Governo che vai, voucher che trovi …
di Marco FrisoniNon si può certamente direi che l’Estate dei consulenti del lavoro sia stata di assoluto riposo, nemmeno con riferimento al mese di agosto, che, tradizionalmente, è dedicato alla fruizione di un minimo periodo di ferie (fatta eccezione, s’intende, per i professionisti che operano nelle zone turistiche e stagionali), considerato che il D.L. 87/2018 (c.d. Decreto Dignità) è stato convertito, con modificazioni, nella L. 96/2018, apparsa nella G.U. n.186 dell’1a Agosto u.s..
Tralasciando commenti (che risulterebbero superflui e, innanzitutto, inascoltati da chi di dovere) sull’opportunità (e sul buon senso) di apportare variazioni di simile importanza a ridosso del Ferragosto, taluni contenuti del provvedimento di conversione hanno destato non poche perplessità, sia in quanto correlati a un provvedimento originale d’urgenza (come dovrebbe essere il D.L., strumento, per la verità, frequentemente utilizzato in maniera impropria dai vari Governi nel tempo in carica) e anche per sembrare, a prima vista, in palese contrasto con le finalità dichiarate dell’intervento normativo.
E, infatti, è ampiamente noto come l’attuale Esecutivo abbia inteso percorrere, a partire dal D.L. 87/2018, un virtuoso percorso teso a comprimere l’eccessiva precarietà che ancora contraddistingue il mercato del lavoro odierno, inasprendo la disciplina del contratto a tempo determinato e della somministrazione di manodopera per il tramite delle agenzie per il lavoro.
In una simile visuale, risulta straniante reperire, nella L. 96/2018, una modifica nella regolamentazione delle prestazioni occasionali (discendenti, a scartamento ridotto, del lavoro accessorio introdotto nel 2003 dalla Legge Biagi) che ne consente una maggiore diffusione rispetto alle precedenti disposizioni.
In effetti, la vicenda non appare del tutto coerente, rammentando che i voucher, originariamente osservati con scetticismo dalla dottrina giuslavoristica, a seguito di molteplici modifiche delle relative norme di legge, avevano nel tempo incontrato un favore sempre più crescente da parte dei committenti, sino a divenire un fenomeno di dimensioni incontrollate e, soprattutto, incontrollabili da parte degli Enti ispettivi preposti.
A fianco di prestazioni di lavoro accessorio del tutto genuine, si affiancavano invece oggettivi fenomeni elusivi che, con la schermatura dei buoni lavoro, operavano con l’obiettivo di aggirare le stringenti tutele del lavoro subordinato.
Di conseguenza, i voucher divennero, in particolare per le organizzazioni sindacali (su tutte, la Cgil), il simbolo negativo della precarizzazione fraudolenta del mercato del lavoro, al punto da allestire un referendum per disporne l’abrogazione e che venne evitato dal Governo Gentiloni (allora in carica) con la cancellazione, per l’appunto, del lavoro accessorio, avvenuta con il D.L. 25/2017 (convertito nella L. 49/2017), con successiva introduzione delle nuove prestazioni occasionali (e del Libretto di famiglia) in virtù della L. 96/2017, che, tuttavia, per effetto delle drastiche limitazioni oggettive e soggettive apposte dal Legislatore, non stanno riscuotendo un particolare successo e, pertanto, la relativa diffusione è incomparabile rispetto ai previgenti buoni lavoro.
Orbene, la L. 96/2018 agisce sull’articolo 54-bis, L. 96/2017 (per gli amanti della cabala, da notare il sinistro ripetersi delle numerazioni di legge), stabilendo che il divieto di accesso alle prestazioni occasionali per i datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze più di 5 lavoratori subordinati a tempo indeterminato incontra un’eccezione per le aziende alberghiere e per le strutture ricettive che operano nel settore del turismo e che hanno in forza non più di 8 lavoratori.
Le prestazioni in parola potranno essere rese da soggetti nel comma 8) dell’articolo 54-bis, quali titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità, giovani studenti con meno di 25 anni, disoccupati, etc..
Sorgono spontanee alcune osservazioni:
- in prima battuta, solo il tempo potrà attestare quanto potrà incidere tale novella legislativa sulla diffusione delle prestazioni occasionali, in virtù delle notevoli limitazioni in ogni caso presenti;
- non sfugge il fatto che la disposizione, almeno per la stagione estiva, è poco tempestiva, detto che agisce in una fase avanzata della stessa;
- se è vero che il Decreto Dignità si poneva l’obiettivo di ridurre la precarizzazione del lavoro, una norma che espande (seppure in maniera ridotta) l’utilizzo potenziale delle prestazioni occasionali appare una contraddizione in termini.
E allora, perché non ribaltare la prospettiva, quasi in maniera eretica, se pensiamo alle fondamenta del diritto del lavoro nostrano? A ben vedere, allo stato attuale (ma anche in alcune fasi della controversa vita del lavoro accessorio), coloro che rendono prestazioni occasionali ai sensi della L. 96/2017 beneficiano di tutele inderogabili addirittura superiori a quelle attribuite al lavoratore dipendente, basti pensare al compenso minimo legale non solo nell’importo, ma anche nella durata minima (4 ore) della prestazione di lavoro che dovrà essere remunerata a prescindere dal fatto che il lavoratore abbia raggiunto o meno tale soglia di prestazione lavorativa. Si aggiungano le tutele in materia di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro, di infortunio sul lavoro e previdenziali, per formare un mosaico protettivo non indifferente sul piano delle tutele sostanziali per i prestatori di lavoro occasionale.
In altre parole, le prestazioni occasionali oggi garantiscono una severa cernita in ordine alla genuinità di utilizzo in discendenza dei rigorosi sbarramenti per l’utilizzo delle stesse e, nel contempo, un ampio ventaglio di tutele per il lavoratore, fattori che, a ben vedere, rendono dignitoso lavorare con tali modalità.
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