Istituto è relativamente contenuto.

Non assume dimensioni rilevantissime il numero dei ricorsi amministrativi in materia di classificazione tariffaria rivolti al CdA dell’Istituto, ma ancor meno rilevante è l’entità del contenzioso nei confronti delle sedi territoriali.

È da ricordare che, a norma del combinato disposto del D.P.R. 314/2001 e dell’articolo 27, MAT 2019, alle sedi territoriali devono essere rivolti i ricorsi relativi a:

  • oscillazione del tasso medio di tariffa per prevenzione ai sensi dell’articolo 23, comma 5;
  • oscillazione per andamento infortunistico dopo il primo biennio di attività, ai sensi degli articoli da 19 a 25.

È, invero, strano che il contenzioso in materia di oscillazione antinfortunistica sia così ridotto, tenuto conto che un infortunio grave o una malattia professionale, riconosciuta con postumi, possono aumentare in maniera rilevante il premio assicurativo.

Ma come funziona il “bonus-malus” Inail?

 

Oscillazione dell’andamento infortunistico: le regole

I meccanismi dell’oscillazione per andamento infortunistico sono descritti nella circolare Inail n. 28/2021, dedicata a illustrare le nuove tariffe dei premi.

In sintesi, deve dirsi che per valutare la sinistrosità di una PAT, la disciplina dell’articolo 20, comma 1, MAT 2019, prende in considerazione gli eventi lesivi avvenuti e definiti nel periodo di osservazione e le retribuzioni imponibili denunciate per tutte le lavorazioni assicurate nella PAT nel medesimo periodo. Il periodo d’osservazione è costituito dai primi 3 anni del quadriennio precedente l’anno di decorrenza del provvedimento di comunicazione del tasso applicabile (modello 20SM). La valutazione degli eventi lesivi è stata impostata in relazione alla gravità degli stessi, superando la previgente disciplina basata sugli oneri sostenuti dall’Istituto per indennizzare il relativo evento. Tale gravità è misurata da un indice (GLE), che esprime le giornate lavorative perse, in caso d’inabilità temporanea, o le giornate lavorative equivalenti, in caso d’inabilità permanente[1].

Risulta, pertanto, superato il meccanismo precedente, basato essenzialmente sull’incidenza economica del caso che portava a effetti talora paradossali, come nel caso in cui un infortunio mortale risultasse senza superstiti.

Nessun rilievo ha più l’eventuale recupero, da parte dell’Inail, delle prestazioni erogate in sede di rivalsa: ove, quindi, il datore di lavoro trovi sul 20SM casi in cui ha dovuto risarcire l’Inail (o lo ha fatto la sua assicurazione) di quanto erogato all’infortunato o tecnopatico, non potrà richiederne l’esclusione dal tasso.

Infatti: “In linea con le logiche del nuovo criterio di calcolo dell’oscillazione del tasso per andamento infortunistico, gli oneri effettivamente recuperati dall’Istituto in seguito ad azione di surroga o regresso non assumono alcuna rilevanza ai fini dell’oscillazione del tasso medio di tariffa per andamento infortunistico” (circolare Inail n. 28/2021).

Va, peraltro, detto che sono esclusi dal calcolo dei tassi i casi in cui l’evento sia dovuto, anche in parte, a responsabilità di un terzo, estraneo al rapporto di lavoro, anche qualora l’identità del terzo non sia accertata (si pensi al caso di una rapina il cui l’autore rimane sconosciuto).

Fatta tale premessa, va detto che i controlli, una volta ricevuto il 20SM, devono riguardare, in primis, i casi che non devono influenzare l’andamento infortunistico, ovvero:

  • gli infortuni in itinere;
  • gli infortuni Covid-19, per espressa previsione normativa (articolo 42, comma 2, D.L. 18/2020, ove prevede che “tali eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti dell’allegato 2 al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 27 febbraio 2019, recante “Modalità per l’applicazione delle tariffe 2019”” – circolare Inail n. 13/2020);
  • gli infortuni occorsi a lavoratori interinali e in apprendistato.

