La Cassazione alla ricerca di nuovi equilibri in materia di licenziamento
di Luca VannoniNel quadro attuale delle conseguenze dell’illegittimità del licenziamento, nell’ambito di applicazione dell’articolo 18, così come modificato dalla L. 92/2012 (Legge Fornero), la Corte di Cassazione, sezione lavoro, rilevando al suo interno 2 orientamenti tra loro in contrasto relativamente al vizio del licenziamento disciplinare per contestazione tardiva, ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite, con recente ordinanza depositata il 21 aprile 2017.
In materia disciplinare, l’articolo 18 prevede infatti la reintegra, con tutela risarcitoria limitata al massimo a 12 mensilità, in caso di insussistenza del fatto contestato (oltre al caso in cui il codice disciplinare preveda per la violazione contestata una sanzione disciplinare conservativa).
In caso di vizio nella procedura, non è prevista la reintegra e spetta solo un risarcimento del danno, con limite massimo a 12 mensilità. Nelle altre ipotesi la tutela, esclusivamente risarcitoria, va da 12 a 24 mensilità.
Sul licenziamento per ritardo nel procedere con la contestazione disciplinare si sono via via sviluppati 2 orientamenti in contrasto.
Il primo, più risalente nel tempo, ritiene che la tardività non attinga sotto alcun profilo all’insussistenza del fatto contestato, da verificarsi esclusivamente sul piano ontologico, ma possa essere tutelato con il risarcimento fino a 12 mensilità ovvero, nel caso di tardività non giustificata, con il risarcimento da 12 a 24 mensilità.
Nel secondo orientamento, più recente (Cassazione n. 2513/2017), la tardività dimostra l’irrilevanza del fatto per la prosecuzione del rapporto, dimostrando per fatti concludenti la scarsa rilevanza dell’inadempimento: la contestazione tardiva, pertanto, attiene anche a profili sostanziali, e non solo procedimentali, perché determina una diversa valutazione di gravità della condotta.
L’irrilevanza disciplinare del fatto, che sembra ormai essere parificata all’insussistenza dalla Cassazione, potrebbe trovare una sua dimostrazione nel ritardo della contestazione disciplinare.
Non resta che attendere questa importante pronuncia, la quale sicuramente potrà concorrere a chiarire ulteriormente un concetto che si sta rivelando quanto mai sfuggevole come l’insussistenza del fatto contestato.
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