Decreto Irpef-Ires: le novità per il reddito da lavoro dipendente
di Roberto Lucarini Scarica in PDF
Con il D.Lgs. 192/2024, di “Revisione del regime impositivo dei redditi Irpef-Ires”, il Legislatore ha operato alcune modifiche al Tuir anche in relazione al reddito da lavoro dipendente. Nelle presenti note si darà quindi conto di tali novità, ricordando inoltre che l’operazione di restyling ha avuto un ulteriore seguito a mezzo della Legge di Bilancio 2025.
Le novità sul reddito da lavoro dipendente introdotte dal Decreto Irpef-Ires
L’intervento di modifica del Tuir, circa lo specifico reddito da lavoro dipendente, proposta a mezzo del D.Lgs. 192/2024 e valevole dal 2025, si sostanzia in alcuni interventi che riguardano gli articoli 10 e 51.
Gli aspetti interessati risultano i seguenti: la contribuzione ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale ovvero a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale; la contribuzione o premi assicurativi, versati a favore di lavoratori e aventi per oggetto la copertura del rischio di non autosufficienza o gravi patologie; il comma 3 dell’articolo 51, Tuir, in relazione alla valorizzazione dei beni o servizi ceduti ai lavoratori; il successivo comma 5 sul tema dei rimborsi spese in caso di trasferte svolte nel Comune sede di lavoro. Vediamo di seguito la rilevanza dei singoli interventi.
I contributi per fondi sanitari integrativi
Circa tale aspetto l’intervento si rivolge, in effetti, sia all’articolo 51, comma 2, lettera a), Tuir, sia all’articolo 10, comma 1, lettera e-ter), Tuir. Si tratta, come noto, della contribuzione versata dal datore di lavoro o dai lavoratori a specifici fondi integrativi del Ssn, ovvero, a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale, la quale non concorre al reddito da lavoro “per un importo non superiore complessivamente ad euro 3.615,20”.
Non muta, sostanzialmente, né l’impostazione di base della norma né il valore non soggetto a tassazione, mentre vengono invece specificati in modo più puntuale i caratteri identificativi dei fondi sanitari, ovvero di enti o casse, interessati; viene, inoltre, migliorata la definizione concernente la contrattazione collettiva generatrice dell’erogazione. La tecnica legislativa è quella di sostituire alcune parole nel testo delle norme interessate, creando quindi all’interprete qualche problema pratico circa l’individuazione delle differenze.
Nell’articolo 10, comma 1, lettera e-ter), Tuir “Oneri deducibili dal reddito complessivo”, ai fondi integrativi del Ssn viene adesso richiesto che siano “iscritti all’Anagrafe dei fondi sanitari integrativi istituita con il decreto del Ministro della salute del 31 marzo 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 giugno 2008, n. 141, che operino secondo il principio di mutualità e solidarietà tra gli iscritti”[1].
In precedenza, era invece previsto che tali fondi erogassero prestazioni negli ambiti di intervento stabiliti con specifico Decreto del Ministro della salute.
Relativamente al comma 2, lettera a), articolo 51, Tuir (non concorrenza al reddito da lavoro), sempre in ambito dei contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore, a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale, viene adesso specificato come tali erogazioni debbano avvenire in conformità “dei contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, o di regolamento aziendale, (verso enti, ndr) iscritti all’Anagrafe dei fondi sanitari integrativi istituita con il decreto del Ministro della salute del 31 marzo 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 giugno 2008, n. 141, che operino secondo il principio di mutualità e solidarietà tra gli iscritti”[2].
Rispetto al testo previgente si nota quindi:
- la dizione di “di contratto o di accordo o di regolamento aziendale”, viene adesso sostituta, più puntualmente sul tema contrattuale, dal riferimento esplicito posto all’articolo 51, D.Lgs. 81/2015, il quale va a identificare con precisione la contrattualistica collettiva includendovi quindi, oltre naturalmente quella nazionale, anche quella di secondo livello, aziendale o territoriale;
- viene anche qui espunto, in coordinazione con la modifica ex articolo 10, Tuir, il riferimento agli ambiti di intervento stabiliti con il Decreto del Ministro della salute, per introdurre la nuova definizione che riguarda la necessaria iscrizione, degli enti o casse interessati, all’anagrafe dei fondi sanitari integrativi, oltre la specifica operatività secondo principi di mutualità e solidarietà tra gli iscritti.