Nessun rilievo ha, invece, il fatto che nell’infortunio non sia ravvisabile alcuna responsabilità aziendale: anche l’evento avvenuto per caso fortuito influenza il tasso[2].

Ove, però, non si ravvisino casi che ex lege debbono essere esclusi, il compito del professionista non è terminato e, anzi, può ben dirsi che inizia.

Occorre esaminare, in definitiva, se i casi d’infortunio o di malattia professionale siano veramente tali.

 

L’infortunio, la malattia professionale e il tasso

Una precisazione va fatta fin da subito: ove si dubiti che un infortunio sia successo, o il datore di lavoro sia a conoscenza di circostanze che consentono di ritenere che il fatto non sia qualificabile come infortunio, è necessario interagire con l’Istituto in fase istruttoria.

Si noti, beninteso, che non è il caso di fare contestazioni strumentali, perché ovviamente, se l’azienda sostiene una ricostruzione alternativa del caso, l’Istituto può disporre una verifica ispettiva: in tal caso, il funzionario di vigilanza si concentrerà sull’evento infortunistico, ma potrà aprire un’ispezione sull’azienda, qualora ritenga, ad esempio, che sia in atto un’errata classificazione.

Parimenti, nel caso di richiesta di malattia professionale, ove il datore di lavoro abbia elementi atti a sostenere che essa non è dovuta alle lavorazioni aziendali, deve inviare all’Istituto tutta la documentazione a supporto della propria tesi, sia che venga richiesta dall’Inail (ovvio), sia che l’Istituto non la chieda.

Ciò che il datore di lavoro non deve mai fare è inviare in ritardo (o non mandare proprio) la denuncia d’infortunio, perché in tal caso, indipendentemente dall’accoglibilità dell’evento, riceverebbe la sanzione da 1.290 a 7.745 euro.

Una volta che l’Inail ha accolto il caso, però, i giochi non sono finiti. Infatti, quando l’evento incide sul tasso si apre una nuova partita: la si veda precisando che le ipotesi in cui si può ricorrere in materia d’oscillazione del tasso per andamento infortunistico devono essere suddivise tra infortuni e malattie professionali.

 

Infortuni

Nel caso degli eventi infortunistici, occorre partire dal caso più frequente, ovvero da quello in cui il datore di lavoro ritiene che l’evento non sia successo o sia avvenuto fuori dal lavoro.

In tal caso, come già si è sottolineato, è più che altro necessario rappresentare le proprie ragioni durante il procedimento amministrativo, eventualmente inviando all’Istituto note esplicative.

Va ricordato quanto precisato dalla Cassazione: “ben può attribuirsi valenza di confessione stragiudiziale ex art. 2735 cc. ad una denuncia di infortunio sul lavoro effettuata ex art. 53 d.P.R. „. 1124/65, nella parte in cui ne descrive, sia pur succintamente, le modalità di accadimento (cfr. Cass. 19.10.85 n. 5141) e/o ogni altra circostanza di fatto” (Cassazione, n. 8611/2013).

Non è il caso, lo si ripete ancora, di avventurarsi in contestazioni pretestuose o sfornite di prova, ma certamente il datore di lavoro deve comunicare all’Inail le circostanze di cui è a conoscenza.

In sede di ricorso, invero, rischia di essere tardi: i fatti sono avvenuti da tempo, le prestazioni sono già state concesse e, a meno di particolari novità rispetto a quanto noto in istruttoria, il contenzioso difficilmente sarà accolto.

Altro caso possibile è quello dell’evento successo esattamente come accertato, ma che il datore di lavoro non ritiene costituisca giuridicamente un infortunio.

È il caso descritto nella sentenza n. 8597/2017 della Corte di Cassazione: un operaio muore perché morso da un’ape mentre guida la betoniera aziendale. Il datore di lavoro ritiene che si tratti di rischio generico, ovvero di un evento che può avvenire con la medesima probabilità a chiunque, senza che vi sia un collegamento eziologico con il lavoro.

La Suprema Corte respinge nel merito la tesi, ma la sentenza conferma che l’azienda ha diritto di impugnare il tasso ove ritenga che l’evento non sia configurabile come infortunio.

