11 Settembre 2019

Contratto di espansione: analisi del nuovo istituto

di Carlo CavalleriIlaria ConteIsabella De Vecchis

Dal 30 giugno 2019 è entrato in vigore il c.d. Decreto Crescita, convertito nella L. 58/2019: molte sono le novità e gli ambiti toccati con questa manovra, con il fine di dare uno slancio all’economia, come semplificazioni e misure fiscali per la crescita e il rilancio degli investimenti privati, norme per la tutela del prodotto italiano e ulteriori misure di crescita, anche verso un’economia ecosostenibile, con ulteriori agevolazioni fiscali. Quanto andremo ad esaminare riguarda “le misure per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi”, così come definite nel testo del decreto, ovvero l’articolo 26-quater, che introduce il contratto di espansione.

 

Premessa

L’articolo 26-quater, D.L. 34/2019, rubricato “Sostegno alle imprese nei processi di sviluppo tecnologico”, va a sostituire il Titolo III, D.Lgs. 148/2015, relativo al contratto di solidarietà espansiva, disciplina che continua a produrre effetto per i contratti in essere, e fino alla loro naturale scadenza, anche se, nella realtà dei fatti, non è stato uno strumento granché utilizzato nel nostro sistema, soprattutto rispetto ai contratti di solidarietà difensivi.

Si tratta di una previsione sperimentale per gli anni 2019-2020, dedicata alle imprese con più di 1.000 dipendenti, volta alla stipula di un contratto finalizzato alla riorganizzazione e reindustrializzazione dei processi produttivi e allo sviluppo tecnologico, attraverso il quale è possibile predisporre dei piani di riqualificazione professionale dei lavoratori in forza all’azienda, predisporre uno scivolo pensionistico per i lavoratori con determinate caratteristiche e programmare l’ingresso di nuove professionalità, ipoteticamente giovani lavoratori, con una predisposizione e titoli di studio.

Abbiamo volutamente specificato il termine “giovani”, perché le nuove figure potranno essere assunte anche con contratto di apprendistato.

Il contratto è soggetto a una procedura burocratica e articolata, tanto da essere definito dalla norma stessa come un “contratto gestionale”. L’azienda che intende prendere questa strada dovrà avviare una procedura di consultazione sindacale, ai sensi dell’articolo 24, D.Lgs. 148/2015, finalizzata alla sottoscrizione del contratto di espansione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ovvero con le Rsa o le Rsu (senza qui entrare nel merito del significato di “maggior rappresentatività”).

 

Procedura per la sottoscrizione del contratto di espansione

Pertanto, dopo aver dato comunicazione alle parti sindacali delle proprie intenzioni, entro 3 giorni le parti dovranno fare richiesta di un esame congiunto e la procedura chiudersi entro i 25 giorni successivi.

Le informazioni richieste nel progetto sono elencate nell’articolo 26-quater, D.L. 34/2019:

  1. il numero dei lavoratori da assumere e l’indicazione dei relativi profili professionali compatibili con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione;
  2. la programmazione temporale delle assunzioni;
  3. l’indicazione della durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro, compresi i contratti di apprendistato professionalizzante di cui all’articolo 44, D.Lgs. 81/2015, relativamente alla richiesta di indicazione di una “durata minima”, si ipotizza possa riferirsi alla necessità di garantire un mantenimento in servizio minimo, altrimenti non avrebbe significato;
  4. in relazione alle professionalità in organico, si dovrà indicare la riduzione complessiva media dell’orario di lavoro e il numero dei lavoratori interessati, nonché il numero dei lavoratori che possono accedere al trattamento previsto dal comma 5, ovvero lo scivolo pensionistico.

 

Misure per il personale in forza

I lavoratori che non hanno i requisiti per accedere allo scivolo pensionistico (vedi infra) possono essere oggetto di una riduzione, nel limite massimo del 30%, come media, dell’orario di lavoro giornaliero, settimanale o mensile. Per ciascun lavoratore vi è, però, la possibilità di concordare, qualora necessario, una riduzione complessiva dell’orario fino al 100% nell’arco temporale di durata del contratto di espansione.

Per agevolare l’azienda nell’effettuare tale operazione, la L. 58/2019 stabilisce che può essere fatta richiesta di intervento della Cigs, per un periodo massimo, in deroga alla disciplina ordinaria (D.Lgs. 148/2015), di 18 mesi, anche non consecutivo.

I lavoratori vengono coinvolti in un progetto di riqualificazione, una formazione specialistica su determinati settori per l’acquisizione di nuove competenze e lo svolgimento, successivamente, di nuove mansioni o un approfondimento e aggiornamento del know how già in possesso, tutto questo in linea con il progetto definito nel contratto.

Tali specifiche, infatti, devono essere ben delineate nel testo dell’accordo: il numero dei lavoratori coinvolti, le ore di formazione, le competenze inziali e quelle da raggiungere, i contenuti della formazione e le modalità di attuazione.

