30 Maggio 2017

Un caso di disastrata vita (professionale) quotidiana

di Roberto Lucarini

Quanto sia difficile la nostra professione, al tempo attuale, non sono io a dovervelo segnalare; ognuno di voi, ne sono certo, lo vive giornalmente sulla propria pelle. Vorrei però raccontarvi una breve, quanto triste, storia, che mi sono trovato ad affrontare; ciò tanto per esemplificare quanto detto in apertura.

Siamo sul tema iscrizione Inps per socio di società immobiliare che effettua soltanto la locazione dell’unico bene immobile posseduto; il concetto di società non impresa, avete presente?

Forse attraverso “Poseidone”, forse senza l’aiuto di alcun dio ma semplicemente di un ragionamento balsano, l’Inps ha iscritto una signora alla Gestione commercianti in quanto socia nella situazione innanzi esposta. La signora si rivolge al sottoscritto, sperando che possa aiutarla; cosa che farei volentieri, se soltanto me lo concedessero.

Sappiamo tutti come la Cassazione, con reiterate pronunce, abbia ormai escluso una tale tipologia di soci dall’obbligo di iscrizione. Provo quindi a sentire la sede Inps per vedere di smontare sul nascere l’iscrizione avvenuta d’ufficio; esercizio inutile, nessuno ti ascolta.

Pur non nutrendo grandi speranze, invio un ricorso amministrativo dove spiego la questione, chiedo l’annullamento dell’iscrizione e dell’avviso di pagamento che, intanto, era sopraggiunto alla poverina. Nessuno considera la mia pratica; sul sito ricorsi on line risulta per mesi “in carico alla sede”. Molto bene.

Giunge quindi la cartella di pagamento, cosa che mi spinge a dire alla cliente: “signora, si opponga di fronte al giudice ordinario, dato che il mio ricorso è stato messo nel congelatore”. Lei chiede a un avvocato e insieme tiriamo giù l’atto introduttivo.

Il tempo passa; il mio ricorso riposa in pace, mentre il giudizio va avanti, piano ovviamente, giungendo finalmente al termine. Il giudice dice, in breve: tu Inps non puoi richiedere l’iscrizione, ergo la richiesta di pagamento non è legittima.

E sapete cosa accade qualche giorno dopo la sentenza?

Il mio ricorso viene per magia disseppellito, lavorato e, udite udite, accolto.

Non vi dico cosa ho detto, ad alta voce, quando ho ricevuto l’email e sono andato sul sito a verificare; meglio censurare.

Ma vi rendete conto?

Una questione scontata, che poteva essere risolta in via amministrativa e senza costi eccessivi, ha costretto la signora a ricorre al giudice, a spendere per l’assistenza e gli oneri legali, e ha impegnato inutilmente una sezione del Tribunale.

Mi domando: ma così facendo, dove vogliamo andare?

 

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