Dimissioni per fatti concludenti: i chiarimenti del Ministero in risposta al Cno
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Il Ministero del lavoro, con nota n. 5257 del 10 aprile 2025, ha dato riscontro alla richiesta di chiarimenti presentata dal Cno dei consulenti del lavoro sulla circolare n. 6/2025 del Ministero del lavoro in relazione alle dimissioni di fatto.
In merito al limite legale di 15 giorni di assenza ingiustificata, previsto dall’articolo 26, comma 7-bis, D.Lgs. 151/2015, per l’operatività della risoluzione di fatto del rapporto di lavoro, viene chiarito che il termine legale opera in via residuale, in assenza di previsione contrattuale. Tuttavia, l’espressione utilizzata dal Legislatore, per la quale il termine deve ritenersi “in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni”, ha fatto propendere per la considerazione, di prudenza, della non agibilità della previsione di termini inferiori da parte della contrattazione collettiva. Al riguardo, benché il tenore letterale dell’articolo 19, L. 203/2024, non disponga espressamente l’inderogabilità del termine di 15 giorni, il Ministero ritiene che la norma non consenta interpretazioni peggiorative della posizione del lavoratore e renda, quindi, necessario contemperare il principio della libertà contrattuale delle parti sociali con l’indispensabile esigenza di tutela del lavoratore da una definitiva espulsione dal contesto lavorativo priva di una adeguata giustificazione, al fine di evitare effetti abusivi o distorsivi sul rapporto di lavoro. Infatti, se l’articolo 19 non stabilisse alcun minimo inderogabile e consentisse alla contrattazione collettiva di ridurre liberamente il termine di 15 giorni di assenza ingiustificata, le parti sociali potrebbero fissare una durata minima, anche esigua, tale da non porre il lavoratore in condizioni di giustificare tempestivamente le ragioni dell’assenza, riconducendo in tal modo l’effetto risolutivo a un comportamento del lavoratore privo di un effettivo valore legale.
In relazione alle conseguenze nel caso in cui il datore di lavoro non proceda al ripristino del rapporto di lavoro, ritenendo insufficiente la prova offerta dal lavoratore o non condividendo la verifica dell’Ispettorato o, ancora, nell’ipotesi di presentazione delle dimissioni per giusta causa successivamente alla procedura menzionata, il Dicastero distingue le diverse ipotesi prospettate, tutte riconducibili a una digressione dallo sviluppo dell’iter fisiologico previsto dalla norma, per il quale alla dimostrazione dell’impossibilità per il lavoratore di giustificare le ragioni della propria assenza, non seguono gli effetti caducatori previsti dalla norma. Pertanto:
- qualora, superato il termine per l’assenza ingiustificata e comunicata la circostanza all’Ispettorato territorialmente competente, quest’ultimo verifichi l’insussistenza dei presupposti richiesti dall’’articolo 26, comma 7-bis, D.Lgs. 151/2015, il rapporto di lavoro dovrà pur sempre essere ricostituito per iniziativa del datore di lavoro. Nel caso in cui quest’ultimo ritenga comunque non valide le ragioni del lavoratore, si ritiene non possa operare alcuna automaticità della ricostituzione del rapporto di lavoro;
- nel caso in cui il lavoratore, nel caso di avvio della procedura di cui al nuovo comma 7-bis, ma prima che la stessa abbia prodotto il suo effetto dismissivo, comunichi le proprie dimissioni, queste ultime produrranno gli effetti previsti dalla legge dal momento del loro perfezionamento. Nell’eventualità, poi, che le dimissioni siano state rassegnate per giusta causa, la verifica della sussistenza delle ragioni sottostanti l’atto di recesso del lavoratore potrà essere oggetto di successivo contraddittorio tra le parti, presso le sedi consuete, compresa quella giudiziale.