14 Gennaio 2022

Cosa vuole fare lo Stato per il gender gap nel 2021?

di Giulia Bezzi - CEO di SeoSpirito e Founder Progetto Le ROSA

A gennaio, generalmente, si tirano le somme di tutto, non potevo che non darvi qualche dato interessante proveniente dal Report “Ending Gender – Based Discrimination in G20 countries: A Frame for action” di W20 Italia (Women 20) con OECD.

L’Italia intende lanciare la sua strategia per l’uguaglianza di genere 2021-2025, che è strettamente allineata alle misure del PNRR per promuovere la parità di genere ed è organizzato attorno a cinque pilastri chiave: lavoro, reddito, competenze, condivisione degli oneri familiari e leadership” si legge.

Già perché i dati raccolti, a me, fanno effettivamente molto riflettere:

– le donne lavorano per la famiglia 5 ore, gli uomini solo 2;

– il 50% sostiene che fare la casalinga è appagante quanto lavorare;

– nel 2021 le donne hanno guadagnato 3.000 euro in meno degli uomini all’anno (per il settore bancario e finanza divario ancora più importante).

Mi pongo sempre molte domande, sarà che io ho un hobby come lavoro, lo amo e lo scelgo tutte le mattine. Grazie a una famiglia che mi supporta enormemente, posso permettermi di utilizzare il mio tempo libero per stare con la piccola di casa, invece che passarlo a stirare, pulire, cucinare e fare le spese. Ho scelto di abbandonare l’ufficio e crearlo in casa, fino alla fine delle elementari della piccola, per esserci all’uscita da scuola, accompagnarla a fare sport, esserci mentre fa i compiti. Perché io voglio esserci nella sua vita, non perché la mamma è sempre la mamma. 

Quanto di quello che leggo è causa della cognizione culturale dell’uomo e quanto di quella della donna?

Io sono veramente arrabbiata e conto, immensamente, sulle generazioni future, perché se l’aspirazione massima della metà delle intervistate (20.000 utenti circa per IPSOS, per cui sorrido nella speranza sia il peggior cluster del secolo) è essere casalinghe in un Paese fondato sul lavoro, senza nulla togliere alla categoria, c’è da pensare a destinare i soldi del PNRR ai mariti di queste signore perché li versino nei conti correnti, se mai li hanno aperti.

Toccandola pianissimo, in pieno stile Giulia, la proiezione è:

  • se voglio separarmi, dovrò pesare per bene su mio marito, che dovrebbe già iniziare a risparmiare fin dall’anello di fidanzamento per permettersi, un domani, di pagare la sua sopravvivenza e la mia;
  • se voglio andare in pensione, è il caso che per il mio compleanno, le feste comandate e gli anniversari, mi faccia aprire un conto corrente in cui depositare le paghette, perché sennò rischio pane e acqua (a meno che non decida di rimanere a vita con mio marito, anche se non lo amo più e sono triste, per avere quantomeno la pensione di reversibilità).

E, per chiudere, provocando: cari uomini, voi avete chiaro che non avete il diritto di voler cambiare lavoro se non ne avete già pronto un altro? Di non poter prendere l’anno sabbatico (quante volte l’ho sentito dalle donne non si sa) per decidere come aspirare a una vita differente? Di non poter smettere di amare la donna con cui state perché sennò finite sotto un ponte? 

No, perché io conto su di voi per mandare a lavorare, almeno part-time, il 50% delle intervistate, prendere un’ora e mezza delle 5 passate a sistemare la famiglia per pareggiare i conti e permettere a queste “criste” di rilassarsi e rendervi felici ed evitare si lavori per arrotondare. Perché, alla luce dei dati, sembriamo un bel peso sia per voi che per lo Stato. E io non lotto ogni giorno per questo. Io lotto perché il mio genere cresca  libero e leggero. 

Le rosa