Contratto di apprendistato e modifica delle mansioni in corso di svolgimento: fattibilità, procedure e best practices
di Marco Tuscano Scarica in PDFConsiderate le peculiarità del rapporto di lavoro in apprendistato, caratterizzato dalla causa mista formazione-lavoro, l’eventuale cambio di mansioni durante lo svolgimento del rapporto lavorativo richiede delle apposite riflessioni. A tale scopo, nel corso della presente trattazione, effettuate le dovute premesse, si valuterà la fattibilità del cambio mansione e, una volta consegnata la risposta, si indicheranno le procedure e le best practices da seguire per non cadere in errore.
Premessa
Il contratto di lavoro in apprendistato, di cui agli articoli 41 ss., D.Lgs. 81/2015, per sua essenza, è caratterizzato dalla causa mista: formazione e lavoro.
In altri termini, quelli consegnati dalla giurisprudenza, è doveroso ricordare che il suddetto contratto “con finalità formative, non può essere stipulato al solo scopo di far svolgere durante la durata del contratto, le mansioni tipiche del profilo professionale … ma deve prevedere al contempo un’attività di insegnamento da parte del datore di lavoro, la quale costituisce elemento essenziale e indefettibile del contratto entrando a far parte della causa negoziale”[1].
Il datore di lavoro, pertanto, non può esimersi dal formare l’apprendista nel corso del rapporto lavorativo[2], e questo, ovviamente, correlatamente all’obiettivo da conseguire al termine del periodo di apprendistato, anche alla luce delle notevoli e variegate agevolazioni concesse dal Legislatore a fronte dell’attivazione di questo tipo di rapporto[3] (le quali, ovviamente, devono giustificarsi).
A questo punto, infatti, è necessario rammentare come l’apprendistato sia attuabile in 3 diverse modalità, nel rispetto delle condizioni singolarmente previste, con i diversi obiettivi di seguito indicati:
- l’apprendistato di I livello, ex articolo 43, D.Lgs. 81/2015, il quale è attuato nell’ottica di raggiungere la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore;
- l’apprendistato professionalizzante, ex articolo 44, D.Lgs. 81/2015, che mira a conseguire la qualificazione professionale;
- l’apprendistato di III livello, ai sensi dell’articolo 45, D.Lgs. 81/2015, che è stipulato con l’obiettivo di conseguire titoli di studio universitari e dell’alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, i diplomi relativi ai percorsi degli istituti tecnici superiori ex articolo 7, D.P.C.M. 25 gennaio 2008, per attività di ricerca, nonché ai fini dello svolgimento del praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche.
Orbene, data la natura sostanzialmente univoca delle predette tipologie di rapporto formativo, evidenziata da una radice comune racchiusa nell’articolo 41, D.Lgs. 81/2015, al fine di capire la fattibilità di un cambio mansione in apprendistato – obiettivo del presente contributo – è possibile strutturare un singolo ragionamento.
A tale scopo, nel corso della presente trattazione, si utilizzeranno, oltreché naturalmente gli appositi riferimenti normativi, le indicazioni consegnate sul tema dalla prassi amministrativa, dalla contrattazione collettiva e dalla giurisprudenza.
Le fonti normative
Per riflettere circa la possibilità di un cambio mansione durante il rapporto in apprendistato, è utile prendere a riferimento, prioritariamente, le seguenti fonti normative:
- gli articoli 41-47, D.Lgs. 81/2015, così da individuare le caratteristiche intrinseche dei contratti in analisi;
- l’articolo 2103, cod. civ., riferibile alla prestazione di lavoro del lavoratore subordinato e, segnatamente, alle mansioni in quel contesto assegnate;
- il D.Lgs. 104/2022, relativo alle condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili.
Più nel dettaglio, gli articoli 41-47, D.Lgs. 81/2015, disciplinano il contratto di apprendistato, nelle sue diverse declinazioni, facendo costantemente riferimento alle qualifiche e “qualificazioni”, e non, evidentemente, a una singola mansione. Ed è, infatti, evidente come, all’interno di una singola qualifica, possano coesistere diversi compiti e, appunto, mansioni che convergono insieme nel determinare la prestazione di lavoro; peraltro, risulta chiaro come il complesso di mansioni assegnato al lavoratore, all’atto pratico, dipenda sempre dalle modalità in cui il datore di lavoro organizza la sua attività lavorativa, nella piena libertà sancita dall’articolo 41, Costituzione[4].
