Donne e COVID: siamo state più penalizzate sul mercato del lavoro, perché prima?
di Giulia Bezzi - CEO di SeoSpirito e Founder Progetto Le ROSAChe il COVID sia servito per evidenziare una volta di più la necessità di porre fine alla nostra mancata indipendenza economica dettata assolutamente dalla nostra difficoltà di avere un lavoro, non c’è dubbio. Ma lasciatemi dire che ho sorriso molto quando tutti si sono scandalizzati dei dati di dicembre 2020, lo ricordate?
“Secondo l’ISTAT a dicembre 2020, gli occupati sono diminuiti di 101.000 unità di cui 99.000 sono donne”.
Grande sensazionalismo e, per me, sarcasmo alle stelle. Effettivamente, negli anni precedenti, le donne nei posti di lavoro ballavano facendo il trenino e cantando “Brigitte Bardot”, tant’erano soddisfatte.
Torno indietro ai Dati Istat ed Eurostat 2019 sull’anno 2018, quando la triade Donne, COVID e lavoro non esisteva. Ed ecco alcune informazioni sull’UE al tempo:
- in media, il tasso di occupazione degli uomini è più alto di quello delle donne (74% e 63% rispettivamente nel 2018);
- il 31 % delle donne occupate lavora part-time, contro il 9 % degli uomini;
- il tasso di disoccupazione è il 7,1 % per le donne e il 6,6 % per gli uomini;
- circa un terzo (34%) dei manager nell’UE nel 2018 erano donne. La percentuale di donne in questa posizione non supera il 50% in nessuno degli Stati membri;
- nel 2017, le donne hanno guadagnato il 16% in meno degli uomini nell’Unione Europea, se si confronta la retribuzione lorda oraria media;
- nel 2016, nell’UE, il 92% delle donne tra i 25 e i 49 anni (con figli sotto i 18) si prende cura dei propri figli quotidianamente, rispetto al 68% degli uomini.
- nel 2016, nell’UE, il 79% delle donne cucina e/o svolge attività domestiche quotidianamente, rispetto al 34% degli uomini.
Se ci aggiungiamo la classica segregazione orizzontale che ci vede regine dei servizi sociali, della scuola, dell’industria tessile, del commercio e dei settori amministrativi, possiamo pensare che quel sensazionalismo sopra descritto non avrebbe dovuto stupirci nemmeno un po’ e dovremmo essere indignati da un pezzo per la situazione?
Le donne lavorano meno, guadagnano meno, scelgono lavoretti per arrotondare lo stipendio di famiglia e curare la prole, se va bene, genitori anziani annessi se siamo più avanti con gli anni, a casa c’è chi si stende sul divano e chi con una mano gira il minestrone, con l’altra indica l’operazione in colonna sbagliata della figlia di 10 anni. Sono certa di aver descritto una scenetta vista e rivista.
Bene, io non sono per la lamentela fine a se stessa e parto con piccole soluzioni che si possono mettere in atto a prescindere dal PNRR e dall’Agenda 2030, banalità, se vogliamo, che non applichiamo, e che partono da noi donne, per cui perseguibili eccome, basta averne la voglia:
- svegliatevi la mattina smettendola di vedervi prima mamme e poi persone, non siamo più speciali delle altre, solo nel 2019 ci sono state 420.170 mamme, di speciale c’è chi siamo noi, non ci sono lo stesso numero di Giulia Bezzi;
- non scegliete il lavoro pensando al tempo che vi servirà per accudire famiglia e genitori, scegliete il lavoro più remunerativo per pagare, con la persona che a casa dovrebbe essere l’altro 50%, chi lo farà al posto vostro;
- togliete dal vostro vocabolario la parola “lavoretto” insieme a “se devo lasciare lo stipendio all’asilo tanto vale che stia a casa così almeno me lo godo”;
- smettetela di pensare che siamo più brave a fare cose di casa, gli uomini lo sono altrettanto, basta alzarli dal divano (tutti, se non stimolati a fare, ci godiamo l’ozio, non è una prerogativa maschile).
Quando non ci è dovuto qualcosa per statuto lo si va a prendere, il Mondo è cambiato a suon di rivoluzioni, io non sono ottusa, cambiare il mondo non sta a me, ma se rivoluziono quello di casa mia sarò sempre fuori da quella statistica macabra di dicembre 2020, qualsiasi cigno nero venga a bussare la porta.