10 Dicembre 2019

Contratti di prossimità: il Tribunale di Firenze boccia il sottoinquadramento senza il dettaglio della finalità

di Francesco Natalini

La sentenza n. 528/2019 del Tribunale di Firenze torna ad occuparsi del contratto di prossimità ex articolo 8, D.L. 138/2011, una delle fattispecie più avversate, soprattutto da parte di una certa area sindacale, per motivi che apparentemente potrebbero apparire paradossali, cioè principalmente per il fatto che la Legge attribuisce a tale tipologia di contratto di II livello dei poteri straordinari, capaci di derogare addirittura rispetto alle Legge, oltre che a eventuali limiti, vincoli imposti dalla contrattazione collettiva nazionale. Il paradosso sta proprio in questa eccezionale prerogativa, che dovrebbe essere, invece, gradita alle OO.SS., atteso che potrebbe diventare una forte carta da giocare nelle trattative con l’azienda. Ma forse il timore risiede nel fatto che la normativa prevede la stipula di tali intese solo al II livello di contrattazione (inibendo il livello nazionale) e questo potrebbe suscitare qualche timore, visto che, a causa di un’eccessiva frammentazione sindacale, si potrebbe perdere il controllo delle “periferie”.

Il giudice del lavoro fiorentino esamina il caso di un contratto ex articolo 8, D.L. 138/2011, sottoscritto da una Rsa Uil, composto da un unico componente, ma in questo senso ritiene che non vi siano preclusioni, atteso che non vi sono vincoli minimi rispetto al numero dei componenti affinché tale organismo possa essere validamente costituto, ben potendo essere composta da un solo soggetto, anche se è pur vero che le Rsa ex articolo 19, L. 300/1970, rappresentando solo i lavoratori iscritti al sindacato, potrebbe avere una rappresentatività limitata, diversamente dalle Rsu che, invece, sono espressione di tutti i lavoratori dell’azienda, a prescindere che siano o meno iscritti.

Era, quindi, una sentenza che era “partita bene” per il datore di lavoro (convenuto), nel momento in cui il giudice aveva respinto l’eccezione proposta dal ricorrente circa il difetto di rappresentatività del sindacato stipulante (con richiesta di considerare nulla la Rsa), ma poi è finita “in malo modo”, perché il giudicante ha ritenuto che il contratto di prossimità difettasse del requisito teleologico inserito nella parte finale dell’articolo 8, comma 1, citato, ovvero quello che finalizza le intese raggiunte nel contratto di prossimità “alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività”.

Nel caso di specie il contratto collettivo in esame stabiliva un sottoinquadramento dei lavoratori con funzioni di operatore assistenziale, da inquadrarsi nel livello A1 anziché nel C1 previsto dal Ccnl cooperative sociali.

A dire il vero, sulla valenza di tali presupposti ai fini della legittimità del contratto, cioè se tali obiettivi possano essere determinanti ai fini della validità del contratto di prossimità o se siano lì “solo di facciata” (cioè con una valenza, per così dire, “ordinatoria”) si erano formate in dottrina correnti di pensiero contrastanti, soprattutto nella prima fase di vita della Legge, con una prevalenza per la tesi “elastica” (a cui aderiva anche chi scrive), convinti che la genericità e la fumosità di alcune espressioni (ad esempio cosa significhi “qualità dei contratti di lavoro” non è dato sapere), prestandosi alla logica del “bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto”, avrebbero potuto ingenerare uno sterile contenzioso, dove, stante per l’appunto la menzionata genericità, la sussistenza o meno delle condizioni finalistiche sarebbe stata rimessa nelle mani del giudice che avrebbe goduto (più di quanto avviene normalmente) di una discrezionalità assoluta.

Il Tribunale di Firenze, evidentemente, non la pensa così, nel momento in cui ritiene che sia proprio l’assenza di tali “obiettivi di scopo” a far “saltare” il contratto di prossimità, riconoscendo al lavoratore il diritto ad essere disciplinato secondo le regole del Ccnl (come si è detto, nel caso specifico, il contratto di prossimità conteneva una deroga in pejus rispetto all’inquadramento contrattuale previsto dal contratto nazionale). Ciò in quanto il sottoinquadramento, secondo il giudice, non integra alcuno degli obiettivi richiesti dal comma 1, risolvendosi in una situazione di mero vantaggio per il datore di lavoro, che può permettersi di avere manodopera a un costo inferiore.

