Detassazione ultimo atto
di Roberto LucariniLa tassazione agevolata dei c.d. premi di risultato ha aperto gli occhi nell’anno domini 2008; da quel momento, tuttavia, ha vissuto una vita assai travagliata, costellata di proroghe (che mai possono mancare) e di un breve stop. Finalmente col 2016 il creatore, leggasi il Legislatore italiano, ha optato per dare una vita definitiva alla propria creatura, mai troppo amata, modificandone però il Dna e concependo, in ultimo, una sorta di “istituto geneticamente modificato”.
Fatto è che la nuova detassazione sembrava finalmente destinata a una vita lunga e felice quando, nel 2018, sul suo sventurato cammino si è imbattuta in alcune risoluzioni emanate dall’Agenzia delle entrate (n. 78/2018, n. 130/2108 e n. 143/2018); incantesimo finito e nuovi problemi.
Non è semplice sintetizzare la questione; proverò a farlo senza banalizzarla.
Ex articolo 2, comma 2, D.M. 25 marzo 2016, si rileva uno stralcio, espunto dal dettato normativo, che offre quanto richiesto dal Legislatore in sede attuativa, ossia che gli accordi premiali “devono prevedere criteri di misurazione e verifica degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, … rispetto ad un periodo congruo definito dall’accordo, il cui raggiungimento sia verificabile in modo obiettivo attraverso il riscontro di indicatori numerici o di altro genere appositamente individuati”.
In sintesi brutale: si debbono verificare gli incrementi previsti dall’accordo, perché scatti l’erogazione premiale fiscalmente agevolata rispetto a un periodo congruo, anch’esso specificato nel contratto.
Domanda: come si opera tale verifica sul valore, all’interno di tale periodo? Verso il dato di un obiettivo (di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione) specificato dalle parti nel contratto aziendale/territoriale; questa era la risposta che ci si dava prima delle attuali novità.
L’Agenzia, però, non è d’accordo e pretende che tale verifica si faccia confrontando il valore ottenuto nel periodo congruo rispetto a un medesimo valore registrato, nell’azienda, in un periodo storico precedente a quello del contratto, con ovvia armonizzazione temporale tra questi 2 intervalli. In spiccioli: il valore della produzione da superare per l’anno 2019 dovrà essere pari a 100; in quel caso si erogherà il premio e lo si detasserà. Occhio, però: adesso il tecnici dell’Amministrazione finanziaria dicono: valuta pure il superamento del tuo valore per erogare il premio, ma prima di effettuare la detassazione valuta anche che tale valore sia incrementale rispetto al dato storico della produzione del 2018.
Esempi molto facili:
- 2018 valore storico 98; 2019 valore ottenuto 101 (con obiettivo atteso a 100) = erogazione con detassazione;
- 2018 valore 101; 2019 valore ottenuto 101 (con obiettivo atteso a 100) = erogazione del premio ma senza detassazione.
Sul piano delle opportunità direi questo: da un lato ritengo corretto valutare la necessità antielusiva che coinvolge la nuova interpretazione dell’Agenzia; dall’altro farei, però, rilevare come una così stringente richiesta vada a neutralizzare, in modo ingiusto, talune realtà operative, pur connotate incrementi nei fattori richiesti dalla norma.
Sul piano giuridico, a mio modesto avviso, la questione è ancora più complessa.
Leggendo la frase estrapolata dalla norma, che sopra vi ho proposto, non trovo nulla che richiami alla comparazione con un dato storico, tanto che verrebbe da chiedersi: da dove nasce, dunque, la richiesta operata in via amministrativa? D’altro canto ci si domanda: a quale altro dato occorre dunque riferirsi, se non a quello fissato liberamente in contratto dalle parti?
Non è dunque possibile una fuga oltre la norma, tentata a mezzo di risoluzioni, quanto semmai sarebbe opportuno tornare sul testo normativo, anche in forma di interpretazione, per fissare dei paletti più certi.
Dopo tutto questo bel discorso, è possibile che vi domandiate: bene… allora che facciamo?
Scusatemi per la risposta laconica, ma io vi rispondo con un: “non capisco ma mi adeguo…”.
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