Gli effetti collaterali del nuovo articolo 18
di Luca Vannoni
La recente riforma dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori e, più in generale, della disciplina del recesso dal rapporto di lavoro – si veda da ultimo l’intervento operato con le tutele crescenti previste dal D.Lgs. n.23/15 – se, da una parte, si caratterizza per una forte riduzione dell’ambito di applicazione della reintegra, dall’altra rischia di determinare effetti indiretti che impattano nella gestione dei rapporti di lavoro.
A dimostrazione di tale fatto si cita la recente sentenza del Tribunale di Milano del 16 dicembre 2015 in materia di decorrenza della prescrizione retributiva.
Il caso riguardava il trattamento tenuto nei confronti di alcuni lavoratori a tempo parziale, dovuto all’utilizzo di un divisore fisso che determinava una retribuzione meno che proporzionale per le voci calcolate sulla retribuzione oraria così definita, considerato come una forma illegittima di disparità di trattamento tra lavoratori a tempo pieno e part-time.
Dopo aver dato ragione nel merito alle pretese dei lavoratori, rispondendo a un’eccezione di prescrizione formulata dal datore di lavoro convenuto, il Tribunale ha affermato che l’entrata in vigore, dal 18 luglio 2012, della L. n.92/12, ha modificato strutturalmente la tutela reale di cui all’art.18 St.Lav., così che la tutela resta in linea generale solo di carattere indennitario, in modo analogo all’area della tutela obbligatoria, pur con importi superiori.
Per questo motivo i lavoratori, pur essendo dipendenti di un’azienda sottoposta all’art.18, potevano incorrere durante il rapporto di lavoro nel timore di un licenziamento a fronte del far valere le loro ragioni, tenuto conto della diminuita resistenza della stabilità del contratto di lavoro.
A supporto di tale argomento è richiamata la Cassazione n.23227/04, dove si è affermato che la decorrenza della prescrizione in corso di rapporto di lavoro va verificata con riguardo all’esistenza di una situazione psicologica di metus del lavoratore e non già alla stregua della diversa normativa garantistica che avrebbe dovuto astrattamente regolare il rapporto.
In base a tali principi, le differenze retributive sono state calcolate andando fino a luglio 2007, tenuto conto della prescrizione quinquennale decorrente dalla data di entrata in vigore della L. n.92/12, in quanto, a partire da tale data, la prescrizione non decorre in costanza di rapporto di lavoro.
Se si consoliderà tale orientamento, anche nelle aziende in tutela reale la decorrenza della prescrizione risulterà sospesa durante lo svolgimento del rapporto di lavoro. In alternativa, i giudici del lavoro potrebbero affermare la decorrenza della prescrizione in quanto il licenziamento determinato dalle istanze del lavoratore sarebbe da considerarsi come ritorsivo, forma equiparata negli effetti reintegratori al licenziamento discriminatorio. È facile comunque prevedere ulteriori conferme alla sentenza commentata, in quanto la tutela sul licenziamento ritorsivo richiederebbe comunque oneri probatori in capo al lavoratore.
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