9 Marzo 2016

Esonero contributivo e diritto di precedenza: questione chiusa?

di Elena Valcarenghi

 

Il Ministero del Lavoro, con la risposta ad interpello n.7/16 avanzato da Confindustria, ha chiarito che, in assenza di manifestazione espressa per iscritto da parte del lavoratore della volontà di avvalersi del diritto di precedenza, è legittimo procedere all’assunzione di altri lavoratori o trasformare altri rapporti di lavoro a termine in essere, sia nelle ipotesi in cui il contratto a termine di durata superiore a sei mesi sia cessato sia nel caso in cui lo stesso, trascorsi i sei mesi, risulti ancora in corso. Inoltre, per il godimento dell’esonero contributivo triennale di cui alla L. n.190/14, ai fini del rispetto delle condizioni prima previste dall’art.4, co.12, L. n.92/12, e oggi contenute nell’art.31, D.Lgs. n.150/15, il diritto di precedenza a favore dei lavoratori a tempo determinato deve essere preso in considerazione solo in presenza di manifestazione scritta della volontà di volersene avvalere.

Il Ministero, nel ricordare che, ai sensi delle norme vigenti e salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, il lavoratore che ha prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi nell’esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine, evidenzia la necessità di richiamare espressamente nell’atto scritto da cui risulta l’apposizione del termine il diritto di precedenza, ma puntualizza anche come tale diritto possa essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti per iscritto la propria volontà in tal senso al datore di lavoro entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, nei casi di contratti a tempo determinato presso la stessa azienda per più di sei mesi e per le lavoratrici con congedo di maternità, ed entro tre mesi nel caso di attività stagionali.

Se la norma contiene già la risposta, perché porre la questione al Ministero?

Chi ha seguito le vicende delle modifiche normative e degli interventi di prassi che le hanno accompagnate sa che l’Inps, in particolare, ha fornito letture non sempre conformi al parere del Ministero.

Già in vigenza della precedente normativa sul contratto a termine, la Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro aveva rimarcato, nella circolare n.15/13, che “il diritto di precedenza previsto per i lavoratori cessati da un rapporto a termine non sorge automaticamente in capo al lavoratore per il solo fatto che il rapporto intercorrente con il datore di lavoro sia cessato in un arco di tempo di dodici mesi precedenti alla nuova assunzione effettuata […]. Non sarà, quindi, il datore di lavoro a dover formalizzare l’interesse alla stipula di un nuovo contratto nei confronti del lavoratore, bensì quest’ultimo a dover attivarsi nei termini sopra descritti”. Tali affermazioni, coerenti col testo normativo, non erano però condivise dall’Istituto previdenziale come sottolineato dalla stessa Fondazione, che mise in evidenza come nelle circolari Inps n.137/12 e n.131/13 lo stesso sostenesse che “tranne casi particolari – non spetta l’incentivo, […], perché il lavoratore ha nel frattempo maturato un diritto di precedenza all’assunzione” e che “l’incentivo potrà essere riconosciuto qualora il datore di lavoro o l’utilizzatore abbiano preventivamente offerto l’assunzione al lavoratore titolare del diritto”. Per l’Ente, dunque, la norma pareva prevedere “un’attivazione implicita del diritto di precedenza, senza alcuna manifestazione di volontà in capo al lavoratore” e, anzi, con obbligo di attivazione in capo al datore di lavoro di cui non era rinvenibile traccia nella norma. Eppure il Ministero del Lavoro, nella circolare n.13/08, aveva già chiarito come i diritti di precedenza potessero essere esercitati a condizione che il lavoratore manifestasse la propria volontà al datore di lavoro.

Sul sito dei Consulenti del lavoro sono presenti alcuni pareri dell’Istituto e, tra questi, il n.17 riguarda proprio il diritto di precedenza nei contratti a tempo determinato. Secondo l’Inps, per le ipotesi di riassunzione del medesimo lavoratore con richiesta dei benefici previsti dall’art.8, co.9, L. n.407/90, vale quanto previsto dall’interpello n.29/14, a mente del quale è possibile fruire delle agevolazioni a fronte di dimissioni e risoluzione consensuale del rapporto. Più in generale, per gli altri benefici, l’Inps ritiene di dover differenziare le ipotesi di cessazione del rapporto: se il lavoratore si dimette e poi viene riassunto dal medesimo datore di lavoro entro sei mesi dalla cessazione del precedente rapporto, l’assunzione deve considerarsi dovuta, in quanto effettuata in applicazione del diritto di precedenza maturato dal lavoratore stesso e l’accettazione dell’assunzione vale come manifestazione implicita di volontà all’esercizio del diritto di precedenza, mentre qualora il lavoratore si dimetta ed il datore di lavoro abbia intenzione di assumere, per far valere il diritto alla riassunzione il lavoratore è tenuto a manifestare il proprio interesse.

