Gender gap sul lavoro e imprenditoria per donne come me
di Giulia Bezzi - CEO di SeoSpirito e Founder Progetto Le ROSASono davvero onorata di poter parlare di gender gap sul lavoro qui tra voi e raccontarvi ciò che accade nel mondo italiano in merito, portandovi il mio pensiero.
Forse un po’ rivoluzionario, se vogliamo, perché da una parte vedo forte la differenza, dall’altra vedo altrettanto forte l’incapacità delle donne di rivoluzionare, per prime, la propria vita, dimenticandosi che abbiamo tutti gli strumenti per rivendicare la parità.
Certo, senza politiche di genere forti e calate dall’alto, non tutte le lotte sarebbero vinte, ma, sicuramente, non staremmo con le mani in mano. Così parto da un paio di dati, proprio degli ultimi giorni, e dal discorso del Presidente Sergio Mattarella, il 2 giugno 2021, che non lascia spazio all’immaginazione:
“Non siamo ancora al traguardo di una piena parità. Soprattutto riguardo alla condizione delle donne nel mondo del lavoro, al loro numero, al trattamento economico, alle prospettive di carriera, alla tutela della maternità, alla conciliazione dei tempi: permangono disparità mentre cresce l’inaccettabile violenza contro di loro”.
Il PNRR ci ha dedicato 400 milioni per poter disinnescare questo meccanismo, così da smetterla di leggere dati sconcertanti come gli ultimi dell’Istat, che vedono in Italia solo il 55% delle donne attive nel mercato del lavoro, contro il 73% degli uomini, con un gap salariale, nelle imprese private, di ben il 17%. Che poi, se andassimo ad esplorarlo davvero, vedremmo che è anche maggiore, visto che lo stipendio non è composto di sola retribuzione, ma, anche, di contratti differenti (che poi graveranno sulle pensioni), ore retribuite “un tanto al chilo”, mancanza di donne nelle posizioni manageriali e aumento del gap a seconda dell’età.
Effettivamente, il Presidente è stato sicuramente sincero e cristallino: l’indipendenza economica di una donna è ancora lontana se una donna su due non lavora e quella che lavora guadagna, comunque, il 17% in meno.
Se poi ci confrontiamo con il resto dell’Europa, dopo aver letto il report della Corte dei Conti Europea, pubblicato il 26 maggio 2021, sulla prospettiva di genere basata sulle economie dei Paesi membri, c’è da mettersi le mani dei capelli.
La stessa UE, tra il 2014 e il 2020, non ha fatto grandi passi per la nostra umanità:
- 58 programmi di spesa e solo 5 legati alla parità di genere;
- 1.000 indicatori per la valutazione della spesa e solo 29 parlavano di gender pay gap;
- di questi 29 indicatori, solo 10 sono stati realmente identificati e mantenuti;
- di 235,9 miliardi di budget europeo, solo il 21,7% è stato dedicato alle parità di genere.
Che fare, strapparsi i capelli?
Io sono da sempre una persona iper positiva e collaborativa, non attendo nulla e nessuno in merito; mentre Draghi e il Governo tutto lavora per limare il gender gap, noi dovremmo, dal basso, coinvolgerci di più, educandoci a rovesciare gli stereotipi.
Alle donne chiedo sempre più azioni, agli uomini chiedo solidarietà, perché solo insieme si riuscirà davvero a contrastare, più velocemente possibile, un gap che penalizza, per primo, lo sviluppo economico del nostro Paese.
Ci leggiamo presto ma, intanto, che ne pensate? Scrivetemi nei commenti, ditemi di cosa vi piacerebbe parlassi in merito e datemi feedback: è il modo più bello per servirvi.
25 Giugno 2021 a 9:42
Buongiorno, se leggo i dati della previdenza forense il gap relativo ai compensi è del 50%. Ma in effetti in parte credo dipenda dalla concentrazione delle professioniste legali in ambiti del diritto meno remunerativi. Difficile trovare legali donne che si occupino di M&A, molto più facile nel settore famiglia. Quindi condivido la opinione che dobbiamo noi per prime attivarci per cambiare il sistema. Non che sia semplice..
