I congedi parentali e il difficile incastro con le istanze organizzative
di Luca Vannoni
L’estensione operata, nella fruizione dei congedi parentali, da parte del D.Lgs. n.80/15, art.7, co.1, dei potenziali destinatari, tenuto conto della riduzione del termine di preavviso a 5 giorni e dell’introduzione della possibilità di utilizzare la forma oraria anche in assenza di contrattazione collettiva, misure sempre figlie del D.Lgs. n.80/15, crea non pochi grattacapi ai datori di lavoro, soprattutto nel caso in cui svolgano attività dal delicato equilibrio produttivo o organizzativo. Non è sempre semplice riuscire a colmare un’assenza in organico, soprattutto per periodi consistenti, senza ledere i normali ritmi produttivi con un preavviso di soli 5 giorni. Così come sono sicuramente difficile da gestire richieste “random” di congedi parentali a ore con preavviso di soli 2 giorni.
Su queste questioni si è misurato il Ministero del Lavoro, con la risposta a interpello 11 aprile 2016, n.13, con apprezzabile attenzione verso il mondo dell’impresa.
In primo luogo l’interpello stabilisce che periodi più ampi di preavviso del congedo previsti dalla contrattazione collettiva, in genere pari a 15 giorni, termine in vigore fino al 24 giugno 2015, prevalgono sul nuovo preavviso di 5 giorni e continuano a essere operativi.
Più complicata è la seconda questione affrontata, relativa alla possibilità per il datore di lavoro, in presenza di una richiesta del lavoratore nel rispetto del termine minimo di preavviso, di disporre una diversa collocazione temporale di fruizione del congedo in ragione di comprovate esigenze di funzionalità organizzativa.
La risposta del Ministero esclude il diritto di concordare con l’azienda la collocazione dei congedi, ricordando un precedente giurisprudenziale: a dir il vero, la Cassazione n.16207/08 riguarda un caso dove un lavoratore aveva fruito del congedo parentale per gestire una pizzeria d’asporto, appena acquistata dalla moglie, fatto che aveva determinato il suo licenziamento per giusta causa. La Suprema Corte ha ritenuto legittimo il licenziamento, riformando la sentenza d’Appello, ritenendo il comportamento sopra tratteggiato una forma di “abuso per sviamento dalla funzione propria del diritto, idoneo ad essere valutato dal giudice ai fini della sussistenza di una giusta causa di licenziamento, non assumendo rilievo che lo svolgimento di tale attività (nella specie, presso una pizzeria di proprietà della moglie) contribuisca ad una migliore organizzazione della famiglia”.
Non è quindi direttamente affrontata la questione delle esigenze organizzative: certo, si evidenzia la natura del diritto al congedo, nella sua pienezza incomprimibile da istanze organizzative, ma nello stesso tempo si afferma con forza l’illegittimità di forme di “abuso del diritto”.
La sentenza n.16207/08, viceversa, deve essere agganciata all’ulteriore precisazione del Ministero, relativa alla possibilità di disciplinare la fruizione dei congedi attraverso accordi da prendere anche a cadenza mensile con i richiedenti o con le loro rappresentanze aziendali, volti a contemperare la necessità di buon andamento dell’attività imprenditoriale con il diritto alla cura della famiglia.
Risulta quanto mai importante, alla luce del nuovo contesto normativo, disciplinare le modalità di fruizione con regolamenti, o accordi aziendali, volti appunto a conciliare la fruizione di tali diritti con le necessità aziendali: in caso di richieste non conformi del lavoratore, fermo restando il diritto del lavoratore ad assentarsi nel rispetto del preavviso, esse potranno essere valutate ai fini di eventuali contestazioni di abuso nella fruizione, come nel caso di congedi sistematicamente richiesti in modo strategico per istanze non connesse con la cura del figlio.