26 Gennaio 2017

Il brutto pasticcio della gestione Inps commercianti per i soci

di Roberto Lucarini

L’argomento non è nuovo, ma tocca, di quando in quando, riparlarne. La guerra scatenata dall’Inps ai soci di società commerciali, da qualche anno, deve aver impegnato e non poco le aule di giustizia (si vedano da ultimo, ad esempio, Cass. n. 27588/2016 e n. 297/2017)

Il punto è noto: basta essere socio di una società esercente attività commerciale, o presunta tale, e non essere iscritto alla Gestione commercianti, che l’Istituto previdenziale ti recapita una bella iscrizione d’ufficio, con conseguente richiesta di contributi omessi e sanzioni. L’Inps si è mosso in vari modi, su questo fronte di attacco; quando con la rilevazione dei redditi societari dal quadro H (mod. Unico) del socio; quando rilevando la semplice attività svolta dalla visura camerale.

Detto così, in fondo, potrebbe anche andare: sei socio, hai un reddito, quindi ti devi iscrivere alla Gestione commercianti. Peccato che la norma di riferimento (articolo 1, comma 203, L. 662/1996) specifichi certe caratteristiche necessarie, ove tutte presenti, a far scattare tale onere: titolarità e piena responsabilità dell’impresa, ma soprattutto che i soggetti “partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza”.

Da quanto si percepisce, nella versione della norma che hanno all’Inps, tale ultimo requisito sembra non comparire…

Infatti, chi di competenza, pare non interessarsi di accertare tale presupposto e, andando per la propria strada, invia le già citate iscrizioni coattive.

È difficile, caso per caso, andare a valutare i presupposti legali? Se anche così fosse nulla autorizza, tuttavia, a utilizzare vie sommarie che eludano la norma.

Adesso, però, passando gli anni e i gradi di giudizio, sono arrivate una serie di sentenze di legittimità che respingono al mittente gli atti dell’Istituto, facendo ben presente l’onere che quest’ultimo ha di dimostrare l’abitualità e la prevalenza dell’attività del socio nella società; questo non può certo essere fatto con i procedimenti sommari cui sopra si accennava.

Per di più, prima di inviare le iscrizioni, nessuno pare essersi interessato al problema delle società immobiliari di sola locazione; più volte la Suprema Corte ha espresso il concetto di non impresa per tali società. Eppure i soci responsabili (di Snc, Srl o accomandatari di Sas) si sono visti recapitare la sgradita comunicazione.

Mi pare chiaro, a questo punto, che tale storia dovrebbe vedere la parola fine. Che qualcuno dovrebbe rendersi conto del brutto pasticcio creato e rimediare: cessando le nuove notifiche; chiudendo, senza ricorrere, le vicende giudiziarie aperte.

Dal canto loro, le varie Corti interessate, dovrebbero evitare la consueta “compensazione delle spese legali”, condannando l’Istituto a pagare per il proprio torto; forse questo sarebbe un buon incentivo.

 

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