Contributi o premi versati per assicurazione su rischio di non autosufficienza o gravi patologie
Sempre in ambito dell’articolo 51, comma 2, Tuir, circa la non concorrenza al reddito da lavoro dipendente, altro intervento comporta una modifica al testo della lettera f-quater), concernente eventuali contributi o premi versati al fine di assicurare il lavoratore a fronte del rischio di non autosufficienza o di gravi patologie.
Sappiamo che la non concorrenza al reddito, di tali erogazioni, era finora prevista per contributi e premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di essi, con ciò intendendo il Legislatore escludere dalla non imponibilità eventuali dazioni ad personam. Con la novella normativa, rimanendo invariata la struttura della disposizione, la platea dei soggetti assicurabili, che consentono comunque al lavoratore di ottenere l’esclusione dalla base imponibile, si estende anche ai “familiari indicati nell’articolo 12 che si trovano nelle condizioni previste nel medesimo articolo 12, comma 2”, intendendo per tali i familiari fiscalmente a carico del lavoratore[3].
Le modifiche al comma 3, articolo 51, Tuir
È noto come il comma 3, articolo 51, Tuir disponga circa la definizione di valore normale del fringe benefit erogato al lavoratore, con esplicito richiamo all’articolo 9, Tuir, nonché vada a indicare il criteri di valorizzazione per il particolare caso di beni o servizi erogati alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività del datore di lavoro stesso. Il medesimo comma, inoltre, pone in chiusura anche la determinazione della soglia di non imponibilità annua dei benefit stessi, stabilendola di base come non superiore nel periodo d’imposta a 258,23 euro. Sappiamo che, date le modifiche normative, tale soglia sarà posta, per il triennio 2025 – 2027, a 1.000 euro, per la generalità dei lavoratori, e a 2.000 euro per quei lavoratori aventi figli a carico[4].
La novella normativa interviene, in questo caso, su 2 distinti aspetti:
- sostituzione integrale del secondo periodo del comma 3, articolo 51, Tuir, che adesso recita: “In deroga al primo periodo, il valore dei beni e servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività del datore di lavoro e ceduti ai dipendenti è determinato in base al prezzo mediamente praticato nel medesimo stadio di commercializzazione in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi a favore del lavoratore o, in mancanza, in base al costo sostenuto dal datore di lavoro”[5].
Mentre il testo previgente, per il caso di cessione di beni o servizi prodotti dal datore, andava a determinarne il valore “in misura pari al prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda nelle cessioni al grossista”, la nuova disposizione elimina tale riferimento, dovendosi adesso andare a valorizzare il benefit tenendo conto del prezzo effettivo, al medesimo stadio di commercializzazione in cui avviene la cessione a favore del lavoratore. Solo in caso di impossibilità a effettuare tale valutazione, dovrà essere considerato in valore basato sul costo sostenuto dal datore di lavoro per la produzione del bene o del servizio.
Vista in quest’ottica pare che tale situazione operativa potrebbe portare adesso, a parità di condizione del bene oggetto del benefit, all’emersione di un maggior valore soggetto a tassazione; sempreché sia possibile applicare, da parte del produttore, un prezzo effettivo di vendita al consumatore. Sul punto, tuttavia, sarà bene attendere i chiarimenti amministrativi, proprio per valutare l’interpretazione che verrà data sia al concetto di stadio di commercializzazione, sia in relazione alla connessa possibile causa d’impossibilità nella rilevazione di un prezzo effettivo. Tale mancanza, infatti, porterebbe a valorizzare il benefit al mero costo di produzione, riducendone l’ammontare soggetto a tassazione e ribaltando pertanto quando prima detto verso una maggiore convenienza fiscale;
- riguardo la soglia di non imponibilità, che resta a regime di 258,23 euro, si registra un’operazione di puro maquillage, data la mera sostituzione di tale valore, adesso esposto in euro, rispetto al precedente, ancora nel testo del Tuir indicato in 500.000 lire. Un valore che derivava, infatti, da molti anni orsono e che, sul piano pratico, seppur tradotto in euro, risulta quantomai anacronistico[6].
