Conseguenze del licenziamento illegittimo quando non tutte le contestazioni sono accertate
di Luca VannoniCon la recente sentenza n. 31529 del 3 dicembre 2019, la Corte di Cassazione affronta la questione, quanto mai attuale, delle conseguenze di un licenziamento illegittimo, in questo caso ai sensi dell’articolo 18, L. 300/1970, nel caso in cui non tutti i fatti contestati al lavoratore siano sussistenti.
In appello, il licenziamento, dichiarato illegittimo, aveva avuto come conseguenza solamente la tutela risarcitoria (articolo 18, comma 5), pari a 15 mensilità, e non la reintegra, in quanto erano stati ritenuti realizzati 2 dei 3 addebiti disciplinari contestati dalla società, ma non meritevoli di licenziamento, ritenuto sproporzionato.
Il lavoratore proponeva ricorso per vedersi riconosciuta la tutela reale, respinto dalla Cassazione, ed è particolarmente interessante ripercorrere il processo decisionale della Suprema Corte. Dopo aver accertato la commissione di 2 dei 3 fatti contestati (abbandono del posto di lavoro per 1 ora e rifiuto di consegnare un pacco, mentre non risultò provata nei giudizi di merito la minaccia di morte verso il datore di lavoro) e, quindi, la sussistenza nella loro materialità, la non particolare intensità dell’elemento soggettivo e il contesto di elevata conflittualità delle parti avevano, tuttavia, reso inidoneo l’inadempimento a integrare una giusta causa o un giustificato motivo soggettivo.
In caso di contestazione di una pluralità di addebiti disciplinari, l’insussistenza del fatto si configura solamente qualora possa escludersi la realizzazione di un nucleo minimo di condotte che siano astrattamente idonee a giustificare la sanzione espulsiva, oppure, specularmente, qualora si realizzi l’ipotesi dei fatti sussistenti, ma privi del carattere di illiceità.
La Suprema Corte verifica anche l’ulteriore possibile strada (oltre alla reintegra per discriminazione/nullità) dell’eventuale sussunzione delle infrazioni disciplinari poste in essere dal lavoratore nelle previsioni, di natura conservativa, del Ccnl applicato in azienda, ritenuta non percorribile, in quanto l’accertato rifiuto di eseguire un ordine impartito dal superiore gerarchico non può ritenersi sussumibile nell’ipotesi, tipizzata dal Ccnl, della “trascuranza dell’adempimento degli obblighi contrattuali e di regolamento interno”.
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