Contratti a termine stagionali e somministrazione
di Salvatore Luca LucarelliA seguito delle ultime modifiche in senso restrittivo apportate alla normativa relativa ai rapporti di lavoro a tempo determinato, anche in somministrazione, risulta ancor più rilevante un’attenta valutazione dei margini di flessibilità e di deroga alla disciplina generale per quelle ipotesi legate a particolari esigenze o caratteristiche del rapporto di lavoro, come ad esempio nei casi di stagionalità.
La stagionalità nel rapporto a termine: profili generali
Anche alla luce delle ultime modifiche, invero per lo più in senso restrittivo, occorse alla normativa dei contratti di lavoro a tempo determinato, ha assunto ancora maggior rilievo la qualifica di stagionalità, in quanto presupposto di accesso a margini di flessibilità nella gestione dei rapporti a termine. Appare necessario evidenziare come, benché vi sia stata una generale espansione dell’applicazione della normativa dei rapporti a termine alla somministrazione a tempo determinato, non risulta corretto considerare scontata l’applicazione di talune disposizioni generali anche alla somministrazione, emergendo invero non poche incertezze e ambiguità a tal proposito.
In riferimento alle eccezioni riservate alle attività stagionali, emerge in primis quanto stabilito dall’articolo 19, D.Lgs. 81/2015, così come modificato dal c.d. Decreto Dignità, che prevede, al comma 2, che la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro, non può superare i 24 mesi, tenendo conto, ai fini del computo di tale periodo, dei periodi di missione nell’ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato, con l’eccezione delle attività stagionali di cui all’articolo 21, comma 2, ovvero quelle “individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi. Fino all’adozione del decreto di cui al secondo periodo continuano a trovare applicazione le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525”.
Tra le disposizioni che conferiscono un maggior grado di flessibilità ai rapporti a termine rientranti in tale ambito, troviamo anche l’articolo 23, commi 2 e 3, D.Lgs. 81/2015, che esclude dal limite quantitativo, nonché da altre limitazioni eventualmente previste dalla contrattazione collettiva, i contratti a tempo determinato stipulati nelle attività stagionali: i contratti a termine stagionali non concorrono, pertanto, ad alimentare la percentuale legale del 20% quale limite dei contratti a tempo determinato stipulabili, o altre percentuali previste dalla contrattazione collettiva.
Come stabilito dall’articolo 21, D.Lgs. 81/2015, il contratto a tempo determinato può essere rinnovato solo a fronte delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, relative a esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori ed esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria, mentre le medesime condizioni devono sussistere in caso di proroghe che comportino il superamento di 12 mesi di durata. La normativa prevede esplicitamente che i contratti per attività stagionali possono essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle condizioni di cui sopra.
Pertanto, i contratti di lavoro per attività stagionali possono essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle esigenze ex articolo 19, comma 1, D.Lgs. 81/2015.
Nei confronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali non trova applicazione nemmeno quanto stabilito relativamente agli intervalli che devono necessariamente decorrere in caso di riassunzione e previsti dall’articolo 21, D.Lgs. 81/2015, il quale stabilisce che “qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro 10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a 6 mesi, ovvero 20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a 6 mesi, il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato”.
Inoltre, anche in relazione al diritto di precedenza ex articolo 24, D.Lgs. 81/2015 – in base a cui il lavoratore che nell’esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso lo stesso datore di lavoro presti attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine – è prevista la specifica per cui il lavoratore a termine stagionale ha diritto di precedenza con riferimento a nuove assunzioni a termine effettuate per le medesime attività stagionali.
Relativamente, invece, al contributo addizionale – introdotto dall’articolo 2, comma 28, L. 92/2012, e previsto anche in caso di rinnovi contrattuali e con le maggiorazioni introdotte dall’articolo 3, comma 2, D.L. 87/2018 – come precisato nel messaggio Inps n. 4441/2015, questo non si applica ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali di cui al D.P.R. 1525/1963, ma l’esenzione non spetta per le attività stagionali individuate dai contratti collettivi.
Tali previsioni si inseriscono nel generale perimetro delimitato principalmente dal D.P.R. 1525/1963, attualmente la principale fonte utile a definire le attività stagionali, e dalla contrattazione collettiva, che risulta avere, spesso esercitandola, la pregativa di definire le attività rientranti nel concetto di stagionalità. In tal senso si rammenta che la contrattazione collettiva è quella dell’articolo 51, D.Lgs. 81/2015, ovvero relativa ai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali (Rsa) o dalla rappresentanza sindacale unitaria (Rsu).