Spese di trasferta nel Comune sede di lavoro
Ultimo aspetto oggetto di modifica concerne le spese di trasporto rimborsate, al lavoratore, a fronte di trasferta svolta nell’ambito comunale dove egli abbia la propria sede di lavoro.
Come noto, in linea generale, l’articolo 51, comma 5, Tuir, che riguarda appunto il rimborso spese in caso di trasferta, indica come concorrenti al reddito da lavoro tali spese, se riguardanti una missione in ambito comunale, ossia nel Comune dove sia posta la sede di lavoro del dipendente. Unica eccezione, che poteva evitare quindi la concorrenza al reddito, era data dai rimborsi spese “di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore”.
L’intervento della novella normativa, non modificando anche qui l’impianto generale, si concentra proprio sulle parole appena evidenziate, andandole a sostituire con le seguenti: “di viaggio e trasporto comprovate e documentate”.
Resta quindi la concorrenza al reddito posta in linea generale, per il rimborso nella situazione operativa descritta, così come la non concorrenza per rimborso spese di trasporto; viene però modificata, per quest’ultimo caso, la specifica richiesta circa i documenti probatori necessari a dimostrare la sussistenza della spesa.
Prima era necessario che i documenti probatori provenissero dal vettore; adesso basta che tali rimborsi siamo più genericamente documentati. Ci si chiede, agli effetti pratici, quale sia questa grande differenza, posto che ordinariamente una spesa di trasporto può essere giustificata correttamente proprio con un biglietto del vettore.
Conclusione
Ricapitolando, quindi, si nota come il Legislatore tributario sia intervenuto a fine 2024, sul tema del reddito da lavoro dipendente, con 2 distinti provvedimenti.
Con il Decreto Irpef–Ires, le cui novità abbiamo visto in specifico, introducendo in fondo modifiche non proprio sostanziali, quando piuttosto aggiustamenti di provvedimenti preesistenti.
Con la Legge di Bilancio 2025, invece, la ristrutturazione all’impianto fiscale del tipo reddituale, è stata più profonda, andando a interessare vari aspetti. Tra questi, non in via esaustiva ma quali meri esempi operativi di maggior impatto, si notino: la cancellazione della riduzione del cuneo previdenziale, sostituita con una somma integrativa ovvero con un’ulteriore detrazione, a seconda del reddito annuo vantato dal lavoratore; la rimodulazione di alcune detrazioni fiscali; variazioni alle detrazioni per familiari a carico; variazione al metodo di calcolo del valore del fringe benefit, per concessione di auto a uso promiscuo; la nuova tracciabilità delle spese sostenute in trasferta dal lavoratore.
Un quadro quindi piuttosto composito, che tuttavia sarà operativo già con l’elaborazione dei prossimi cedolini paga, relativi al mese di gennaio 2025.
[1] Ex articolo 3, comma 1, lettera a), D.Lgs. 192/24.
[2] Ex articolo 3, comma 1, lettera b), punto 1.1, D.Lgs. 192/24.
[3] Ex articolo 12, comma 2, Tuir: “Le detrazioni di cui al comma 1 spettano a condizione che le persone alle quali si riferiscono possiedano un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalia Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Per i figli di età non superiore a ventiquattro anni il limite di reddito complessivo di cui al primo periodo è elevato a 4.000 euro”.
[4] Ex articolo 1, comma 390, L. 207/2024 (c.d. Legge di Bilancio 2025).
[5] Ex articolo 3, comma 1, lettera b), punto 2.1, D.Lgs. 192/2024.
[6] Ex articolo 3, comma 1, lettera b), punto 2.2, D.Lgs. 192/2024.
Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare tributaria”.