Le decorrenze classificative Inail e le nuove tariffe: che succede se c’è un errore?
di Fabrizio VazioIl passaggio dalla vecchia alla nuova tariffa dei premi Inail non ha, di per sé, mutato le regole relative alla rettifica di classificazione nel caso di errore. Vediamo quando la rettifica è retroattiva, quando non lo è e, soprattutto, quando l’azienda può trovarsi esposta alla richiesta di premi supplementari o si trova nell’impossibilità di riavere quanto ha erroneamente versato in più.
Premessa
Le nuove Tariffe dei premi, approvate con D.I. 27 febbraio 2019, hanno comportato un passaggio dai vecchi ai nuovi riferimenti tariffari particolarmente complesso.
Infatti, le nuove voci di rischio sono assai diverse dalle precedenti:
- in molti casi le voci si sono scorporate e da una ne sono nate 2;
- in altri casi è avvenuto il contrario e da 2 ne è nata una;
- altre volte le voci sono apparentemente identiche, ma in realtà è cambiato il contenuto del riferimento tariffario.
Non è possibile fare tutti gli esempi, basti sottolineare lo sconvolgimento del settore commerciale che ha avuto almeno 3 modifiche assolutamente importanti:
- la voce 0722 riferita all’uso del registratore di cassa non è più adottata e, ad esempio, il personale di cassa dei bar va inquadrato alla voce 0210, riferita appunto all’esercizio di bar e ristoranti[1];
- non vi è più la distinzione tra commercio all’ingrosso e commercio al minuto, ma è stata introdotta una nuova separazione tra esercizi con attrezzature motorizzate finalizzate alla movimentazione della merce ed esercizi che ne sono privi, indipendentemente dalla tipologia del commercio (ingrosso o minuto);
- è stata introdotta in tutti i grandi gruppi, salvo il 3, il 4 e il 9, la nota regola dell’assorbimento del commercio nell’attività produttiva. Perciò, qualora nell’ambito della medesima PAT siano svolte attività di vendita e attività produttive, entrambe sono ricondotte a un unico riferimento tariffario, individuabile nella voce di tariffa dell’attività di produzione, anche qualora le retribuzioni afferenti l’attività di vendita siano prevalenti rispetto a quelle denunciate per l’attività di produzione[2].
Nel passaggio da una tariffa all’altra ci sono stati molti errori e, ad oggi, non sono certamente tutti stati corretti: è necessario, quindi, stabilire una regola nel caso in cui il passaggio da una tariffa all’altra abbia provocato un inesatto riferimento classificativo.
Va, poi, analizzata la problematica relativa ai riferimenti tariffari errati non dovuti a migrazione: si tratta dei casi in cui la classificazione è sbagliata o per errata denuncia aziendale o perché l’Istituto non ha correttamente interpretato le comunicazioni dell’azienda.
Anche qui, occorre vedere come il nuovo dettato tariffario disciplina questi casi.
Andiamo con ordine, precisando che ci occuperemo solo delle rettifiche di classificazione e non di quelle di inquadramento relative alla Gestione tariffaria applicata.
In quest’ultimo caso, come noto, l’azienda è inquadrata nella tariffa di pertinenza secondo l’inquadramento Inps e il meccanismo di rettifica è totalmente diverso da quello previsto in materia di voce di rischio, poiché prevede la necessaria congruenza con la gestione in atto all’Inps per natura e decorrenza, a nulla rilevando eventuali comunicazioni errate relative alla tariffa di pertinenza da parte dell’azienda o piuttosto errori dell’Istituto.
Il meccanismo previsto nel caso di errori classificativi è, invece, radicalmente diverso: vediamolo.
Rettifica di classificazione: da quando decorre?
Occorre subito chiarire un punto fondamentale: in questa trattazione ci riferiremo agli errori classificativi ossia ai casi in cui il riferimento tariffario è sbagliato, ma l’attività svolta dall’azienda non ha subito modifiche nel corso degli anni.
È, quindi, necessario correggere un errore classificativo e non adeguare la classificazione alle nuove lavorazioni: questa è la differenza fondamentale tra rettifica (che presuppone un errore classificativo) e variazione, che presuppone, invece, una modificazione delle lavorazioni aziendali.
Si tratta di un punto fondamentale, perché la disciplina della rettifica nella nuova tariffa è riportata all’interno degli articoli 11 e 12 delle nuove Modalità per l’applicazione delle tariffe dei premi (Mat) ed è del tutto diversa da quella in materia di variazione (articolo 10, Mat). Vediamone il testo.
Articolo 11 – Rettifica d’ufficio della classificazione delle lavorazioni
L’Inail, accertato in qualsiasi momento che la classificazione delle lavorazioni e la relativa tassazione sono errati, procede alle necessarie rettifiche con provvedimento motivato.
Il provvedimento è comunicato al datore di lavoro con modalità telematiche ed ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello della comunicazione, salvi i seguenti casi, nei quali esso decorre dalla data in cui l’esatta classificazione delle lavorazioni e la relativa tassazione dovevano essere applicati:
a) erronea o incompleta denuncia del datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio minore di quello effettivamente dovuto; si applicano in tali casi anche le sanzioni previste per l’erronea o incompleta denuncia;
b) erronea classificazione delle lavorazioni non addebitabile al datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio maggiore di quello effettivamente dovuto. È facoltà del datore di lavoro, ricorrendone i presupposti, chiedere l’applicazione dell’articolo 2033 del codice civile.
La rettifica della classificazione delle lavorazioni comporta, con la stessa decorrenza del provvedimento, la rideterminazione dell’oscillazione di cui agli articoli da 19 a 25 in relazione all’andamento degli infortuni e delle malattie professionali della PAT.
Articolo 12 – Rettifica della classificazione delle lavorazioni su domanda del datore di lavoro
Il datore di lavoro, qualora ritenga che la classificazione delle lavorazioni e la relativa tassazione applicati dall’Inail siano errati, tanto in sede di prima applicazione che in sede di successive modifiche, può chiedere le necessarie rettifiche con domanda motivata da presentare con modalità esclusivamente telematiche.
In caso di accoglimento dell’istanza, il relativo provvedimento ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale è stata inoltrata l’istanza, salvi i seguenti casi, nei quali esso decorre dalla data in cui l’esatta classificazione delle lavorazioni e la relativa tassazione dovevano essere applicati:
a) erronea o incompleta denuncia del datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio minore di quello effettivamente dovuto; si applicano in tali casi anche le sanzioni previste per l’erronea o incompleta denuncia;
b) erronea classificazione delle lavorazioni non addebitabile al datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio maggiore di quello effettivamente dovuto; in tali casi, il datore di lavoro può altresì richiedere l’applicazione dell’articolo 2033 del codice civile.
La rettifica della classificazione delle lavorazioni comporta, con la stessa decorrenza del provvedimento, la rideterminazione dell’oscillazione di cui agli articoli da 19 a 25 in relazione all’andamento degli infortuni e delle malattie professionali della PAT.
Come ben si vede, il testo degli articoli non è molto dissimile e, in realtà, la differenza è solo relativa all’input che mette in moto il procedimento di rettifica: nel primo caso c’è una iniziativa dell’Istituto, spesso tramite una verifica ispettiva, nel secondo caso è l’azienda che constata la necessità di mutare la classificazione e richiede all’istituto la rettifica.
Il punto centrale delle norme è chiaro: la rettifica ordinariamente non è retroattiva.
Entrambe le norme pongono 2 eccezioni, nelle quali la retroattività è nell’ambito prescrizionale, salva la richiesta del datore di lavoro, ove abbia versato un premio superiore al dovuto, di chiedere l’applicazione della normativa sull’indebito oggettivo ex articolo 2033, cod. civ..
Occorre partire da un punto fondamentale: il centro di tutto sono le comunicazioni del datore di lavoro. Ove egli, infatti, abbia comunicato correttamente l’attività svolta, non ha nulla da temere, perché potrà recuperare i soldi versati in più nell’ambito prescrizionale o iniziare a pagare il premio superiore solo “dal corrente”.
In particolare, in presenza di una denuncia dei lavori esatta e completa, non è addebitabile al datore di lavoro l’errata classificazione e il relativo provvedimento di rettifica ha effetto:
- dal primo giorno del mese successivo a quello della comunicazione del provvedimento di rettifica nelle ipotesi in cui l’errore abbia comportato il versamento di un premio minore di quello effettivamente dovuto (articolo 11, comma 2, Mat);
- dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale è stata inoltrata l’istanza di rettifica del datore di lavoro nelle ipotesi in cui l’errore abbia comportato il versamento di un premio minore di quello effettivamente dovuto (articolo 12, comma 2, Mat);
- dalla data in cui l’esatta classificazione delle lavorazioni e la relativa tassazione dovevano essere applicati nelle ipotesi in cui, infine, l’errata classificazione abbia comportato il versamento di un premio maggiore di quello effettivamente dovuto (articolo 11, comma 2, lettera b), articolo 12, comma 2, lettera b), Mat).
È, dunque, assolutamente indispensabile inoltrare comunicazioni il più possibile dettagliate all’Istituto, alla luce del disposto dell’articolo 12, comma 1, D.P.R. 1124/1965, che prevede l’obbligo per i datori di lavoro di fornire all’Istituto medesimo tutti gli elementi e le indicazioni che siano da esso richiesti per la valutazione del rischio e la determinazione del premio di assicurazione.
Ciò è vieppiù indispensabile tenuto conto che, ove l’Istituto ritenga che la denuncia del datore di lavoro non sia stata corretta, il meccanismo è ben diverso.
Infatti:
- nel caso di erronea o incompleta denuncia del datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio minore (articolo 11, comma 2, lettera a) e articolo 12, comma 2, lettera a), Mat), l’Istituto richiederà premi arretrati e sanzioni;
- nel caso, invece, di erronea o incompleta denuncia del datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio maggiore, la decorrenza sarà dal dovuto corrente senza la possibilità di richiesta dei premi arretrati versati in più.
Il meccanismo non è, invero, difforme da quello previsto nella precedente tariffa approvata con D.M. 12 dicembre 2000, ma c’è un problema in più, relativo alle errate classificazioni dovute al passaggio tariffario. Vediamo cosa succede in questo caso.
Le rettifiche nel caso di errore nel passaggio dalla vecchia alla nuova tariffa
Nel luglio 2019, l’Istituto aveva fornito indicazione di far decorrere dal 1° gennaio 2019 i provvedimenti di rettifica della classificazione, adottati dopo l’autoliquidazione, a prescindere dal maggiore o minore premio pagato per la rata 2019 a causa dell’erroneo tasso applicato, senza la richiesta di alcuna sanzione.
Da alcune settimane, l’Istituto ha posto fine a questo periodo di passaggio, che in sostanza congelava il disposto degli articoli 11 e 12, Mat, prevedendo sempre la retroattività al 1° gennaio 2019 di eventuali rettifiche.
È evidente, infatti, che la fase di prima applicazione delle tariffe 2019 è ormai conclusa, e quindi l’attività di rettifica della classificazione può essere ricondotta nell’ambito di applicazione degli articoli 11 e 12, Mat, anche in caso di incongruenze classificative dovute alla classificazione effettuata con operazione centralizzata in base alla mera correlazione tra voci delle tariffe 2000 e 2019.
Ciò significa che, ove l’azienda abbia correttamente denunciato l’attività in vigenza delle tariffe 2000 e la classificazione sbagliata sia dovuta a errore dell’Istituto nel passaggio dalla vecchia alla nuova tariffa dei premi, troveranno applicazione le decorrenze in precedenza evidenziate nel caso di denuncia esatta e completa. L’azienda non potrà, pertanto, essere penalizzata e, in particolare, ove dal 1° gennaio 2019 alla data di rettifica abbia versato un premio minore del dovuto non per propria responsabilità, non le saranno richiesti premi arretrati.
Attenzione, però: il meccanismo vale solo nel caso in cui l’errore non sia dovuto a inesatte comunicazioni aziendali, avvenute anche in vigenza del vecchio dettato tariffario.
ESEMPIO 1
Un’azienda, inquadrata al Terziario, vende tubi di ferro e, all’occorrenza, provvede al taglio a misura degli stessi.
In vigenza della vecchia tariffa le venivano applicate le voci 6211 (prevista appunto per il taglio di tubi metallici) per il personale addetto alla lavorazione di taglio e 0121 per il commercio all’ingrosso, con esclusione di qualsiasi attività di trasformazione della merce per i magazzinieri.
Come spiegato in premessa, poiché l’azienda, con inquadramento al settore Terziario, ha anche un’attività di produzione/trasformazione, il nuovo riferimento classificativo sarà solo alla voce del grande gruppo 6 (6211), dove troveranno tutela sia i lavoratori addetti alla movimentazione e vendita dei tubi che quelli che ne effettuano il taglio.
Ove per errore l’Istituto, in sede di migrazione dal vecchio al nuovo dettato tariffario, abbia applicato anche il riferimento tariffario del commercio (ora 0116), la riclassificazione alla voce 6211, che prevede tasso più elevato, non potrà avere decorrenza retroattiva.
Attenzione, però. Ciò avviene se l’errore non è dovuto a responsabilità aziendale.
Vediamo un altro caso.
ESEMPIO 2
Ove l’azienda non abbia mai denunciato di svolgere l’attività di taglio dei tubi, l’errata migrazione alla sola voce 0116 è ovviamente responsabilità del datore di lavoro, che già in vigenza del vecchio dettato tariffario avrebbe dovuto denunciare la lavorazione produttiva.
L’Istituto, quindi, solitamente con verbale ispettivo, riclassificherà fino al 31 dicembre 2018 le sole retribuzioni di pertinenza dei lavoratori addetti al taglio alla superiore voce 6211 della tariffa Terziario e dal 1° gennaio 2019 passerà l’intera classificazione alla voce 6211.
In questo caso non solo la riclassificazione sarà retroattiva, ma saranno richiesti i premi arretrati maggiorati dalle sanzioni per evasione.
Il ricorso amministrativo in materia di decorrenza
Come già illustrato, in molti casi la rettifica classificativa viene effettuata nell’ambito di un accertamento ispettivo volto alla verifica del rischio di lavorazione.
Ove l’azienda non condivida la decorrenza del provvedimento adottato anche a seguito di verbale ispettivo (perché ritiene, quindi, che la responsabilità dell’errata classificazione non sia da attribuire al datore di lavoro, ma all’Istituto), dovrà presentare ricorso al Presidente Inail entro 30 giorni dal provvedimento stesso (D.P.R. 314/2001)[3].
È importante notare che, anche nel caso di verbale ispettivo, l’azienda non potrà impugnare tale atto. ma dovrà attendere la liquidazione del verbale stesso da parte della sede.
Dopo il provvedimento, però, ove non sia d’accordo con la decorrenza della rettifica, non dovrà indugiare. perché il ricorso dovrà essere presentato avvalendosi degli appositi servizi on line entro 30 giorni per usufruire del beneficio di cui all’articolo 45, T.U., che prevede la possibilità di versare il premio in base al tasso in vigore alla data del provvedimento che ha dato luogo al ricorso (articoli 27-28, Mat).
Il ricorso verrà deciso entro 180 giorni con apposita determina presidenziale, fermo restando che entro 90 giorni vi sarà una fase di raffreddamento del contenzioso presso la Direzione regionale Inail di pertinenza, che potrà portare eventualmente alla composizione della controversia.
Conclusioni
Anche in vigenza della nuova tariffa dei premi non cambia l’attenzione che le aziende e i professionisti che le assistono devono porre nel comunicare esattamente le lavorazioni svolte all’Istituto assicuratore.
Il problema non è solo relativo alle complessive lavorazioni aziendali, ma anche alla voce di tariffa applicata a ciascun lavoratore, che spesso, con la nuova tariffa, risponde a logiche diverse: si pensi al personale di vendita che non trova più classificazione alla voce del registratore di cassa, ma a quella prevista per la vendita stessa (e quindi, detto per inciso, nell’esempio della produzione che assorbe il Terziario va classificato alla voce 6211).
Anche la conoscenza del meccanismo relativo alla rettifica è particolarmente importante per saper comprendere subito l’effetto di un errore classificativo e impostare correttamente un eventuale contenzioso.
[1] Su questo aspetti si veda F. Vazio, Nuove tariffe Inail: 0722-0723, una semplificazione che non toglie tutti i problemi, in “La circolare di lavoro e previdenza” n. 35/2019.
[2] Su tale punto, si veda F. Vazio, Nuove tariffe Inail: il punto sul terziario, che diventa produzione, in “La circolare di lavoro e previdenza” n. 31/2019.
[3] L’iter dettagliato del ricorso è descritto in F. Vazio, I ricorsi Inail in materia di rischio: tutti i passaggi di una avventura complessa, in “La circolare di lavoro e previdenza” n. 1/2019.
Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.
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