Altra interessante tesi dell’Inps è poi rinvenibile in ulteriore parere dell’Inps sul sito di cui sopra, il n.16, concernente l’estinzione del diritto di precedenza in relazione al godimento dei benefici ex art.8, co.9. L. n.407/90. L’Ente ribadisce la non spettanza dell’agevolazione, ritenendo, così come esplicitato nel paragrafo 1.1 della circolare n.137/12, “pubblicata con il parere favorevole del Ministero del lavoro e delle politiche sociali”, che il Legislatore abbia fissato il principio generale per cui non è possibile applicare gli incentivi se il datore di lavoro non sia libero di scegliere chi assumere, quale necessario corollario della natura stessa degli incentivi per le assunzioni, intese quali riduzioni dei costi di assunzioni rispetto alle quali il datore di lavoro sia libero non solo di decidere se stipulare il contratto, ma anche con chi stipularlo e ciò non si verifica nel caso di assunzione di un ex dipendente titolare di un diritto di precedenza entro sei mesi dalla cessazione del precedente rapporto, tempo durante il quale il lavoratore può manifestare il suo interesse e, anche se rinuncia a una singola offerta di lavoro, non perde il diritto di precedenza per altre occasioni lavorative. Secondo l’Ente, infatti, la manifestazione di interesse del lavoratore non costituisce un presupposto per l’acquisto del diritto, ma una condizione del suo esercizio, nell’ipotesi in cui non sia stato adempiuto l’obbligo di preferire il lavoratore: se il lavoratore non ha manifestato il proprio interesse e viene assunto entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto, l’assunzione costituisce attuazione dell’obbligo di riassumerlo e, quindi, non spettano gli eventuali incentivi. Questa ricostruzione, però, vale secondo l’Inps per i casi ante D.Lgs. n.81/15, perché in tale sede è stabilito che il diritto di precedenza debba essere dichiarato in atto scritto entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, ritenendo necessario “un approfondimento ulteriore della questione” e facendo presente però che “l’accettazione del nuovo posto di lavoro a tempo indeterminato potrebbe considerarsi una manifestazione per fatti concludenti della volontà di avvalersi del diritto di precedenza”.

Dunque, se non ho mal compreso, il Ministero afferma nell’interpello n.7/16 che, in assenza di manifestazione scritta della volontà del lavoratore di avvalersi del diritto di precedenza, è possibile assumere altri lavoratori (o trasformare contratti a termine in essere) godendo di agevolazioni, al ricorrere delle altre condizioni richieste, sia in caso di contratto a termine superiore a sei mesi già cessato, sia di contratto ancora in corso.

L’Inps, però, potrebbe ritenere che, qualora io decidessi di assumere un lavoratore “portatore sano” del diritto di precedenza, in assenza di manifestazione scritta della sua volontà, ma entro i sei mesi utili per potersi dichiarare, non potrei godere delle agevolazioni, perché l’accettazione della mia proposta da parte del lavoratore implicherebbe la volontà di avvalersi del diritto di precedenza e, quindi, la mia assunzione attuerebbe un preciso obbligo e, per ciò, non agevolata. Quindi, se favorisco quella continuità di rapporto che il diritto di precedenza tutela perdo le agevolazioni. Tale tesi pare sostenibile anche dopo la risposta a interpello, perché il Ministero, in relazione al quesito posto, si occupa di “altri” lavoratori.

Se io volessi assumere altro e diverso lavoratore nel periodo di tutela dovrei approfittare dell’inerzia del “portatore sano” e procedere con la nuova assunzione godendo delle agevolazioni. Se volessi assumere proprio il “portatore sano” con agevolazioni dovrei attendere il decorso dei sei mesi così da evitare le questioni dell’Inps. Se poi il “portatore sano” non più desiderato mettesse per iscritto la sua volontà nei termini previsti, dovrei attendere dodici mesi prima di poter assumere altri al posto suo.

Vale la pena di ricordare che la norma pone quale termine ultimo per la manifestazione di volontà i sei mesi dalla cessazione del rapporto, ma nulla vieta che il lavoratore provveda prima della cessazione del contratto.

Nella gerarchia delle fonti prevale la norma o la prassi?

Per me la norma è chiara: niente diritto di precedenza senza manifestazione scritta di volontà e, quindi, via libera alle agevolazioni.

Ma possiamo permetterci di sottovalutare le posizioni dell’Ente pagatore?

Mi arrendo. Forse la questione non è ancora chiusa. Tuttavia un sano ottimismo non guasta e, quindi, spero di essermi clamorosamente sbagliata.