Un caso di disastrata vita (professionale) quotidiana
di Roberto LucariniQuanto sia difficile la nostra professione, al tempo attuale, non sono io a dovervelo segnalare; ognuno di voi, ne sono certo, lo vive giornalmente sulla propria pelle. Vorrei però raccontarvi una breve, quanto triste, storia, che mi sono trovato ad affrontare; ciò tanto per esemplificare quanto detto in apertura.
Siamo sul tema iscrizione Inps per socio di società immobiliare che effettua soltanto la locazione dell’unico bene immobile posseduto; il concetto di società non impresa, avete presente?
Forse attraverso “Poseidone”, forse senza l’aiuto di alcun dio ma semplicemente di un ragionamento balsano, l’Inps ha iscritto una signora alla Gestione commercianti in quanto socia nella situazione innanzi esposta. La signora si rivolge al sottoscritto, sperando che possa aiutarla; cosa che farei volentieri, se soltanto me lo concedessero.
Sappiamo tutti come la Cassazione, con reiterate pronunce, abbia ormai escluso una tale tipologia di soci dall’obbligo di iscrizione. Provo quindi a sentire la sede Inps per vedere di smontare sul nascere l’iscrizione avvenuta d’ufficio; esercizio inutile, nessuno ti ascolta.
Pur non nutrendo grandi speranze, invio un ricorso amministrativo dove spiego la questione, chiedo l’annullamento dell’iscrizione e dell’avviso di pagamento che, intanto, era sopraggiunto alla poverina. Nessuno considera la mia pratica; sul sito ricorsi on line risulta per mesi “in carico alla sede”. Molto bene.
Giunge quindi la cartella di pagamento, cosa che mi spinge a dire alla cliente: “signora, si opponga di fronte al giudice ordinario, dato che il mio ricorso è stato messo nel congelatore”. Lei chiede a un avvocato e insieme tiriamo giù l’atto introduttivo.
Il tempo passa; il mio ricorso riposa in pace, mentre il giudizio va avanti, piano ovviamente, giungendo finalmente al termine. Il giudice dice, in breve: tu Inps non puoi richiedere l’iscrizione, ergo la richiesta di pagamento non è legittima.
E sapete cosa accade qualche giorno dopo la sentenza?
Il mio ricorso viene per magia disseppellito, lavorato e, udite udite, accolto.
Non vi dico cosa ho detto, ad alta voce, quando ho ricevuto l’email e sono andato sul sito a verificare; meglio censurare.
Ma vi rendete conto?
Una questione scontata, che poteva essere risolta in via amministrativa e senza costi eccessivi, ha costretto la signora a ricorre al giudice, a spendere per l’assistenza e gli oneri legali, e ha impegnato inutilmente una sezione del Tribunale.
Mi domando: ma così facendo, dove vogliamo andare?
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30 Maggio 2017 a 10:15
Gentile Roberto,
ho vissuto la stessa esperienza circa 6 anni fa con sentenza del Giudice che ha condannato l’Inps al pagamento delle spese. Stesso tuo calvario, contatti con la sede negati, ricorso amministrativo e da ultimo ricorso al Giudice.Piccolo inciso, il mio assistito a giorni compirà 92 anni e quindi all’epoca era ultra 85enne. L’unica sua colpa di essere socio accomandatario di una sas proprietaria di un unico immobile dato in locazione la cui amministrazione veniva gestita direttamente dal commercialista. Peccato che oltre alle perdite di tempo e seccature varie dobbiamo indirettamente pagare anche le spese considerato che siamo tutti contribuenti. Ho chiesto inutilmente che le spese fossero addebitate al Funzionario Inps. Teniamo duro nella speranza che domani qualcosa cambierà in meglio. Saluti e buon lavoro.
30 Maggio 2017 a 15:29
Caro Enrico,
anzitutto grazie per la solidarietà. Il dubbio nel domani tuttavia, resta. Lavoro dal 1987 ed ho sempre sentito parlare di semplificazioni ed aggiustamenti vari. Se questi sono i risultati…..
Continuiamo, comunque, a sperare.
Roberto