29 Giugno 2017

Dalle dimissioni in bianco cartacee alle dimissioni in bianco telematiche

di Cristian Valsiglio

Ormai è passato oltre un anno da quando l’articolo 26, D.Lgs. 151/2015, ha ripristinato l’obbligatorietà della trasmissione per via telematica delle dimissioni del lavoratore.

L’obiettivo della norma, per l’appunto entrata in vigore il 12 marzo 2016, era quello di scongiurare la pratica delle dimissioni in bianco, ossia di quelle dimissioni strappate al lavoratore in fase di instaurazione del rapporto di lavoro ma con la data in bianco, in modo da lasciare la possibilità al datore di lavoro di sancirne l’efficacia al momento più opportuno.

Detta pratica, sicuramente deprecabile e da combattere, non si sa quanto sia radicata sul territorio nazionale, resta il fatto che con la norma sopra indicata è stata per l’appunto prevista l’inefficacia delle dimissioni non prodotte secondo la modalità telematica.

Da quel momento, sotto l’aspetto amministrativo, si sono succeduti diversi chiarimenti operativi anche riassunti sotto forma di Faq ministeriali, mentre sotto l’aspetto normativo qualsiasi tentativo volto a dare piena legittimità alla c.d. risoluzione per mutuo consenso è naufragato al momento dell’uscita del decreto correttivo al Jobs Act.

Pertanto, ove il lavoratore non rassegni le dimissioni secondo le modalità previste dalla norma, il datore di lavoro, per avere piena garanzia nella cessazione del rapporto di lavoro, deve intervenire con il licenziamento e con il pagamento del relativo ticket all’Inps.

Una soluzione che, oltre ad aumentare il costo del lavoro, già di per sé tra i valori più alti in Europa, impone al datore di lavoro nuovi obblighi, in contrasto con la tanto auspicata semplificazione.

Ma le dimissioni in bianco, se realmente fenomeno radicato, sono davvero scongiurate?

Vedendo la procedura telematica di comunicazione delle dimissioni si dovrebbe rispondere negativamente.

Infatti, il lavoratore una volta rassegnate le dimissioni, ha 7 giorni per revocarle. Successivamente, tuttavia, il datore di lavoro potrebbe riuscire a convincere il lavoratore a rimanere e, quindi, non comunicare al Centro per l’impiego la cessazione del rapporto di lavoro.

Che fine fanno le predette dimissioni telematiche?

Sembrerebbe nessuna, tanto è vero che, laddove in una fase successiva il lavoratore dovesse decidere di rassegnare ulteriori dimissioni, queste ultime, nella procedura telematica, non si legherebbero al rapporto di lavoro alla fine non risolto effettivamente, in quanto per la procedura stessa le dimisssioni sono già state comunicate.

Il paradosso che si rileva, ove la procedura non venisse modificata, è che si potrebbe passare dalle dimissioni in bianco cartacee alle dimissioni in bianco telematiche.

Infatti il lavoratore, al momento dell’assunzione, potrebbe essere obbligato a rassegnare le dimissioni telematicamente, dimissioni che, non producendo una cessazione del rapporto di lavoro per effetto dell’assenza della comunicazione al Centro per l’impiego, resterebbero a sistema e, pertanto, utilizzabili in una fase successiva. Il sistema, invece, dovrebbe controllare la data di effetto delle dimissioni inoltrate telematicamente e annullarle una volta che la comunicazione della cessazione al Centro per l’impiego non intervenisse entro il termine di 5 giorni dalla predetta data.

Un fenomeno tutto italiano con una soluzione all’italiana.

 

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