Il tutto è finalizzato, oltre all’aumento della competitività aziendale, al recupero occupazionale del personale oggetto della sospensione o riduzione dell’orario. Questo significa ritorno dei lavoratori a pieno regime, non necessariamente allo svolgimento delle precedenti mansioni o all’interno delle stesse unità produttive. Sarà possibile anche uno spostamento in altre società, più facilmente, ad esempio quando si parla di gruppi d’imprese.

Qualora non si riesca a realizzare un totale riassorbimento del personale, generando pertanto degli esuberi, nel contratto dovrà essere altrettanto dettagliata la relativa modalità di gestione. In tale ipotesi fondamentale è la previsione normativa che consente la possibilità di fruire dell’assegno di ricollocazione, così come disciplinato dall’articolo 24-bis, D.Lgs. 148/2015, anche se la norma, inspiegabilmente, ne parla quando tratta del piano di formazione e riqualificazione, piuttosto che in riferimento agli eventuali lavoratori in esubero.

Brevemente, qualora si verificasse una tale ipotesi, il lavoratore può percepire il c.d. assegno di ricollocazione, un importo da utilizzare presso uno dei soggetti che forniscono servizi di assistenza intensiva personalizzata per la ricerca di occupazione. L’importo dell’assegno non viene riconosciuto alla persona disoccupata, ma all’ente che fornisce il servizio di assistenza alla ricollocazione, e solamente se la persona riesce a trovare lavoro. L’importo dell’assegno varia a seconda del tipo di contratto presso l’azienda uscente e del grado di difficoltà per ricollocare la persona stessa (età, professionalità, etc.).

Parallelamente alle misure per il personale in forza, abbiamo anticipato che l’azienda dovrà definire un piano di nuove assunzioni di personale per lo svolgimento di mansioni inerenti al piano di reindustrializzazione, presumibilmente figure giovani, con la possibilità di fruire anche delle agevolazioni previste nel nostro ordinamento.

 

Lo scivolo pensionistico

Uno dei fini del contratto di espansione è, evidentemente, quello di agevolare un turn over generazionale, favorendo l’ingresso di figure professionali nuove, o comunque adeguatamente formate e tecnologicamente competitive.

L’uscita agevolata, ovvero lo scivolo pensionistico, può coinvolgere i lavoratori che si trovino a non più di 5 anni dal raggiungimento del requisito di pensione di vecchiaia (67 anni) o dalla pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi; 41 anni e 10 mesi le donne) e che, nell’ambito di accordi di non opposizione, abbiano acconsentito all’operazione.

Con la cessazione del rapporto di lavoro l’azienda deve riconoscere un’indennità mensile, ad integrazione della NASpI, qualora spettante, parametrata al trattamento di pensione lordo maturato alla data di cessazione del rapporto (importo stabilito dall’Inps), fino al raggiungimento del primo diritto alla pensione.

Qualora venga prima raggiunto il requisito della pensione anticipata, il datore di lavoro dovrà versare anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto, escludendo il periodo coperto da contribuzione figurativa, per effetto della cessazione del rapporto di lavoro.

Importante clausola di salvaguardia prevista per i lavoratori è il mantenimento dei requisiti pensionistici verificati alla data della stipula del contratto, anche in caso di successive modifiche normative. Visti i “chiari di luna”, e l’attuale situazione politica, tale clausola è figlia delle esperienze passate e finalizzata a evitare situazioni vissute che hanno visto penalizzati numerosi lavoratori.

Naturalmente i benefici di cui sopra saranno riconosciuti entro un limite di spesa, con un monitoraggio da parte dell’Ente previdenziale, presumibilmente costante, considerata la previsione di mancata sottoscrizione degli accordi in caso di raggiungimento, anche previsionale, del plafond previsto. Il decreto stabilisce, inoltre, la possibilità di riconoscere la prestazione anche attraverso i Fondi di solidarietà bilaterali già costituiti o in fase di costituzione.

Tornando all’aspetto procedurale, opportuna precisazione da fare è che il testo dell’accordo, e i nominativi dei lavoratori che hanno acconsentito all’uscita, dovranno essere depositati telematicamente, come da previsione dell’articolo 14, D.Lgs. 151/2015, presso il Ministero del lavoro, entro 30 giorni dalla stipula, pena l’invalidità dello stesso.

Altro aspetto importante, ai fini della piena operatività del contratto di espansione, e in particolar modo dello scivolo pensionistico, sarà l’intervento dell’Inps attraverso una o più circolari esplicative, auspicando in una prepotente solerzia.

 

Quali differenze con il contratto di solidarietà espansiva?

Il contratto di solidarietà è uno strumento presente nel nostro ordinamento da ormai più di 30 anni. Si distingue in 2 tipologie, entrambe caratterizzate dalla riduzione dell’orario di lavoro dei dipendenti in forza, ma con finalità diverse: il contratto di solidarietà difensiva, finalizzato a evitare licenziamenti, il contratto di solidarietà espansiva, volto a incentivare nuove assunzioni.

Statisticamente, il contratto di solidarietà espansiva non ha riscosso grande successo, e anche per questo la disciplina ha subito una profonda riforma con il D.Lgs. 148/2015, nel tentativo di dare più appeal.