 

Malattie professionali

Con riferimento alle malattie professionali, appare evidente la difficoltà di contestare in via amministrativa la non sussistenza della tecnopatia.

Non è infrequente, invece, che il datore di lavoro contesti il fatto che la malattia sia di origine professionale o sostenga, piuttosto, che essa non sia dovuta alle lavorazioni svolte presso tale azienda.

In particolare, nel caso di carriere lavorative particolarmente articolate, è evidente che il datore di lavoro può essere in possesso di documentazione che attesti che il lavoratore soffriva già, ad esempio, di una sordità da rumore al momento dell’assunzione.

Non sfugge, poi, che appare avveduto non lasciar passare “in giudicato” (diciamo così) il fatto che una malattia professionale sia dovuta alle lavorazioni svolte presso l’azienda, tenuto conto che nel caso di tecnopatia il medico deve inviare il referto alla Procura della Repubblica, che, ovviamente, avvierà indagine circa il diverso tema dell’eventuale omissione di misure di sicurezza presso lo stabilimento ove la malattia professionale si è manifestata.

In tutti questi casi, ancora una volta, inevitabilmente la decisione dell’Istituto sarà basata sulla documentazione già esaminata e sarà di pertinenza sia del professionista sanitario sia della consulenza tecnica salute e sicurezza, che esprime un parere in materia di malattie professionali e di riconducibilità delle stesse alle lavorazioni, con particolare riguardo ai tumori professionali e alle malattie da amianto.

 

L’iter del ricorso oggi…

L’articolo 27, MAT, approvate con D.I. 27 febbraio 2019, prevede che il ricorso in materia di oscillazione per andamento infortunistico dev’essere presentato alla sede territoriale che ha emesso il provvedimento contestato.

Quando perviene, quindi, l’annuale modulo 20SM, il datore di lavoro non deve indugiare ove si accorga della necessità di inoltrare ricorso. Infatti, il contenzioso dev’essere presentato entro 30 giorni, per potere usufruire della sospensiva del provvedimento di cui all’articolo 45, D.M. 12 dicembre 2000.

È importante notare che il ricorso specifica per quali elementi contenuti nel provvedimento impugnato vengono formulate eccezioni e i motivi delle eccezioni stesse. Esso non può, quindi, essere generico e non può, lo si ripete ancora una volta, incentrarsi sulla mancanza di responsabilità aziendale nell’evento, che non è motivo d’impugnazione in questa sede.

La risposta della sede territoriale deve pervenire entro 120 giorni. Ove il provvedimento non arrivi entro tale termine, il ricorso s’intende respinto.

Si tratta di un classico ricorso in opposizione, ovvero all’organo che ha emesso il provvedimento impugnato e, pertanto, non è infrequente che non abbia esito positivo.

Si pensi al caso in cui un datore di lavoro contesti la connotazione giuridica di un evento: il ricorso si rivolge all’organo che ha già esaminato la questione e quindi, a meno che non si portino nuovi elementi di fatto, difficilmente l’esito sarà positivo.

Ove il ricorso venga respinto, non vi sono altri gradi d’impugnazione amministrativa e il datore di lavoro potrà ricorrere solo in giudizio.

 

.. e anche domani

Il DdL 1264, approvato in prima lettura alla Camera, modifica in modo rilevante la competenza in materia di ricorsi Inail. Esso prevede, fra l’altro, che:

L’articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2001, n. 314, è sostituito dal seguente:

“Art. 1. – (Ricorsi in materia di applicazione delle tariffe dei premi assicurativi)