Non va, però, dimenticato che sono diversi i Ccnl che prevedono il sottoinquadramento (soprattutto in una fase iniziale), a cui si aggiunge per definizione la disciplina legale dell’apprendistato e nessuno ha mai chiesto conto di tale penalizzazione, di guisa che l’obiettivo finalistico, magari non immediato, è pur sempre quello di favorire l’occupazione.

Inoltre, non va dimenticato che il contratto di prossimità esige che da parte sindacale vi sia la presenza di “associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale, ovvero dalla loro rappresentanze sindacali”, sicché chi scrive ritiene che la presenza stessa di un sindacato leader firmatario dovrebbe essere di per sé garanzia che in qualche modo il lavoratore, ancorché “oggettivamente” penalizzato, possa vedere il suo sacrificio proiettato in un’ottica di preservazione del posto di lavoro, o comunque di superamento di periodi di crisi aziendali.

Per dirla in breve, un sindacato non firma un contratto di questo tipo (che, per di più, come si diceva, negli anni è stato alquanto osteggiato, a volte anche per motivi meramente ideologici) se non è pienamente convinto che vi sia una prospettiva di ripresa e salvaguardia dell’occupazione e che sia una scelta obbligata per rimanere sul mercato.

A tal proposito, se proprio vogliamo essere rigorosi nell’interpretazione letterale di tali obiettivi finalistici, non sfuggirà all’interprete che tra questi vi sono anche gli “incrementi di competitività”, che potrebbero realizzarsi ricorrendo, perché no, proprio a un sottoinquadramento.

Ma c’è un’ulteriore riflessione che si intende proporre rispetto a una decisione che appare, prima facie, forse troppo sbrigativa, cioè che se è vero che la classificazione, l’inquadramento e le mansioni rientrano nel “catalogo” di cui all’articolo 8, comma 2, D.L. 138/2011 (ricordiamo che, secondo la sentenza n. 221/2012 della Corte Costituzionale, la presenza nell’elenco di cui al richiamato comma 2, è condizione “necessaria” per trattare una determinata fattispecie nell’ambito di un contratto di prossimità), è altrettanto vero che una deroga in pejus al Ccnl (ammesso che non vi siano particolari veti presenti nello stesso contratto nazionale) potrebbe essere pattuita, per tali materie, anche per il tramite di un “normale” contratto di II livello, per di più senza avere necessità di dover rispettare alcun tipo di vincolo finalistico.

In buona sostanza, la tesi che si intende sostenere è molto semplice: se una determinata tematica può essere trattata anche con un contratto collettivo di II livello – non necessariamente di prossimità ex articolo 8, D.L. 138/2011 – (ovviamente, purché sempre sottoscritto con le OO.SS. leader, ovvero con le loro Rsa/Rsu), non si comprende perché si debba pretendere particolari condizioni e vincoli solo per il fatto che al contratto si è data tale ultima veste, visto che non dovrebbe essere vietato, a questo punto, “degradarlo” a un ordinario contratto di II livello (nel nostro caso: aziendale), togliendogli l’etichetta di fattispecie ex articolo 8.

Un’ultima riflessione si intende proporla sulla questione della possibilità di ridurre in pejus la retribuzione, tema che è stato solo sfiorato nella sentenza. In questo caso, a parere di chi scrive, siamo nel caso opposto rispetto all’esclusiva trattazione di una materia nell’ambito del contratto di prossimità (ad esempio, come si diceva in nota: la responsabilità solidale in materia di appalto), nel senso che esulando il trattamento retributivo dall’elenco delle materie disciplinabili ex comma 2 deve essere tassativamente gestito con la normale contrattazione di II livello. In ogni caso, anche a volerla disciplinare in un contratto di prossimità, una retribuzione troppo bassa potrebbe confliggere con l’equa retribuzione ex articolo 36, Costituzione (che può essere contestata anche in ipotesi di previsioni contenute nella contrattazione collettiva), integrando il limite che anche i contratti di prossimità hanno, laddove l’articolo 8, comma 2-bis, dispone per l’appunto quale primo vincolo il “rispetto della Costituzione”, oltre a quelli che possono derivare dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro.

 

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