Come precedentemente anticipato, il contratto di espansione è andato a sostituire il contratto di solidarietà espansiva.

Vediamo quali sono le principali differenze.

  Contratto di solidarietà espansiva Contratto di espansione
Limiti dimensionali Stipulabile nelle aziende con più di 15 dipendenti. Stipulabile dalle aziende con più di 1.000 lavoratori.
Obiettivo Agevolare nuove assunzioni nel caso di aziende in espansione. Riorganizzazione e reindustrializzazione dei processi produttivi.
Agevolazioni Viene riconosciuto, per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato, un contributo pari al 15% della retribuzione lorda per il primo anno, al 10% per il secondo anno e al 5% per il terzo anno. Per i lavoratori assunti con età compresa fra i 15 e i 29 anni la quota è pari a quella prevista per gli apprendisti (comma 2), quindi il 10%. Non sono al momento previste agevolazioni o riduzioni contributive ad hoc per le nuove assunzioni.
Orario di lavoro Prevede la riduzione definitiva dell’orario dei lavoratori in forza, con conseguente diminuzione della retribuzione, per poter affrontare nuove assunzioni. Prevede una riduzione massima del 30%, che può arrivare al 100% nell’arco temporale di vigenza dell’accordo. Conseguentemente, vi è una riduzione della retribuzione, mitigata dall’intervento della Cigs per un massimo di 18 mesi.
Accesso alla pensione Possibilità di raggiungere la pensione di vecchiaia con 2 anni anticipo, solo se sono stati raggiunti i presupposti minimi di anzianità contributiva e il lavoratore deve aver accettato una riduzione dell’orario di lavoro non inferiore al 50% dell’orario di lavoro praticato. In conseguenza di tale trasformazione, viene riconosciuta la piena cumulabilità del trattamento di pensione nel limite massimo della somma corrispondente a quello retributivo perduto al momento della trasformazione da tempo pieno a tempo parziale, ferma restando, negli altri casi, l’applicazione della legislazione in materia di cumulo tra reddito da lavoro e pensione. Possibilità di anticipare il pensionamento fino a 5 anni con erogazione al lavoratore di un’indennità commisurata al trattamento di pensione lordo maturato al momento della cessazione del rapporto di lavoro, più eventuale accredito dei contributi.

 

Contratto di espansione e isopensione

Altro raffronto che viene quasi naturale proporre è quello tra contratto di espansione e la c.d. isopensione.

L’esodo dei lavoratori anziani è stato introdotto con la Legge Fornero e consente alle aziende che occupano mediamente più di 15 dipendenti di stipulare un accordo con l’Inps e i sindacati dei lavoratori, permettendo di anticipare l’età pensionabile fino a un massimo di 4 anni rispetto alla normativa vigente. L’azienda è vincolata a corrispondere ai lavoratori oggetto dell’accordo, e interamente a suo carico, un assegno pari alla pensione per l’intero periodo di esodo, sino al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento.

Il periodo sopra citato di 4 anni è stato esteso dalla Legge Finanziaria 2018, solamente per il triennio 2018/2020, a 7 anni, sempre al fine di agevolare il ricambio generazionale della forza lavoro nelle imprese.

L’azienda ha l’onere di versare, oltre all’assegno, anche la relativa contribuzione volta a garantire ai lavoratori la copertura pensionistica fino al raggiungimento dei requisiti naturali, senza alcuna penalizzazione sull’importo della pensione per il lavoratore.

Si tratta sicuramente di uno strumento molto più oneroso per l’azienda, essendo totalmente a suo carico, e non essendo prevista nemmeno la possibilità di percepire la NASpI.

  Isopensione Contratto di espansione
Limiti dimensionali Previsto per le aziende con più di 15 dipendenti. Stipulabile dalle aziende con più di 1.000 lavoratori.
Obiettivo Accompagnare i lavoratori vicini alla pensione sia in forma volontaria sia attraverso una procedura di licenziamento, anche collettivo. Riorganizzazione e reindustrializzazione dei processi produttivi anche attraverso un turn over realizzato con uno scivolo pensionistico.
Costi Indennità corrispondente alla pensione maturata, dalla data di cessazione del rapporto e fino al raggiungimento del primo requisito di pensione, più il versamento dei contributi previdenziali calcolati sulla base della media delle retribuzioni percepite nei 4 anni precedenti. Indennità a carico dell’azienda di un importo pari alla pensione maturata a quella data, fino alla pensione di vecchiata, più l’eventuale versamento dei contributi in caso di raggiungimento della pensione anticipata. Il lavoratore, qualora ne abbia le caratteristiche, potrà percepire la NASpI.
Durata Durata massima dello scivolo di 4 anni, estesa a 7 solamente per il triennio 2019-2020. Misura sperimentale solo per il biennio 2019-2020, che consente uno scivolo di massimo 5 anni.
Clausola di salvaguardia Nessuna previsione. Previsto il “congelamento” dei requisiti in vigore alla data dell’accordo, senza alcuna penalizzazione per i lavoratori in caso di variazione successive.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.

 

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