Proseguendo nell’analisi, l’articolo 2103, cod. civ., dal canto suo, disciplina il cambio mansione nel rapporto di lavoro dipendente, senza evidentemente escludere gli apprendisti. Ivi, più nel dettaglio, per quanto qui d’interesse, si sancisce che “Il lavoratore) deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte. …
Il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario, dall’assolvimento dell’obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni.
Ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale, possono essere previste dai contratti collettivi.
Nelle ipotesi di cui al secondo e al quarto comma, il mutamento di mansioni è comunicato per iscritto, a pena di nullità, e il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa. …
Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta e l’assegnazione diviene definitiva, salva diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi”.
Vi è, poi, da considerare quanto sancito in tema di “trasparenza” dal D.Lgs. 104/2022; il predetto riferimento normativo, infatti, impone al datore di lavoro l’obbligo di “comunicare a ciascun lavoratore in modo chiaro e trasparente”[5] le informazioni riguardanti il rapporto di lavoro, ivi compreso, com’è ovvio, l’aspetto fondamentale relativo alle mansioni.
Il combinato disposto dalle norme sopra indicate, in buona sostanza, permette di chiarire che l’apprendista possa essere adibito a più mansioni, purché mirate al raggiungimento dell’obiettivo del contratto in apprendistato, le quali, preferibilmente, debbono essere comunicate nella loro totalità ex ante, in sede di sottoscrizione del contratto individuale; resta, poi, ferma l’astratta possibilità di una variazione delle mansioni, in ossequio, ancora una volta, al percorso di apprendistato, e comunque nel rispetto delle procedure sancite dall’articolo 2103, cod. civ..
La prassi amministrativa
Mediante il Manuale operativo dal titolo “Il contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore – Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81 art. 43”, il Ministero del lavoro offre una serie di preziosi chiarimenti in merito all’eventualità di un cambio mansione durante il periodo di apprendistato (in particolare di I livello).
Nel dettaglio, in quella sede si chiarisce che:
- “Al fine di compilare le sezioni … del PFI, l’istituzione formativa avrà l’esigenza di coordinarsi con il datore di lavoro per: verificare quali attività/mansioni l’apprendista svolgerà nell’esercizio dell’apprendistato e la corrispondenza con le competenze da conseguire”; e
- “La qualifica professionale (ISTAT) è determinata dal complesso delle mansioni che vengono espletate dal lavoratore e deve essere direttamente correlabile al titolo che costituisce la finalità del contratto di apprendistato di primo livello”.
In altri termini, le indicazioni fornite dalla prassi menzionata evidenziano la possibilità di assegnare un complesso di mansioni all’apprendista di I livello, purché le stesse permettano di conseguire con coerenza l’obiettivo dell’apprendistato, ossia, in poche parole, il titolo scolastico.
Tale concetto, benché esplicitamente riferito al contratto lavorativo ex articolo 43, D.Lgs 81/2015, pare senza dubbio alcuno traslabile alle ulteriori tipologie di apprendistato: indiscutibilmente, all’apprendistato di III livello, per molti aspetti fortemente aderente all’apprendistato di I livello[6], e invero anche all’apprendistato professionalizzante, il cui obiettivo è l’ottenimento di una qualifica professionale e non lo svolgimento di una singola mansione.
Pertanto, che l’obiettivo dell’apprendistato sia un titolo di studio o una qualifica, l’apprendista risulta poter essere assoggettato a una serie di mansioni differenti e, conseguentemente, anche a una variazione della mansione principale, a condizione che l’assegnazione si dimostri coerente e non in contrasto con il percorso formativo predeterminato; elemento questo inderogabile ai fini della genuinità del rapporto, improntato alla crescita e al raggiungimento dell’obiettivo formativo.
La giurisprudenza
La sentenza n. 15055/2010 della Corte di Cassazione fa riferimento, expressis verbis, alla possibilità che l’apprendista sia assegnatario di più mansioni. In particolare, la sentenza richiamata si esprime sulla possibilità di godere per un ulteriore anno, così come disciplinato dall’articolo 21, comma 6, L. 56/1987, delle agevolazioni contributive previste nel corso dell’apprendistato, a fronte di un cambio di mansioni.
