19 Marzo 2021

Consulenze fonografiche

di Michele Donati

La vita veramente

Fulminacci

Maciste Dischi/Artist First

2019

 

Il Festival di Sanremo 2021 passerà alla storia per l’edizione senza pubblico e con applausi registrati per via delle misure anti-COVID (con polemiche annesse); ma, dal punto di vista, artistico l’auspicio è che resti comunque il buono che si è visto e ascoltato (secondo ovviamente la sensibilità e i gusti di ognuno).

Tra questo buono da salvare, almeno a parere del sottoscritto, va sicuramente menzionato un giovane cantautore dalla penna interessante e dal nome d’arte che sintetizza quello anagrafico.

Fulminacci, al secolo Filippo Uttinacci, romano, 24 anni il prossimo settembre, grazie al palco dell’Ariston, ha avuto modo di dare risonanza a un talento che già nell’ambiente musicale era conosciuto.

È di questi giorni l’uscita del suo secondo lavoro discografico Tante Care Cose, che, tra le altre tracce, contiene anche Santa Marinella, che lo ha visto protagonista nella kermesse della città dei fiori; per conoscere meglio questo rampollo della scuola cantautorale romana, andiamo quindi ad attraversare il suo primo album La vita veramente, uscito nel 2019.

All’epoca Fulminacci – poco più che ventenne – si distingueva già per una sensibilità e uno stile di scrittura decisamente interessante e non troppo incline alla radiofonia, quanto più alla qualità delle parole usate.

Faremmo un torto se parlassimo di un giovane adulto, quanto di un ragazzo che – sebbene in pieno calato nel suo tempo e nel suo contesto – sceglie forme espressive se vogliamo più raffinate e meno immediate, che necessitano di un ascolto (e quindi di ascoltatori) attento.

Si parte con Davanti a te, brano dal ritmo coinvolgente che apre subito a un tema – quello dell’amore – che ritroveremo andando avanti nell’ascolto del disco, ma che viene trattato in maniera profonda, e mai banale.

Il secondo brano – che è anche quello che dà il titolo all’intero album – si intitola appunto La vita veramente, ed espone un meraviglioso contrasto tra ciò che è la vita fintanto che ci si ostina a guardarla in maniera fredda e razionale (quasi una consecuzione di gesti e azioni giustificati l’uno dall’altro), e ciò che, invece, diventa quando ci si lascia andare alle emozioni.

Come detto in premessa, Fulminacci è un ventenne che parla alla e della sua generazione, con un linguaggio più acuto e profondo; ciò accade anche in un pezzo come Tommaso, brano di intrecci amorosi giovanili.

La quarta traccia è un piccolo esempio di genialità, o quantomeno di talento elevato: Borghese in borghese già dal titolo sprigiona tutto il suo dirompente sarcasmo sulle contraddizioni umane, in maniera leggera e acuta al tempo stesso, con un linguaggio e, soprattutto, una tecnica di scrittura cantautorale da far invidia a colleghi con più anni di esperienza di Filippo; una sorta di flusso di coscienza.

Non è facile, già in partenza, scrivere di musica, nel caso di Borghese in borghese lo è ancora di più, per cui vi lascio all’ascolto del brano attraverso qualsiasi fonte o canale di approvvigionamento.

Il brano successivo si intitola Resistenza e, forse, è quello in cui maggiormente l’autore lascia sfogare la sua parte più autentica e meno conformata ai dogmi del pensiero comune.

Non troppo distante, sebbene con un suono più leggero, che tende a sfumature hip hop, la successiva I nostri corpi, un invito ad allontanarsi, laddove possibile, dal materialismo e, più in generale, una critica a una certa costante insoddisfazione che porta a desiderare sempre ciò che non si ha.

Al giusto momento è una meravigliosa canzone d’amore, che di molte canzoni d’amore non ha la pesantezza, e che mette in risalto come un sentimento vero porti ad essere vissuto senza le infrastrutture e le costruzioni circostanti.

Prosegue nel filone già tracciato anche La soglia dell’attenzione, dove peraltro emerge un cantato che richiama lo stile di Francesco De Gregori; e, già che siamo in tema di assonanze, potremmo dire che il ragazzo possiede una fluidità di scrittura e una ricchezza di parole che ricorda Daniele Silvestri.

Chiude degnamente il disco Una sera, altro brano a tema sentimentale, altra traccia che riesce a non essere banale, pur trattando un tema decisamente in voga in ambito musicale/cantautorale; emblematica una frase che racchiude un po’ il senso di ciò che è stato scritto e detto sino ad ora: “tra un po’ non avrai più vent’anni e la vita diventa un mestiere”.

In questa frase c’è molto di Fulminacci, un ragazzo poco più che ventenne che non vuole sembrare più grande della sua età anagrafica e, pur parlando alla sua generazione, intende farlo in maniera profonda; o meglio, per parafrasare un suo verso contenuto nella traccia numero 5 (Resistenza), “non è più maturo ma solo più immerso in quello che vive”.

 

Buon ascolto