Forzata inattività: responsabilità risarcitoria del datore
di RedazioneIl Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, con sentenza n. 2146/2016, ha stabilito che il lavoratore – cui l’articolo 2103 cod. civ. (nel testo sostituito dall’articolo 13, L. 300/1970), come norma applicabile anche ai dirigenti, riconosce esplicitamente il diritto a svolgere le mansioni per le quali è stato assunto ovvero equivalenti alle ultime effettivamente svolte – ha a fortiori il diritto a non essere lasciato in condizioni di forzata inattività e senza assegnazione di compiti, ancorché senza conseguenze sulla retribuzione: e, dunque, non solo il dovere, ma anche il diritto all’esecuzione della propria prestazione lavorativa – cui il datore ha il correlato obbligo di adibirlo – costituendo il lavoro non solo un mezzo di guadagno, ma anche un mezzo di estrinsecazione della personalità di ciascun cittadino. La violazione di tale diritto del lavoratore all’esecuzione della propria prestazione è fonte di responsabilità risarcitoria per il datore di lavoro; responsabilità che, peraltro, derivando dall’inadempimento di un’obbligazione, resta pienamente soggetta alle regole generali in materia di responsabilità contrattuale; sicché, se essa prescinde da uno specifico intento di declassare o svilire il lavoratore a mezzo della privazione dei suoi compiti, la responsabilità stessa deve essere nondimeno esclusa – oltre che nei casi in cui possa ravvisarsi una causa giustificativa del comportamento del datore di lavoro connessa all’esercizio di poteri imprenditoriali, garantiti dall’articolo 41 Costituzione, ovvero dei poteri disciplinari – anche quando l’inadempimento della prestazione derivi comunque da causa non imputabile all’obbligato, fermo restando che, ai sensi dell’articolo 1218 cod. civ., onere della prova della sussistenza delle ipotesi ora indicate grava sul datore di lavoro, in quanto avente, per questo verso, la veste del debitore.
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