16 Luglio 2021

Le donne e i lavori del futuro, come ce la caviamo?

di Giulia Bezzi - CEO di SeoSpirito e Founder Progetto Le ROSA

Ogni settimana leggo articoli su articoli e penso a cosa posso fare, come donna e imprenditrice, in questo caso anche madre, per contribuire alla parità dei diritti. Di sicuro, dopo dati su dati legati alle donne e i lavori del futuro, so che dovrei bussare alla porta della scuola di mia figlia e chiedere di insegnare digital. La piccola ha 9 anni, non ha mai visto un pc praticamente nella classe, è a casa che impariamo ad utilizzarlo.

Dati ce ne sono molti, da poco è uscita una nuova indagine di ValoreD, ma Censis del 2019 già diceva qualcosa che non ci vede con un gran futuro radioso:

“All’università i gruppi disciplinari a più alto tasso di femminilizzazione sono Insegnamento (con il 91,8% di studentesse sul totale), Linguistico (81,6%) e Psicologico (77,6%). Sul versante opposto, la partecipazione femminile è particolarmente bassa a Informatica e Tecnologie Ict (13%), Ingegneria Industriale e dell’Informazione (22%), Scienze Motorie e Sportive (28,8%)”.

È la parte evidenziata che mi fa più paura perché, secondo il World Economic Forum, i lavori del futuro saranno:

“Il podio tecnologico è occupato da cloud computing, big data analytics e Internet of Things. A seguire cybersecurity, intelligenza artificiale e commercio digitale e robotizzazione. Tra i settori maggiormente coinvolti in questa trasformazioni si trovano quello della Digital Communications and Information Technology, dei Financial Services e dell’Healthcare”.

Bene, per me che sono un’Imprenditrice Digitale, tutto sommato non va male: ho asciugato il sudore della fronte, come donna avrò lavoro nel futuro. Ma per il resto della popolazione femminile? 

Attenzione, perché se questi sono i lavori del futuro, sono anche quelli che verranno pagati e che permetteranno l’indipendenza economica.
Non dimentichiamo che le generazioni future non sono così lontane. Sono ora. 

Io, però, non sono per le lamentele, ma per soluzioni ai problemi. Per cui, partiamo fin da piccoli a: 

  • regalare giochi tecnologici e scientifici, ci sono tantissimi giochi in scatola educativi da poter fare con i piccoli. Io, per esempio, ho costruito una serra, ho fatto esplodere un vulcano, ho creato dei pennarelli e ho persino scoperto un fossile, oltre a costruire scheletri e costellazioni celesti;
  • proporsi nelle scuole, io sono di Padova e posso girare tutto il Veneto, se ci sono amici di insegnanti all’ascolto, sono pronta ad andare a scuola a far appassionare i bimbi al web. Non c’è solo schifezza, esiste il parental control, è il digital dovremmo avere nelle vene, insieme all’inglese;
  • studiare coding fin da piccoli, on line ci sono tantissimi siti che permettono di giocare con il codice e divertirsi, allena la mente a capire la progettazione, rende familiare qualcosa che non siano pentoline e bambole.

Dobbiamo smettere di giocare con le Barbie? Sia mai. 

No, non sono per l’assenza dei giochi di ruolo come questi. Sono sicura, però, che se da piccoli veniamo affascinanti da scienza e tecnologia, potremmo alzare la media di laureate in STEM, perché le attitudini vanno allenate tutte, ma se le precludiamo fin da piccole, come possiamo coglierle?

Come sempre, spero di aver stimolato un pensiero e una riflessione, e se nei commenti volete chiedermi di affrontare un argomento piuttosto di un altro, sono felice. È un modo fantastico per arricchirci reciprocamente.

Le rosa