In riferimento al coordinamento temporale tra fonti legali e collettive, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nella risposta a interpello n. 15/2016, ha precisato che “il rinvio medio tempore al D.P.R. n. 1525/1963 avviene in ‘sostituzione’ dell’emendato decreto ministeriale e non anche delle ulteriori ipotesi di esclusione individuate dalla contrattazione collettiva alla quale, così come in passato, è demandata la possibilità di ‘integrare’ il quadro normativo. Nell’ambito di tali ulteriori ipotesi si ritiene possibile annoverare, in ragione dell’ampio rinvio contenuto alla contrattazione collettiva, anche quelle attività già indicate come stagionali nei contratti collettivi stipulati sotto la vigenza del D.Lgs. n. 368/2001, in continuità con il previgente quadro normativo”.
Somministrazione e stagionalità
Le flessibilità oggettivamente necessarie per una corretta gestione di rapporti a termine legati a esigenze stagionali devono considerare l’attuale contesto caratterizzato non solo da un accrescimento dei vincoli da osservare per i rapporti a termine, ma anche dall’espansione di tali vincoli ai contratti a termine in somministrazione, essendo stato previsto con il D.L. 87/2018, in caso di assunzione a tempo determinato, l’estensione al rapporto tra l’agenzia di somministrazione e il lavoratore della disciplina del contratto a termine di cui al Capo III, D.Lgs. 81/2015, con esclusione delle disposizioni relative alla riassunzione a tempo determinato, al numero complessivo di contratti a tempo determinato e ai diritti di precedenza, di cui agli articoli 21, comma 2, 23 e 24.
La dinamica stratificatrice dovuta al susseguirsi di interventi normativi ha portato all’emersione di alcuni dubbi interpretativi e incertezze circa le possibilità di applicazione analogica di disposizioni il cui ambito di applicazione non risulta univocamente definito.
È ad esempio il caso dei limiti numerici dei rapporti a termine previsti dall’articolo 23, D.Lgs. 81/2015, il quale stabilisce che “salvo diversa disposizione dei contratti collettivi non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione, con un arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5. Nel caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione. Per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato. Sono esenti dal limite di cui al comma 1, nonché da eventuali limitazioni quantitative previste da contratti collettivi, i contratti a tempo determinato conclusi (…) per lo svolgimento delle attività stagionali di cui all’articolo 21, comma 2”.
Pertanto, se risulta esplicito che le soglie di contingentamento non si applicano alle attività stagionali, in ordine ai limiti numerici per i rapporti in somministrazione, il riferimento è invece l’articolo 31, dove non risultano stabilite deroghe legate alla stagionalità e che prevede: “salva diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore e fermo restando il limite disposto dall’articolo 23, il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti, con arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5. Nel caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipulazione del contratto di somministrazione di lavoro. E’ in ogni caso esente da limiti quantitativi la somministrazione a tempo determinato di lavoratori di cui all’articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, di soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell’articolo 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali”.
L’articolo 31, pertanto, indica puntualmente i casi di esenzione dai limiti quantitativi, nulla prevedendo in merito alle ipotesi di stagionalità.
In definitiva, appare un’occasione mancata l’assenza di riferimenti nella contrattazione collettiva nazionale del settore della somministrazione ad attività stagionali, nello specifico le parti non hanno nemmeno colto l’occasione recente rappresentata dalla sottoscrizione dell’accordo di rinnovo del Ccnl Agenzie di somministrazione del 27 febbraio 2014, scaduto il 21 dicembre 2016, e firmato dalle organizzazioni sindacali di settore, Nidil Cgil, Felsa Cisl e Uiltemp, e l’associazione di rappresentanza datoriale Assolavoro. Tuttavia, la contrattazione collettiva ha comunque reagito ai nuovi vincoli andando a regolare quegli spazi di deroga possibili anche in riferimento alle attività stagionali, ma, proprio alla luce delle accennate incertezze relative al coordinamento tra le norme generali relative ai contratti stagionali e la disciplina della somministrazione, risulta opportuno valutare con attenzione la possibilità di regolazione, tramite contrattazione di secondo livello, delle ipotesi di stagionalità nell’ambito di contratti di somministrazione, anche semplicemente limitandosi a chiarire l’applicabilità ai contratti in somministrazione delle deroghe previste per i rapporti di lavoro caratterizzati da stagionalità.
Si segnala che l’articolo è tratto da “Contratti collettivi e tabelle“.
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