Giusta causa: valutato ogni inadempimento lesivo di correttezza e buona fede
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza 3 luglio 2015, n.13659, ha stabilito che, in tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità fra fatto addebitato e recesso, viene in considerazione ogni comportamento che, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali, dovendosi ritenere determinante, a tal fine, l’influenza che sul rapporto di lavoro sia in grado di esercitare il comportamento del lavoratore che, per le sue concrete modalità e per il contesto di riferimento, appaia suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento e denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti, conformando il proprio comportamento ai canoni di buona fede e correttezza.
Nel caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto particolarmente grave la condotta tenuta dall’ex direttore generale dell’azienda in relazione al fatto che questi prima ha richiesto l’audizione nel procedimento disciplinare e subito dopo è stato ricoverato per un intervento.
Si tratta quindi di una scelta opportunistica del lavoratore diretta a procrastinare i tempi di definizione del procedimento disciplinare. Stante la gravità di questa e della altre condotte addebitate, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento.