COVID-19 e le sospensioni dal lavoro
di Luca VannoniL’epidemia COVID-19 si porta in dote, come ulteriore tra i tanti corollari dell’emergenza sanitaria che sta colpendo le regioni del nord Italia, complesse problematiche afferenti alla gestione dei rapporti di lavoro, che non possono trovare ristoro nell’utilizzo dello smart working: dalla sospensione dell’attività delle realtà produttive ubicate nelle c.d. zone rosse a quelle connesse con le ordinanze regionali, all’impossibilità di potere rendere la prestazione da parte di tanti lavoratori.
Riguardo all’impossibilità della prestazione nell’ottica del contratto di lavoro subordinato, essendo un contratto a prestazioni corrispettive o sinallagmatiche, nel momento in cui la prestazione di lavoro non viene eseguita per ragioni oggettive, si deve valutare a quale sfera giuridica ricondurre il mancato adempimento, con la conseguenza che, lasciando al momento sospesa la questione delle tutele previdenziali e, in particolare, degli ammortizzatori sociali, il diritto alla retribuzione permane solo se l’imputabilità dell’impossibilità è riconducibile al creditore, in questo caso il datore di lavoro. Si pensi al caso di un’attività che, per aver impiegato lavoratori irregolari in misura superiore al 20%, sia destinataria di un provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale: l’evidente imputabilità dell’impossibilità di ricevere le prestazioni di lavoro non fa venire meno l’obbligo retributivo.
Nel momento in cui la prestazione diviene impossibile per un fatto di forza maggiore, intendendosi per esso un evento oggettivamente imprevedibile o evitabile ed esterno alla volontà delle parti, si spezza il sinallagma contrattuale, senza responsabilità addebitabili, e si determina la sospensione dell’obbligo retributivo.
Sul punto è particolarmente chiara la sentenza della Suprema Corte n. 6928/2000, dove si afferma che “il principio generale di effettività e di corrispettività delle prestazioni nel rapporto di lavoro, del quale è espressione anche l’art. 2126 c.c., comporta che al di fuori delle espresse deroghe legali (quale, ad esempio, l’art. 2110 c.c.) o contrattuali, la retribuzione spetti solo se la prestazione di lavoro viene eseguita, salvo che il datore di lavoro versi in una situazione di mora credendi nei confronti dei dipendenti”.
Risultano essere allineate anche le indicazioni di prassi fornite dal Ministero del lavoro con la risposta a interpello n. 15/2012, dove si è evidenziato che “l’impossibilità sopravvenuta liberi entrambi i contraenti: il lavoratore dall’obbligo di effettuare la prestazione e il datore dall’obbligo di erogare la corrispondente retribuzione. Restano ferme, tuttavia, le disposizioni dei contratti collettivi di lavoro che, generalmente, contemplano la possibilità per il lavoratore di fruire di titoli di assenza retribuiti connessi al verificarsi di eventi eccezionali”.
Tali principi, in conclusione, si devono declinare anche ai casi interessati dall’epidemia COVID-19: sia le imprese vedono la loro attività sospesa, sia i lavoratori che non possono recarsi sul luogo di lavoro.
Tra i settori che sono stati più pesantemente interessati dall’epidemia del COVID-19, sicuramente il sistema scolastico ha subito la sospensione, per evidenti ragioni sanitarie, più ampia, che interessa l’intera area “gialla” (e anche alcune aree esterne per provvedimenti regionali o delle Autorità locali). Proprio in tale settore è possibile riscontrare, nel Ccnl per le Scuole private materne Fism, all’articolo 59, titolato Sospensione straordinaria dell’attività, una disposizione che prevede che “qualora la sospensione del servizio sia imputabile a causa di forza maggiore e/o per decisione dell’Ente gestore, personale non è tenuto al recupero delle ore e/o dei giorni non prestati, mantenendo il diritto alla retribuzione” .
Fra l’altro, il Fism, con propria circolare n. 9/2020, ha richiamato proprio tale articolo, insieme all’articolo 1256, cod. civ., per considerare tutto il personale dipendente “in assenza giustificata”, senza nulla aggiungere alla questione retributiva.
Risulta del tutto evidente che tale disposizione contrattuale, se vi fosse una sospensione prolungata dell’attività, rischierebbe di portare al collasso tante strutture educative nel momento in cui vengano meno le rette per il loro finanziamento. In secondo luogo, il pagamento della retribuzione precluderebbe le possibilità di intervento con ammortizzatori sociali.
Alla luce di tali considerazioni, stante anche l’eccezionalità dell’evento e le misure di ammortizzazione sociale previste dal D.L. 9/2020, pubblicato in G.U. n. 53/2020, si ritiene corretto, nel momento in cui la sospensione dell’attività determina anche l’interruzione del versamento delle rette, gestire in prima battuta la sospensione con gli ammortizzatori sociali (FIS), senza il riconoscimento della retribuzione, nella speranza che con ulteriori interpretazioni le parti stipulanti del Ccnl colgano l’eccezionalità della situazione, evitando successive integrazioni a carico del datore di lavoro.
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Centro Studi Lavoro e Previdenza – Euroconference ti consiglia:
5 Marzo 2020 a 8:43
Va segnalato che con una successiva circolare, la n. 13 del 3.03.2020, la Fism da indicazione per la compilazione del cedolino paga. Invita a indicare l’anticipo CIG in deroga e pagare regolarmente lo stipendio. Ma il DL 9 del 02.03.2020 non dispone che il trattamento può essere concesso “esclusivamente” con la modalità del pagamento diretto da parte dell’Inps?
11 Marzo 2020 a 13:53
Luca sempre molto interessanti e completi i tuoi articoli.
Speriamo solo che arrivi presto un qualche decreto che aiuti finanziariamente tutte quelle società che hanno problemi finanziari per il pagamento degli stipendi dei dipendenti (metterli in ferie può risolvere la questione dell’assenza ma non il problema del datore a corrispondere il netto).
Può essere uno spunto per un prossimo articolo, perché oggi 11/03, ho letto le indicazioni della fondazione e mi sono cascate le braccia. Parla di cosa sono le ferie, la malattia i permessi…
A presto
17 Marzo 2020 a 19:11
Al contrario, il CCNL terziario confcommercio all’art. 202 prevede che: “In caso di sospensione del lavoro per fatto dipendente dal datore di lavoro e indipendente dalla volontà del lavoratore, questi ha diritto alla retribuzione di fatto di cui all’art. 195 per tutto il periodo della sospensione.
La norma di cui al precedente comma non si applica nel caso di pubbliche calamità, eventi atmosferici straordinari e altri casi di forza maggiore.”
Quindi, mi sembra di capire, che per il settore predetto, nella situazione di emergenza sanitaria causata dal Covid-19 i lavoratori possono non essere retribuiti? o la mia interpretazione non è corretta? E’ vero che la causa è indipendente dal datore di lavoro ma anche dal lavoratore.
18 Marzo 2020 a 9:20
La forza maggiore, esterna alle parti, sospende il sinallagma e, quindi, vengono meno le reciproche prestazioni (prestazione contro retribuzione): è un principio generale da cod. civ.. Il CCNL terziario di fatto richiama tale principio (anche in assenza di previsione espressa si arriverebbe alla stessa conclusione): la sua interpretazione è corretta!!