Durata del patto di prova: le norme applicabili
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza 27 ottobre 2015, n.21874, ha deciso che l’art.2096 cod.civ., nel disciplinare l’assunzione in prova del lavoratore, non ha esaurito l’intera regolamentazione di questo speciale fenomeno nell’ambito del rapporto di lavoro, ma ha semplicemente dettato una disciplina di carattere generale che, anziché escludere, implica l’integrazione a opera di altre norme, riguardanti elementi e modalità particolari, per le quali deve continuarsi a far riferimento al R.D.L. n.1825/24, sull’impiego privato, che non è stato abrogato quindi dalle norme sopravvenute del codice civile vigente. Pertanto, è tuttora operante la norma contenuta nell’art.4 della citata legge, che fissa la durata massima di tre mesi per il periodo di prova degli impiegati che non siano institori, procuratori, rappresentanti a stipendio fisso, direttori tecnici o amministrativi e impiegati di grado e funzioni equivalenti. D’altra parte l’art.10, L. n.604/66, nel precisare che la legge si applica a tutti i prestatori di lavoro e, per quelli assunti in prova, dal momento in cui l’assunzione diventa definitiva, e, in ogni caso, quando sono decorsi sei mesi dall’inizio del rapporto di lavoro, non ha inteso dettare una nuova disciplina del contratto di assunzione in prova e fissare un nuovo termine alla sua durata, tale da rendere inoperante la disciplina precedente.