6 Settembre 2017

Durc, benefici contributivi e violazioni: l’Ispettorato chiarisce (quasi) tutto

di Fabrizio Vazio

 

L’Ispettorato nazionale del lavoro chiarisce alcuni aspetti legati al Durc e agli effetti di alcune violazioni sui benefici contributivi: vediamo l’impatto della circolare n. 3/2017, che risolve questioni assai controverse.

 

Due questioni distinte e il ruolo dell’Ispettorato

Con la circolare n. 3/2017, l’Ispettorato nazionale del lavoro (INL) fornisce indicazioni su questioni assai controverse legate alla fruizione dei benefici contributivi per aziende che commettano diversi tipi di violazioni.

Va ricordato che l’Ispettorato del lavoro, ex D.Lgs. 149/2015, esercita e coordina su tutto il territorio nazionale, sulla base di direttive emanate dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, la vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria nonché legislazione sociale. In virtù dello stesso decreto, esso emana circolari interpretative in materia ispettiva e sanzionatoria, previo parere conforme del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché direttive operative rivolte al personale ispettivo.

Proprio in virtù di tali norme, l’INL fornisce indicazioni relative al recupero dei benefici contributivi da parte del personale ispettivo e, nella fattispecie, esamina anche i riflessi sul Durc relativi alle varie tipologie di violazioni.

 

Niente Durc per l’intera azienda …

Come noto, l’articolo 1, comma 1175, L. 296/2006 stabilisce che: “a decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative”.

Quindi, in sostanza, se non si è in possesso del Durc, non si ha diritto a fruire dei benefici normativi e contributivi.

La prima domanda è: quali sono i benefici di cui si parla?

Invero, la domanda non è semplice. Nemmeno il Ministero lo ha mai precisato con esattezza, se è vero che la circolare in esame ricorda che ne è stato fornito un elenco esemplificativo (peraltro copiosissimo) con nota del Ministero del lavoro n. 1677/2016.

Nel rimandare comunque a tale elenco, si pongono in primis 2 problemi.

  1. Se un’azienda commette le violazioni elencate nell’allegato A del decreto Durc on line, ovvero il D.M. 30 gennaio 2015, non ha speranze di ottenere il documento, nemmeno sanando le violazioni?

La risposta è negativa.

A tal proposito, va tenuto conto che la maggior parte delle violazioni indicate nell’allegato riguardano reati in materia di sicurezza sul lavoro; con riferimento al caso di lavoro nero, poiché si tratta di provvedimenti definitivi, non è sufficiente la comminazione di maxisanzione (per la quale è previsto un periodo di non concedibilità del Durc pari a 6 mesi) ma occorre evidentemente che almeno il procedimento amministrativo sia concluso con l’ordinanza ingiunzione (e quindi la diffida non deve essere stata adempiuta) ex articolo 18, L. 689/1981, contro cui non sia stata presentata opposizione.

Va peraltro precisato che le violazioni indicate nell’allegato A devono essere state accertate con provvedimenti amministrativi o giurisdizionali definitivi.

Il termine di 15 giorni per la regolarizzazione del Durc, previsto dall’articolo 4, D.M. 30 gennaio 2015, non può quindi trovare applicazione anche nell’ipotesi di accertamento delle specifiche violazioni elencate nel citato allegato, che costituiscono cause ostative al rilascio del documento per il periodo di tempo indicato nel medesimo allegato.

Il periodo di preclusione dal godimento dei benefici non può essere in alcun modo sanato, ricorda l’INL, poiché non si tratta di omissioni contributive – rispetto alle quali può trovare applicazione la procedura di regolarizzazione – bensì di violazioni definitivamente accertate, che incidono sulla tutela dei lavoratori.

  1. La mancanza del Durc regolare, sempre per il tempo indicato nell’allegato, riguarda l’intera azienda?

La risposta è sì.

Solo dopo la scadenza del tempo indicato, il datore di lavoro potrà nuovamente fruire dei benefici.

 

O solo per i lavoratori coinvolti nella violazione …

Resta da capire la valenza degli “altri obblighi di legge e del rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

In pratica la domanda è: se un’azienda non rispetta, ad esempio, il contratto integrativo territoriale, le devono essere recuperati i benefici fruiti per l’intero periodo di non applicazione del contratto? E per tutti i lavoratori?

