Come diventare come l’Islanda, prima nel Global Gender Gap Report?
di Giulia Bezzi - CEO di SeoSpirito e Founder Progetto Le ROSANon basta dire che il PIL dell’Europa crescerebbe del 10% se non ci fosse gender gap, noi al 63esimo posto nel mondo per parità di genere ci restiamo, mentre, nella nostra Europa siamo al 14esimo posto. Allora mi sono chiesta: ma come dovremmo comportarci per diventare come l’Islanda, la Finlandia, la Norvegia, le 3 sul podio del Global Gender Gap Report del World Economic Forum?
Eccoli qui i punti cardine sui quali dovremmo lavorare velocemente per colmare il divario di genere:
- congedo parentale per entrambi i genitori (e non c’è nessuno che si scandalizza se resta a casa il Mammo che viene, invece, correttamente chiamato Papà);
- parità di stipendio per legge: aziende e uffici pubblici hanno l’obbligo di certificare non ci siano gap tra i generi;
- tasso di impiego dell’83% (media europea: 66,8%) e tasso di povertà più basso fra le donne sopra i 65 anni.
Come ci sono riusciti? Hanno iniziato nel 1850. Sono, infatti, il primo Paese al mondo che ha legiferato perché ci fossero uguali diritti ereditari tra generi. Nel 1980 fu eletta una donna come Presidente, in carica fino al 1996. Io, probabilmente, morirò senza avere il bene di vedercela una donna a ricoprire questo ruolo. Perché, si sa, ci vogliono più di 130 anni ancora per vedere parità.
E, se andiamo a vedere Finlandia e Norvegia, non siamo molto distanti. Del resto, non c’è nulla da fare, per quanto le donne abbiano creato associazioni e Società Benefit, come la mia che ospita LeROSA, per poter supportare le donne nell’indipendenza economica e culturale, sono sempre le manovre di Governo e gli esempi dall’alto che possono accelerare la diminuzione del gender gap.
Eppure, care le mie signore, alle ultime elezioni, prese come siamo dal voler essere finalmente libere dal patriarcato, ci siamo astenute per il 41%. Come se il caso non fosse il nostro, come se veramente avessimo il miglior stipendio, la più bella delle pensioni, meno lavoro in casa, meno peso sulle spalle di cure parentali e tantissime soddisfazioni nei ruoli apicali delle Aziende.
Abbiamo molto da lavorare per prime, smettendola di avere l’alibi del maschio brutto e cattivo, smettendola di attendere una quota rosa, partecipando in prima persona alle nostre lotte. E, in un Paese in cui esistono delle elezioni democratiche, la lotta inizia dal voto: non dovrebbe esistere il 41% di donne che manco hanno votato, ma proprio per niente. Un abbraccio a tutte noi, che abbiamo perso un’altra occasione per aiutare le generazioni future a non vivere questo divario.