  1. Il datore di lavoro può ricorrere alla direzione regionale, alla sede regionale di Aosta, alla direzione provinciale di Trento o alla direzione provinciale di Bolzano dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), in relazione alla loro competenza per territorio, contro i provvedimenti emessi dalle sedi territoriali dell’Istituto in materia di applicazione delle tariffe dei premi assicurativi per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali approvate ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, riguardanti:
  2. a) la classificazione delle lavorazioni;
  3. b) l’oscillazione del tasso medio di tariffa per prevenzione infortuni ed igiene dei luoghi di lavoro;
  4. c) la decorrenza dell’inquadramento nelle gestioni tariffarie;
  5. d) l’inquadramento nelle gestioni tariffarie effettuato direttamente dall’INAIL per i datori di lavoro non soggetti alla classificazione prevista dall’articolo 49 della legge 9 marzo 1989, n. 88. 2. I ricorsi di cui al comma 1 sono decisi dai responsabili delle strutture competenti”.
  6. L’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2001, n. 314, è sostituito dal seguente:

“Art. 2. – (Ricorsi in materia di oscillazione del tasso medio di tariffa per andamento infortunistico)

  1. Il datore di lavoro può ricorrere alla sede territoriale dell’INAIL contro i provvedimenti emessi dalla stessa sede concernenti l’oscillazione del tasso medio di tariffa per andamento infortunistico, adottati secondo le modalità di applicazione delle tariffe dei premi approvate ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38.
  2. I ricorsi di cui al comma 1 sono decisi dai responsabili delle strutture competenti”.

Come si vede, l’unica competenza che non viene modificata è proprio quella della sede territoriale in materia di andamento infortunistico, mentre viene radicalmente cambiato il resto delle competenze in materia tariffaria.

Sul tema si ritornerà dopo l’approvazione definitiva della norma.

 

Conclusioni

L’analisi degli infortuni e delle malattie professionali che influiscono sul tasso aziendale dev’essere attenta. Occorre non dare per scontata l’esattezza del dato trasmesso dall’Istituto, valutando bene la possibilità di ricorrere alla luce anche delle indicazioni che sono state fornite.

Controllare la regolarità della classificazione tariffaria e dell’inquadramento è certamente importante, ma non esaurisce i compiti del professionista che assiste l’azienda, che, fra le altre cose, deve occuparsi di verificare se siano stati attribuiti al datore di lavoro (non nel senso che siano di sua responsabilità, lo si ripete) eventi che non dovevano influire sul tasso di tariffa.

 

[1] Ove si volesse incentrare l’analisi sui meccanismi che presiedono all’oscillazione del tasso, si veda C. Castellini “L’Inail spiega l’oscillazione del tasso con la nuova Tariffa” in La circolare di lavoro e previdenza, n. 47/2021. Con particolare riferimento agli eventi indennizzati, nell’articolo si legge che: “Dal 2019 gli eventi indennizzati vengono valutati sulla base della loro “gravità”, che è espressa come giornate lavorative equivalenti perse (GLE), ovvero:

− il numero giorni indennizzati (al netto della franchigia) per i casi di inabilità temporanea;

− il grado di inabilità permanente conseguente all’evento (inclusi gli eventi con grado compreso fra 1 e 5) moltiplicato per un parametro medio (GLEG) per i casi di inabilità permanente;

− il grado massimo di invalidità (ovvero 100) moltiplicato per un parametro medio (GLEG) per i casi mortali.

Il GLEG (Giornate lavorative equivalenti per grado di inabilità permanente) è un parametro medio, calcolato dall’Inail, che tiene conto degli eventi registrati sull’intero portafoglio assicurato dall’Istituto e che viene rivisitato o confermato ogni 3 anni (articolo 21, MAT)”.

[2] A tale proposito, la sentenza n. 8597/2017 della Corte di Cassazione, di cui si parlerà ancora nella trattazione, ricorda che “nell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, il tasso specifico aziendale deve essere calcolato includendo nel computo tutti gli oneri a carico dell’I.N.A.I.L., anche gli oneri cosiddetti indiretti (Cass. 2155 del 1992, 11145 del 1992, 550 del 1993, 12659 del 1992, 2023 del 1995, 4036 del 1995), per gli infortuni riguardanti la singola azienda, senza distinzione alcuna tra gli eventi dovuti a colpa del datore di lavoro e quelli dovuti a caso fortuito o forza maggiore, purché tali eventi siano ricompresi nell’ambito di tutela stabilito dal D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124”.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza

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