Codatorialità: fra opportunità e criticità
di Fabrizio Nativi
Il comma 4-ter, articolo 30, D.Lgs. 276/2003 prevede che per le imprese che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso.
La disposizione, in vigore dal 2013, riguarda unicamente le imprese unite da un contratto di rete, di cui al D.L. 5/2009, convertito dalla L. 33/2009.
Il contratto di rete può prevedere che alcuni dei lavoratori dipendenti di ciascuna impresa, o anche tutti, possano essere messi “a fattor comune”, per lo scopo di collaborare nel conseguimento degli obiettivi fissati nel contratto di rete.
La codatorialità non coincide con la coassunzione: i lavoratori possono risultare formalmente assunti da una delle imprese “retiste”. Si determina una divaricazione nell’esercizio del potere direttivo nei confronti del dipendente ingaggiato, che risulta in tal modo eterodiretto da alcuni o tutti i datori di lavoro facenti parte del contratto di rete. Il rapporto di lavoro resterebbe uno soltanto, ma il dipendente sarebbe obbligato a rendere la propria prestazione lavorativa in favore di due o più soggetti datoriali, titolari del relativo potere direttivo
Le criticità di maggior delicatezza riguardano il trattamento economico normativo spettante al lavoratore (quando i codatori di lavoro appartengono a settori produttivi diversi), nonché i profili di eventuale responsabilità solidale passiva dei diversi codatori di lavoro per le retribuzioni dovute in favore dei lavoratori ingaggiati in rete, tenuto conto che l’articolo 30, D.Lgs. 276/2003, non la contempla e che però, ai sensi dell’articolo 1292 cod. civ., “l’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione”.
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