Nell’occasione, con riferimento alla legge surrichiamata, gli Ermellini chiarirono che: “Il testuale riferimento alla “trasformazione” del rapporto implica una continuità tra iniziale apprendistato e successivo rapporto a tempo indeterminato, continuità che è assicurata proprio dall’utilizzo, nella qualifica appropriata, della formazione ricevuta dal lavoratore come apprendista. E’ questo “buon esito” dell’apprendistato, traslato nell’ordinario rapporto a tempo indeterminato, a giustificare che il beneficio contributivo si protragga per un ulteriore anno, laddove il beneficio stesso sarebbe senza causa se il lavoratore, completato con esito favorevole l’apprendistato in riferimento a determinate mansioni, fosse assegnatario di mansioni diverse, non riferibili alla formazione ricevuta durante l’apprendistato, trattandosi in tale evenienza della costituzione di un nuovo rapporto di lavoro, che seguirebbe quello di apprendistato solo in termini temporali, e non già della “trasformazione” di quest’ultimo”.
In altri termini, la Suprema Corte sancisce l’impossibilità di beneficiare delle agevolazioni di cui all’articolo 21, comma 6, L. 56/1987, allorquando le mansioni espletate dal lavoratore, in seguito alla trasformazione (rectius, conferma) del rapporto lavorativo non fossero coerenti con la qualifica conseguita in apprendistato. Il giudizio, pertanto, poggia le sue fondamenta non tanto su un’eventuale variazione di mansione stricto sensu (evidentemente possibile), bensì sulla circostanza che il cambio di mansioni fuoriesca dai binari tracciati ex ante dal contratto di apprendistato, il quale, come detto, mira a una predeterminata qualifica o qualificazione.
La contrattazione collettiva: esempi pratici
La contrattazione collettiva, come di consueto, assume un ruolo fondamentale nella gestione dei contratti in apprendistato. In quella sede, infatti, sono consegnati i vari profili formativi concretizzabili, le molteplici delimitazioni concernenti tale tipologia di rapporto, ma anche gli aspetti temporali relativi alla sua concretizzazione.
Per quanto sopra, in tema di mansioni e, soprattutto, di variazione delle stesse durante il periodo formativo, al fine di una migliore comprensione, giova ricorrere all’analisi empirica di alcuni contratti collettivi.
A tale scopo, di seguito si prendono a riferimento il Ccnl Terziario, distribuzione e servizi[7], e il Ccnl Gomma e plastica industria, quest’ultimo valido per i dipendenti delle aziende iscritte alle seguenti Associazioni: Federazione Gomma Plastica e Airp – Associazione italiana ricostruttori pneumatici[8].
Relativamente alle qualifiche che possono essere oggetto di apprendistato professionalizzante, il Ccnl Terziario, distribuzione e servizi chiarisce che “L’apprendistato professionalizzante, quale contratto a contenuto formativo volto all’acquisizione di specifiche competenze professionali, è ammesso … per tutte le qualifiche e mansioni comprese nel secondo, terzo, quarto, quinto e sesto livello della classificazione del personale, con esclusione delle figure professionali individuate nei punti n. 21), 23) e 24) del quinto livello”[9] e di ulteriori figure ivi individuate. All’allegato 1 al Ccnl vengono poi indicati, più specificatamente, i profili formativi “apprendistabili”.
A titolo esemplificativo, per quanto concerne i “servizi generali”, tra i tanti, s’individua il profilo dell’“addetto amministrativo” e, all’interno di questo, è ulteriormente identificata, fra le molte altre, la qualifica del “Contabile/impiegato amministrativo”.
Orbene, tale qualifica risulta indubbiamente poter essere svolta in diverse modalità, e quindi mediante l’assegnazione di diverse mansioni, correlatamente al sistema organizzativo predisposto, in libertà[10], dal datore di lavoro, rectius imprenditore (utilizzando le diciture dettate dal codice civile).
Si noti come nella classificazione del Ccnl, all’articolo 113, terzo livello, n. 14, si stabilisce che la suddetta figura attiene al “personale che in condizioni di autonomia operativa e di adeguata determinante iniziativa nell’ambito delle proprie mansioni, sulla base di istruzioni e applicando procedure operative complesse relative al sistema contabile e/o amministrativo adottato nell’ambito dello specifico campo di competenza, è incaricato di svolgere congiuntamente i seguenti compiti: rilevare, riscontrare, imputare, contabilizzare dati e chiudere conti, elaborare situazioni contabili ed effettuare operazioni anche funzionali a bilanci preventivi o consuntivi, evidenziare posizioni irregolari e gestire i conseguenti interventi operativi”.
