4 Gennaio 2016

In vigore le nuove disposizioni sulle collaborazioni coordinate e continuative

di Luca Vannoni

 

Il 1° gennaio del 2016 registra l’entrata in vigore di importanti disposizioni per le collaborazioni coordinate e continuative e più in generale per il lavoro autonomo, portando così a compimento la riforma introdotta dal D.Lgs. n.81/15.

In sintesi ricordiamo, per quanto disposto dall’art.2, D.Lgs. n.81/15, che dal 25 giugno 2015 è stata abrogata la disciplina del contratto a progetto, ferma restando la possibilità di instaurare contratti di collaborazione coordinata e continuativa ai sensi dell’art.409 c.p.c..

Da tale abrogazione discende che:

  1. non è più necessario indicare il progetto nella collaborazione;
  2. non sono più in vigore le disposizioni di tutela del collaboratore previste dagli artt.62 ss., D.Lgs. n.276/03;
  3. non sono più attive – e fortunatamente non lo sono mai state – le presunzioni dell’art.69-bis, sempre previste dal D.Lgs. n.276/03 (aggiunte dalla L. n.92/12), che rischiavano di riqualificare in rapporti di lavoro subordinato prestazioni autonome in base a requisiti oltremodo bizzarri e grezzi.

Se sul terzo punto non vi è nulla da aggiungere, sul primo è bene evidenziare che, a prescindere dall’abrogazione dell’obbligo di progetto, è comunque ancora opportuno individuare un risultato definito e oggettivo della prestazione di collaborazione, al fine di rafforzarne la natura autonoma ed evitare che il collaboratore finisca nella piena disponibilità alle diverse richieste del datore di lavoro, configurando in divenire una forma di eterodirezione tipica della subordinazione.

Relativamente alle tutele, è in via di emanazione un nuovo provvedimento normativo che interesserà tutte le prestazioni di lavoro autonome non imprenditoriali: al momento non vi sono limiti, ad esempio, alla regolamentazione del recesso anticipato, che, in base alla previgente normativa, non poteva essere riconosciuto al committente solo sulla base di un preavviso.

Andando al cuore della normativa applicabile dal 1° gennaio 2016, l’art.2, co.1, D.Lgs. n.81/15, prevede l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, sinteticamente definite come collaborazioni etero-organizzate.

In virtù di tale disposizione, le collaborazioni vigenti al 1° gennaio 2016, a prescindere dalla data di instaurazione del rapporto, saranno soggette alla disciplina del lavoro subordinato se caratterizzate da una forte rilevanza dell’organizzazione del lavoro, in particolare per quanto riguarda i tempi e il luogo della prestazione. Al di là della tecnica legislativa utilizzata, troppo generica e imprecisa, è bene evidenziare che le collaborazioni di lavoro autonomo, anche se svolte con titolare di partita Iva, rischiano di vedersi aumentare il relativo costo e applicare disposizioni non regolamentate dal rapporto e derivate dal lavoro subordinato, nel caso in cui la prestazione sia svolta presso un luogo definito dal committente e nei tempi sempre dallo stesso previsti. Anche se sostanzialmente non si tratterà di lavoro subordinato, e a tale contratto non potranno essere ricondotte, fermo restando il carattere autonomo delle collaborazioni, la disciplina applicabile sarà quella del lavoro subordinato, sia a livello retributivo, con minimi Tfr e mensilità aggiuntive, sia contributivo sia normativo.

I forti dubbi interpretativi sorti avrebbero richiesto un intervento in via di prassi da parte del Ministero del Lavoro, almeno per avere la certezza che gli interventi ispettivi sulla materia seguiranno principi stabili e uniformi: al momento nulla è stato emanato, segno probabilmente delle difficoltà interpretative e di volontà politiche probabilmente divergenti.

Ad ogni modo, è chiaro che le collaborazioni di carattere autonomo personali, continuative e coordinate, sono ancora ben presenti nel nostro ordinamento, nonostante i molti dubbi interpretativi di cui oggi sono ammantate. Anzi, è possibile ipotizzare che, nelle scelte di conformazione della forza lavoro, le imprese potranno valutare non solo di utilizzare collaborazioni coordinate e continuative “pure”, ma anche forme di collaborazioni etero-organizzate, certo, nella consapevolezza che tali rapporti sono soggetti alle norme, e ai costi, del lavoro subordinato, ma sfruttando la natura autonoma di tali rapporti.

Ad esempio, non dovrebbero rientrare nei limiti di computo come subordinati, in quanto è la natura del contratto che ne determina l’inclusione, a nulla rilavando la disciplina nella gestione del rapporto di lavoro. Nello stesso modo, non dovrebbero essere applicabili limiti massimi di proroga o di successioni di contratti di collaborazione coordinata e continuativa a termine.

Sicuramente la ratio della norma è da valutarsi positivamente, in quanto, oltre ad aver abbandonato il parametro di legittimità del progetto, che in 10 anni circa di vigenza non si è mai dimostrato uno strumento chiaro e dirimente, è potenzialmente strumento di tutela per collaboratori che materialmente si troveranno ad essere etero-organizzati e, nello stesso tempo, tipologia contrattuale nella disponibilità di scelte imprenditoriali, che potranno qualificare sin dall’origine la collaborazione come etero-organizzata, con l’applicazione delle norme legate alla subordinazione.

Sono escluse da tale disposizione le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione ad albi professionali, le collaborazioni regolamentate da contratti collettivi nazionali, le collaborazioni prestate da amministratori e partecipanti a collegi e commissioni di società, le collaborazioni rese ai fini istituzionali in favore delle associazioni sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, oltre alla possibilità di certificare presso apposite commissioni l’assenza dei requisiti di etero-organizzazione che fanno scattare l’applicazione del lavoro subordinato.

Rispetto a quest’ultimo strumento, è bene ribadire che le collaborazioni certificate non sono immuni da possibili riqualificazioni, in caso di non corrispondenza tra il contratto e l’effettiva prestazione, fermo restando che, a livello ispettivo, sicuramente rappresenta un utile schermo.

Per agevolare la transizione verso la nuova disciplina, al fine di incentivare le trasformazioni di collaborazioni di natura autonoma a rischio di riqualificazione come subordinate, o che comunque possono essere considerate etero-organizzate, l’art.54, D.Lgs. n.81/15 prevede una procedura di stabilizzazione, attiva dal 1° gennaio 2016, con assunzione a tempo indeterminato e garanzia di occupazione per dodici mesi, mediante atti di conciliazione sottoscritti in sede protetta. La stabilizzazione comporterà l’estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all’erronea qualificazione, fatti salvi gli illeciti accertati a seguito di accessi ispettivi effettuati in data antecedente l’assunzione.

Anche su tale procedura sono attesi chiarimenti ministeriali, sia per definire le procedure amministrative sia per risolvere alcuni passaggi poco limpidi: ad esempio, nel passaggio in cui si richiede garanzia di stabilità del rapporto per 12 mesi, si legittimano esclusivamente i recessi per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, nulla dicendo su due ulteriori tipologie di motivazione, il licenziamento per superamento del periodo di comporto e il licenziamento per giustificato motivo oggettivo conseguente a inidoneità fisiche o abilitative (es. perdita porto d’armi per la guardia giurata), che, a rigor di logica, dovrebbero rientrare tra i recessi non preclusivi della stabilizzazione.

Infine, si ritiene che la stabilizzazione sia compatibile, in attesa di conferme ufficiali da parte dell’Inps, con l’esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato, nel 2016 biennale e con il limite più che dimezzato, rispetto al 2015, pari a € 3.250,00.