Il divieto di licenziamento si applica anche a chi non ha usufruito della Cassa integrazione COVID
di Evangelista BasileCon l’ordinanza del 17 maggio 2021, il Tribunale di Venezia si è pronunciato su di un altro caso di licenziamento per motivo oggettivo intimato in costanza del divieto di recesso previsto dalla normativa emergenziale. Il caso di specie è particolarmente interessante, perché si tratta della prima soluzione giurisprudenziale ai dubbi che tutti gli addetti al settore si erano posti all’entrata in vigore del D.L. 104/2020. Come noto, infatti, a differenza di quanto era stato previsto in precedenza dal D.L. 18/2020, e come reintrodotto in seguito con il c.d. Decreto Ristori, il Decreto Agosto aveva eliminato, seppur in maniera del tutto ambigua, il blocco tout court, riferendosi ai “datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito” degli ammortizzatori sociali e introducendo delle specifiche ipotesi in cui il divieto non avrebbe operato (sostanzialmente cessazione dell’attività, accordo aziendale autorizzatorio, fallimento).
Il caso trattato a Venezia ricade proprio nella tematica delle diverse interpretazioni della locuzione “non abbiano integralmente fruito”, la cui ambiguità aveva fatto propendere tutti per considerare la norma come un blocco sostanziale dei licenziamenti per tutti e, quindi, anche per le società che – come nel caso di specie – non avevano mai fatto ricorso agli ammortizzatori sociali, confermando quindi la tesi maggioritaria e cautelativa.
A detta del giudice, infatti, interpretare la locuzione solo in relazione alle società che non hanno usufruito (ma che comunque potrebbero usufruire) degli ammortizzatori sociali, lascerebbe alla discrezionalità delle scelte aziendali la possibilità o meno di licenziare ed eventualmente anche quella paradossale di licenziare per poi comunque accedere ai suddetti ammortizzatori.
Ricordiamo, comunque, che detta normativa è rimasta in vigore fino al 31 dicembre 2020, mentre si è ritornati a un divieto generalizzato fino all’entrata in vigore del c.d. Decreto Sostegni (D.L. 41/2021), il quale ha, invece, introdotto 2 blocchi temporalmente sfalsati, uno generale fino al 30 giugno 2021 e l’altro “condizionato” fino al 31 ottobre 2021. La locuzione per definire i datori di lavoro coinvolti è effettivamente cambiata, forse un po’ in meglio in termini di chiarezza, e sembra riferirsi a chi effettivamente fruisca degli strumenti che il Legislatore ha messo a disposizione per fronteggiare la crisi. Fra l’altro, nella relazione illustrativa al D.L 41/2020 – il che non è di poca importanza, se si considera l’argomentazione utilizzata dal giudice veneziano – è esplicitamente previsto che, ove si proceda alle risoluzioni (salvo le eccezioni tipizzate rimaste in essere), è precluso l’accesso agli ammortizzatori sociali, facendo così cadere il paradosso sollevato dal giudice a sostegno della propria decisione.
È, quindi, possibile che un’eventuale pronuncia per il periodo post Decreto Sostegni possa condurre a un risultato diverso rispetto all’ordinanza veneziana, ma, anche in costanza del nuovo regime, i dubbi non saranno pochi.
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