Ebbene, pare ovvio che, nel corso del periodo di apprendistato, ben potrebbe rendersi necessario variare le mansioni specificamente richieste al lavoratore, tanto in relazione a eventuali cambi di software, ad esempio, oppure per via di eventuali esternalizzazioni o, viceversa, internalizzazioni; scelte queste indubbiamente possibili, ma soprattutto lecite, per perseguire la miglior efficienza dell’organizzazione. In questi casi, all’apprendista “contabile/impiegato amministrativo” potrebbero essere, dunque, variate le mansioni, senza tuttavia variare la destinazione finale del percorso in apprendistato.
Voltando parzialmente pagina, per un’ulteriore esemplificazione, il Ccnl Gomma e plastica industria, dal canto suo, si spinge financo a dichiarare che “per esigenze organizzative e/o produttive, e con il consenso dell’apprendista, nel corso del rapporto di apprendistato professionalizzante o di mestiere il piano formativo individuale potrà essere modificato, anche al fine di pervenire a una diversa qualificazione professionale”.
Quanto sopra, evidentemente, manifesta la possibilità di attuare, nel corso dell’apprendistato, un cambio di mansioni, ovviamente nel rispetto della costruzione (o modificazione) di un piano formativo volto a informare il lavoratore, oltreché nel rispetto delle previsioni di legge.
Best practices e procedure
Considerate le particolarità insite nella gestione del rapporto di lavoro in apprendistato, e tenuto conto di tutte le fonti sopra illustrate, è possibile individuare alcune best practices e procedure al fine di gestire correttamente l’assegnazione a diverse mansioni, ovvero il cambio mansione, dell’apprendista.
Come primo aspetto, quale che sia la tipologia di apprendistato in attivazione, in sede di contrattazione individuale dovrà essere inserito, laddove già conosciuto, l’intero novero delle mansioni a cui sarà adibito il lavoratore, esplicitando nel piano formativo di cui all’articolo 42, comma 1, D.Lgs. 81/2015, l’impatto e la correlazione delle diverse mansioni sul percorso formativo e di crescita.
In merito a questo aspetto, si presti attenzione, in particolare, a quanto specificatamente definito, per l’apprendistato di I e III livello, con il D.M. 12 ottobre 2015, laddove si prevede che:
- “Per la realizzazione dei percorsi di apprendistato per attività di ricerca, i contenuti e la durata della formazione sono definiti nel piano formativo individuale, in coerenza con il progetto di ricerca e le mansioni assegnate all’apprendista”[11];
- “La durata effettiva del contratto di apprendistato nonché la determinazione della formazione interna ed esterna sono definiti nell’ambito del piano formativo individuale di cui all’art. 4, in rapporto alla durata ordinamentale prevista per la qualificazione da conseguire e tenendo anche conto delle competenze possedute in ingresso dall’apprendista e delle funzioni e mansioni assegnate allo stesso nell’ambito dell’inquadramento contrattuale”[12].
Tenuto conto delle modalità di predisposizione del piano formativo individuale, che per espressa previsione, in questi casi, è “redatto dall’istituzione formativa con il coinvolgimento del datore di lavoro”[13], le mansioni assegnate ab origine all’apprendista di I e III livello dovranno essere concordate e valutate ex ante tanto dall’attore datoriale quanto dall’istituto scolastico, per garantire la coerenza dell’apprendistato, in questo caso legato a doppio filo con il percorso di studi.
Voltando pagina, allorquando si rendesse necessaria una variazione in corso d’opera delle mansioni assegnate al lavoratore, ipotesi questa invero non remota, attesa la possibilità per il datore di lavoro di modificare la sua organizzazione produttiva e lavorativa, si rendono necessarie diverse e apposite riflessioni.
Considerato che l’apprendista potrebbe essere assegnatario di ulteriori e nuove mansioni, le stesse dovranno, in primis, essere coerenti con il percorso e la destinazione dell’apprendistato, in secundis, essere assegnate nel rispetto delle fonti in precedenza viste.