26 Giugno 2021 a 15:51
Ilara, grazie per questo dato che non conoscevo nello specifico. Di semplice credo ci sia ancora molto poco, l’importante è coinvolgere chi abbiamo attorno e confrontarci senza mai polarizzarci, a mio avviso. Non è disprezzando l’altro genere che avremo pari opportunità ma collaborando. Sono convinta che potremo arrivare prima all’agognata parità, abbiamo sicuramente una cultura che ce lo può permettere e uno Stato, che almeno a parole, ora sta parlando parecchio in merito.
25 Giugno 2021 a 12:29
Sul fronte della parità di genere dei lavoratori dipendenti si può fare moltissimo: rendere obbligatoria l’astensione dal lavoro dei padri in misura UGUALE o superiore a quella delle madri, sia contemporanea che alternata e verificare che le assenze dal lavoro dei padri siano reali e non fittizie. La differenza di carriera e compensi tra maschi e femmine è tutta qui, nella differente “disponibilità” lavorativa da genitore, e l’unica maniera per combatterla è rendere la possibile disponibilità ASSOLUTAMENTE UGUALE, sia per la durata dell’assenza obbligatoria che per la facoltativa, che per tutti i tipi di permessi 104, in modo che i datori di lavoro non paventino differenza di impegno tra maschi e femmine.
28 Giugno 2021 a 8:39
Assolutamente certo! Del resto, dal basso, non possiamo che continuare a chiedere ci siano pari opportunità anche in senso opposto.
25 Giugno 2021 a 17:48
propongo uno spunto di riflessione, che non vuole essere una critica a ciò che ho letto.
Distinguerei innanzi tutto due situazioni che ritengo molto differenti: percentuale di donne attive e gap salariale.
Riguardo al primo tema dobbiamo tenere in considerazione che ancora molte coppie ritengono la crescita ed educazione dei figli come valore familiare non sacrificabile all’ambizione personale o al giusto desiderio di una maggiore sicurezza economica. In queste situazioni, non poche, la decisione condivisa dai genitori è spesso quella di dividere i ruoli. Nella stragrande maggioranza dei casi, che sia per attitudine naturale o per formazione culturale, alla mamma viene affidato il primato genitoriale ed al papà l’onere di “portare a casa la pagnotta”. Mi si potrà obiettare che i ruoli potrebbero essere equamente suddivisi. La mia esperienza personale mi insegna che non sono all’altezza delle strepitose capacità di mia moglie e che lei non avrebbe le competenze per stare mezza giornata in ufficio al posto mio. Perché obbligarci a fare due attività che svolgeremmo a fatica in nome della parità di sesso, quando io posso essere un buon consulente (full time; sapete bene che significa ben più di 40 ore settimanali) e lei la migliore professionista casalinga che conosca.
Per la seconda (gap salariale) nessuna scusante: credo dipenda esclusivamente da un retaggio culturale maschilista che bisogna trovare il modo di sconfiggere.
Conclusione: evviva le donne che lavorano e reale parità di diritti per loro; allo stesso modo evviva le donne che scelgono di dedicarsi esclusivamente alla famiglia perchè non meritano di essere considerate schiave da liberare offrendo loro un lavoro retribuito.
28 Giugno 2021 a 8:41
Michele, una bellissima riflessione e, anche fosse una critica, quando si parla pubblicamente si accetta e serve a crescere. Grazie per avermi dedicato del tempo e aver aggiunto ciccia interessante al mio contributo!
26 Giugno 2021 a 15:53
Maria Cristina Righetti, musica per le mie orecchie, aggiungo però che da parte nostra ci deve essere la disponibilità a fidarci di chi abbiamo a casa, chiudere un occhio se c’è un’irritazione da pannolino di troppo e tenere le mani lontane dal telefono per sprofondare il papà di richieste. Passami la provocazione. Abbiamo assolutamente necessità di leggi importanti in merito, abbiamo assolutamente la responsabilità di farle diventare normalità: non ci sono mammi a casa, per dire, ma papà che si stanno godendo le pari opportunità.