Non c’è chi non veda come la conseguenza rischi di essere pesantissima.

Pensiamo al seguente caso.

 

ESEMPIO

Un’azienda non corrisponde per 1 anno a 3 lavoratori, per mero errore nella compilazione della busta paga, gli aumenti derivanti dall’integrativo territoriale spettante. Sono pochi euro, che vengono puntualmente rilevati in corso di ispezione.

Dunque, l’azienda non ha fatto per un anno (per soli 3 dipendenti!) corretta applicazione del contratto territoriale “stipulato dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Peccato che l’azienda di lavoratori ne occupi 200 e, per i restanti 197, l’applicazione sia stata corretta.

Devono essere recuperati gli interi benefici contributivi fruiti nell’anno per tutti i dipendenti, come nel caso della commissione delle violazioni indicate nell’allegato A?

La posizione del Ministero è, diciamo, di buon senso: le violazioni in esame assumono rilevanza limitatamente al lavoratore cui gli stessi benefici si riferiscono ed esclusivamente per una durata pari al periodo in cui si sia protratta la violazione.

Tale soluzione, ricorda l’Ispettorato, vede i benefici collegati al singolo rapporto di lavoro, ed è in linea con quanto previsto nella disciplina dettata dall’articolo 6, D.L. 338/1989 (convertito dalla L. 389/1989 e richiamato anche nella normativa sugli sgravi contributivi nel Mezzogiorno), in materia di fiscalizzazione degli oneri sociali, secondo cui le riduzioni contributive ivi contemplate non spettano alle imprese soltanto in relazione a quei lavoratori per i quali non siano stati rispettati i requisiti previsti dalla norma e limitatamente a una durata pari ai periodi di inosservanza.

Del resto, sarebbe paradossale che una violazione così lieve producesse un effetto ancora più devastante rispetto ai gravi reati previsti nell’allegato A, D.M. 30 gennaio 2015.

 

Ma per l’Inail come si fa?

L’interpretazione prescelta è sicuramente condivisibile nel suo equilibrio, ma non è così chiara come sembra.

Se ne rende conto anche l’Ispettorato, che sottolinea come le agevolazioni in esame siano “principalmente legate al singolo rapporto di lavoro di cui si tratta e, frequentemente, alla assunzione di determinate categorie di soggetti”.

Principalmente, appunto.

Certo, se pensiamo alle agevolazioni spettanti per le assunzioni di disoccupati, di particolari categorie di soggetti ritenuti deboli, non c’è dubbio; ma come la mettiamo con i benefici Inail, anch’essi ricompresi nell’elenco di cui alla nota ministeriale del 2016?

Pensiamo ad esempio all’oscillazione del tasso medio per prevenzione dopo i primi 2 anni di attività ex articolo 24 MAT, D.M. 12 dicembre 2000.

La norma prevede che, trascorsi i primi 2 anni dalla data d’inizio dell’attività, l’Inail, in relazione agli interventi effettuati per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro, anche in attuazione delle disposizioni del D.Lgs. 626/1994, ora riferibili al D.Lgs. 81/2008, e successive modifiche e integrazioni, e delle specifiche normative di settore, si potrà applicare al datore di lavoro che sia in regola con le disposizioni in materia di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro e con gli adempimenti contributivi e assicurativi una riduzione del tasso medio di tariffa, in relazione al numero dei lavoratori-anno del periodo, dal 28% al 5%.

In tal caso, il beneficio è riferito all’intera azienda, poiché si riferisce alle misure di sicurezza ivi applicate e non pare possibile parzializzarlo, riferendolo ai soli lavoratori interessati alla violazione contrattuale.

Non a caso, la norma prevede che, qualora risulti, in qualsiasi momento, la mancanza dei requisiti previsti per il riconoscimento della riduzione, l’Inail procede all’annullamento della riduzione stessa e alla richiesta delle integrazioni dei premi dovuti.

Su tale aspetto è evidente che occorreranno precisazioni da parte dell’Istituto assicuratore, che trovino un punto di condivisione tra quanto affermato dall’INL e la particolare struttura di alcuni benefici contributivi Inail (si pensi anche all’articolo 20, D.M. 12 dicembre 2000).

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.

 

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