In merito al primo punto, considerata la natura formativa del percorso in apprendistato, che per sua essenza prevede un’ascesa verso competenze maggiori, la variazione delle mansioni risulta possibile in orizzontale oppure verso l’alto; in quest’ultimo caso, però, non si potrà oltrepassare il limite invalicabile della qualifica da raggiungere al termine del percorso, poiché tale ipotesi non implicherebbe, unicamente, una maggiorazione della retribuzione, ex articolo 2103, cod. civ., ma potrebbe legittimare un disconoscimento del contratto di apprendistato, a quel punto astrattamente ingiustificato, con tutto ciò che ne consegue.
In merito al secondo punto, la variazione delle mansioni, nel rispetto dell’articolo 2103, cod. civ., richiederebbe quantomeno il rispetto dei seguenti step:
- che le nuove mansioni siano appartenenti allo stesso livello di quelle espletate in quel frangente del periodo di apprendistato e che sia comunque rispettata la categoria legale di inquadramento;
- che il mutamento di mansioni sia comunicato per iscritto al lavoratore;
- che la variazione della mansione sia accompagnata da un’integrazione ed effettuazione del percorso formativo, anche mediante l’aggiornamento del piano formativo, in coerenza con le nuove assegnazioni; se, infatti, normalmente il “mancato adempimento (di quanto detto, ndA) non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni”, in caso di apprendistato la mancata strutturazione ed effettuazione di una consona formazione potrebbe causare il disconoscimento del rapporto agevolato.
D’altro canto, non si ravvisa, invece, la possibilità di una revisione verso il basso in via definitiva delle mansioni assegnate all’apprendista, attesa la natura del rapporto.
Si presti attenzione al fatto che, per quanto concerne i contratti di apprendistato di I e III livello, la procedura di variazione della mansione risulta indubbiamente più articolata; difatti, se risulta comunque possibile un aggiornamento delle mansioni, considerato che “Il piano formativo individuale può essere modificato nel corso del rapporto, ferma restando la qualificazione da acquisire al termine del percorso”[14], tale variazione dovrà comunque essere oggetto di valutazione tra la figura datoriale e l’istituzione formativa, la quale, come visto, mantiene un alto grado d’influenza nell’espletamento del rapporto[15].
In conclusione, la variazione delle mansioni risulta possibile anche nei rapporti di apprendistato, ma in tali ipotesi le attenzioni da riporre dovranno essere maggiori: infatti, oltre a doversi considerare le classiche fonti normative, e le correlate procedure, atte a permettere le diverse assegnazioni, in parallelo si dovrà valutare la coerenza del percorso, oltreché predisporre, tanto sul piano documentale quanto su quello operativo, la nuova formazione resasi necessaria.
[1] Cassazione, n. 5375/2018.
[2] Preme evidenziare come, d’altro canto, anche l’apprendista abbia il dovere di seguire la formazione resagli disponibile dal datore di lavoro.
[3] Il rapporto di apprendistato è foriero di agevolazioni di tipo contributivo, retributivo e normativo.
[4] Per un’esemplificazione concreta: il datore di lavoro, nel settore terziario, che assume un commesso addetto alla vendita al pubblico, potrebbe in taluni casi richiedere la gestione della cassa, in altri no.
[5] Estratto dell’articolo 3, D.Lgs. 104/2022.
[6] Tra i molti aspetti, si veda l’articolo 41, comma 3, D.Lgs. 81/2015.
[7] Il Ccnl è sottoscritto tra Confederazione generale italiana del commercio, del turismo, dei servizi, delle professioni e delle PMI, Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs-Uil.
[8] Il Ccnl è sottoscritto tra Federazione gomma plastica, Confederazione generale dell’industria italiana, Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil.
[9] Estratto dell’articolo 62 del Ccnl richiamato.
[10] Articolo 41, Costituzione.
[11] Articolo 5, comma 10, D.M. 12 ottobre 2015.
[12] Articolo 2, comma 3, D.M. 12 ottobre 2015.
[13] Articolo 5, comma 3, D.M. 12 ottobre 2015.
[14] Articolo 5, comma 4, D.M. 12 ottobre 2015.
[15] Per meglio comprendere la natura di queste tipologie di apprendistato, si tengano in considerazione le parole del Ccnl Metalmeccanica industria, che testualmente parla “del doppio status di studente e lavoratore dell’apprendista”, all’articolo 1, parte “Disciplina dell’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore”.
Si segnala che l’articolo è tratto da “Contratti collettivi e tabelle”