9 Giugno 2016

Giovani e mercato del lavoro: una “garanzia” poco garantita!!

di Marco Frisoni

 

A ben vedere, la circolare Inps 24 maggio 2016, n.89, sembra rappresentare l’ulteriore (o forse l’ultimo?) colpo di coda disperatamente teso a favorire l’incremento occupazionale giovanile per il tramite del sistema della c.d. Garanzia Giovani (posto che viviamo in un’epoca oramai contraddistinta dall’uso di acronimi, nota anche come GAGI).

In particolare, il suddetto documento di prassi fornisce le istruzioni operative per la concessione del (addirittura) “Super bonus occupazione – trasformazione tirocini”, riservato a giovani a vario titolo rientranti nel programma della Garanzia Giovani.

In effetti, l’incentivo in parola risulterà riconosciuto per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal 1° marzo 2016 al 31 dicembre 2016 e riguardanti lavoratori che abbiano avviato e/o concluso un tirocinio extracurriculare entro il 31 gennaio 2016, nei limiti delle risorse specificamente stanziate e con riferimento a tutti i datori di lavoro privati, a prescindere dalla circostanza o meno che siano imprenditori.

Il tutto è da inquadrarsi nell’alveo della raccomandazione del Consiglio europeo del 22 aprile 2013 che sollecita gli Stati membri a garantire ai giovani “NEET” con meno di 25 anni un’offerta qualitativamente valida di lavoro, di proseguimento degli studi, di apprendistato o di tirocinio o altra misura di formazione entro quattro mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema di istruzione formale.

A seguito di tale invito, Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con appositi decreti, ha stabilito, al fine di promuovere forme di occupazione stabile di lavoratori fino a 29 anni di età, un incentivo a favore dei datori di lavoro privati che assumano lavoratori giovani registrati al Programma Garanzia Giovani, prevedendo che siffatto bonus occupazione sia attribuito per le assunzioni effettuate dal 1° maggio 2014 e sino al 30 giugno 2017, purché nei limiti delle disponibilità finanziarie attribuite alle Regioni.

Peraltro, nel tempo, grazie a specifici provvedimenti normativi e interpretazioni a maglie larghe diffuse in via di prassi, è stata ampliata la platea dei possibili beneficiari del bonus, con l’ammissione all’incentivo dei contratti di apprendistato professionalizzante e dei contratti a tempo determinato, che, grazie alle proroghe del contratto originario, abbiano raggiunto una durata minima di 6 mesi; inoltre, sempre con la medesima logica di fondo, è stata infine ammessa la cumulabilità tra il bonus occupazionale e gli altri incentivi all’assunzione di natura economica o contributiva. In linea generale, per fruire dell’incentivo, i datori di lavoro devono assumere giovani registrati al Programma Garanzia Giovani con le seguenti caratteristiche:

  1. età compresa tra i 16 ed i 29 anni e che, se minorenni, abbiano assolto il diritto dovere all’istruzione e formazione;
  2. non occupati , con status dunque di disoccupati oppure inoccupati e, in ogni caso, senza inserzione in un percorso di studio o di formazione.

Orbene, in un corollario del genere, in una fase in cui le politiche assunzionali tengono necessariamente conto anche delle eventuali agevolazioni (in special modo a livello di minore costo del lavoro) disponibili, stupisce il difficoltoso andamento e la modesta diffusione della Garanzia Giovani, anche per il notevole ammontare delle risorse messe in campo e dell’entità più che apprezzabile delle premialità disponibili per i datori di lavoro.

Non solo; dal punto di vista dei giovani aderenti alla progettualità in esame, a ben vedere l’iniziativa appare oggettivamente riuscita, pur tuttavia il dato entusiastico in parola viene svilito dai successivi esiti dell’iter procedurale, dalla cui analisi sembrerebbe emergere che solo il 15% circa dei giovani iscritti sia stato destinatario di una proposta reale, in linea con gli scopi ambiziosi originariamente prefissati.

Non è semplice individuare le ragioni che hanno decretato quello che, a tutti gli effetti, si deve considerare un insuccesso di grave portata, poiché, a prima vista, appaiono gravitare contemporaneamente più elementi di criticità, che, sommati fra loro, hanno inciso in maniera negativa sull’intero apparato della Garanzia Giovani.

Va da sé che la difficoltosa situazione congiunturale, la quale ha di certo influito sui livelli occupazionali, in uno con una ripresa dell’economia nazionale (e mondiale) che continua a stentare, sembra fra gli aspetti maggiormente rilevanti.

E, ancora, alcuni aspetti di complessità amministrativa, la concorrenza fra il bonus GAGI e altre forme di incentivo (problematica superata con idoneo decreto ministeriale), la polverizzazione della disciplina a livello territoriale (l’operatività non è diffusa in tutte le Regioni oppure vi sono disomogeneità di interventi) e, trasversalmente, la mancanza di un sistema di servizi per il lavoro ancora efficace (forse l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro darà una svolta in materia), hanno portato a un parziale affossamento (diverso da territorio a territorio) del progetto di derivazione comunitaria.

Di talché, la “garanzia” che doveva essere offerta ai giovani inseriti nel relativo programma non sempre è risultata tale, perdendo un’occasione che potrebbe risultare irripetibile.

Va da sé che, prendendo atto della situazione così tratteggiata del sistema Garanzia Giovani, l’opportunità di acquisire il super bonus occupazione (che può arrivare, a seconda della profilazione del giovane, sino a € 12.000,00 massimi), appare una sorta di spinta adrenalinica per rianimare il contesto complessivo dell’intervento approntato e, pertanto, rilanciare, per quanto possibile, uno strumento di indubbia utilità per l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.

Vi è da sperare, quindi, che chi deve essere garantito lo sia realmente e, al contrario, i soggetti pubblici e privati che devono fungere da garanti lo facciano (e lo possano fare) efficacemente.