Le donne sono le peggiori nemiche delle donne, vero?
di Giulia Bezzi - CEO di SeoSpirito e Founder Progetto Le ROSAParto da me e vediamo se ci riconosciamo o se ci riconoscete, pubblico maschile; già, perché oggi niente statistiche, ma un po’ di sani ricordi e di risultati che abbiamo rilevato anche dalla nostra community al femminile. Sarebbe bellissimo se, senza nominare peccatrici, nei commenti trovassi le vostre situazioni passate o presenti.
Nel mio primo posto di lavoro avevo una donna come superiore, l’ufficio era composto di 5 donne più lei, la sua vita era votata al lavoro, la mia vita (non mi spingo troppo alla nostra) era dedicata a cercare di non offuscare mai la sua luce, semplicemente perché sapevo perfettamente cosa poteva capitarmi.
Già, perché quando ho iniziato a diventare bravina nel mio lavoro (non ho mai preso lo stipendio perché mi spettava, ma perché sentivo l’importanza di portare il mio supporto, era doveroso rispetto a chi mi pagava), le persone le facevano i complimenti su di me o chiedevano di avermi come referente, è iniziato il vero mobbing.
Mi è stato dato un lavoro che richiedeva il mio ingresso in impianto alle 7.00 precise (le mie colleghe entravano in ufficio tra le 8.30 e le 9.00 e abitavano tutte a 10 km da questo sito, io ne avevo 42); quando rientravo in struttura alle 13.00, loro erano a mangiare insieme, io avevo già pronti campioni da portare in urgenza al laboratorio e gare impossibili da risolvere in tempo zero che ritrovavo al mio rientro, mangiando alla scrivania e rimanendo in ufficio fino alle 20.00.
Le mie colleghe non hanno mai mosso un dito, da una parte le ho ben capite; io ho dato le dimissioni senza preavviso un anno dopo. Sono andata l’ultimo giorno in impianto e, quando sono rientrata, mi aveva liberato la scrivania, tolto l’agenda e mi ha guardato solo per dirmi “si fa sempre così per evitare tu ti possa portare via i clienti”.
Ne ho tanti di episodi del genere, di cattiverie forti ed esclusivamente femminili nella mia vita, ne leggo moltissime tra le confidenze delle persone che mi scrivono e me le raccontano amiche e conoscenti tutte.
Io ho tratto l’insegnamento più utile della mia vita: un leader è colui che fa crescere i propri collaboratori più di lui e gonfia il petto dall’orgoglio di averli con sé.
Poi, ho anche imparato che è sempre comodo dare la colpa al resto del mondo della nostra differenza di genere, ma che prima di andare a guardare verso fuori, dovremmo farci un esamino di coscienza rispondendo a delle semplici domande:
- quante volte provo invidia per un’altra donna che sento essere migliore di me?
- quante volte ho generato zizzania con un commento acido non richiesto e gratuito?
- quante volte ho letto o ascoltato senza retropensieri ciò che mi stava dicendo l’altra donna?
- quante volte ho dubitato di ciò che mi diceva l’altra donna?
- e, quante volte, ho detto “ti racconto questa cosa ma io non te l’ho mai detta”?
E adesso proviamo a essere sincere, proviamo a scriverlo noi che abbiamo diviso la compagnia non appena siamo diventate le ragazze di qualcuno della stessa, noi che abbiamo lasciato una delle nostre colleghe sola alla macchinetta del caffè per andarci subito dopo, noi che abbiamo immediatamente ricordato che la segretaria del capo non è lì per merito di sicuro, noi che abbiamo detto che eravamo felice alla nostra amica, ma che, non troppo sotto, vivevamo un rodimento senza fine.
Ecco, io ci lavoro molto: se è vero che questo stereotipo esiste, come possiamo diventare squadra, come possiamo concentrarci sul nostro operato, come possiamo crescere nei nostri ruoli? Non è certo solo perché scelgono gli uomini il problema, per me sta anche nel triste adagio che ci vede occupate a sabotarci, invece di essere occupate a brillare.
Voi che ne pensate?