15 Giugno 2021

Il benefit per garanzia su un mutuo

di Roberto Lucarini

Immagino che siano pochi i fortunati che ricevono una garanzia fideiussoria, per un proprio mutuo, da parte di terzi che non siano loro genitori. Ciò non esclude che vi sia una simile casistica, visto che l’Agenzia delle entrate è stata chiamata a rispondere all’istanza di interpello n. 294/2021, proprio su una fattispecie di questo tipo.

Entrando in gioco l’Agenzia, naturalmente, si parla di imposizione fiscale. Il tema si sviluppa intercorrendo tra le parti un rapporto di collaborazione; si tratta, infatti, di una società e di un suo amministratore.

In sostanza, una società ha offerto una propria garanzia a un istituto bancario, nell’interesse dell’amministratore, affinché quest’ultimo avesse accesso a un finanziamento chirografario richiesto per propri motivi personali. Garanzia che l’azienda acquista sul mercato finanziario.

Alla società sorge un dubbio: non è che tale situazione faccia emergere un benefit, rilevante ai fini tributari, nei confronti dell’amministratore?

L’azienda risponde negativamente, ma decide di interrogare i tecnici dell’Agenzia delle entrate, chiedendo loro, in sintesi, se la garanzia in questione abbia rilevanza fiscale in capo al all’amministratore e, in caso affermativo, se possa considerarsi un “benefit in natura“, riconducibile tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. In subordine, in caso di risposta affermativa, si domanda se la fattispecie possa essere ricondotta all’ipotesi contemplata ex articolo 51, comma 4, lettera b), Tuir (concessione di prestiti in favore del personale dipendente). Si chiede, infine, l’eventuale criterio per l’applicazione delle ritenute alla fonte ex articolo 24, D.P.R. 600/1973.

La situazione operativa coinvolge distinte normative, di tipo tributario e civilistico. Si inizia dagli articoli 50, 51 e 52, Tuir, grazie ai quali si rileva che il reddito di un amministratore viene assimilato, sul piano fiscale, a quello di lavoro dipendente. Ciò comporta, giocoforza, l’applicabilità del ben conosciuto criterio di omnicomprensività e dell’altrettanto noto criterio di cassa.

Entra in gioco, inoltre, la definizione civilistica di fidejussione, che si palesa con l’individuazione soggettiva del garante (fideiussore), quale “colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui” (articolo 1936, cod. civ.). Un istituto giuridico che è diretto a rafforzare e tutelare l’interesse del creditore, attraverso l’estensione della garanzia patrimoniale ai beni del fideiussore.

L’Agenzia delle entrate non ha dubbi nell’affermare che “la prestazione della garanzia costituisce conditio sine qua non per la erogazione del finanziamento da parte della Banca” e ciò “consente di qualificare la garanzia in argomento come un negozio a titolo oneroso equiparabile all’ipotesi in cui sia stato previsto un corrispettivo economico per il datore della garanzia”.

Prescindendo, quindi, sia dall’effettivo esborso da parte della società garante che dalla mancanza di un introito da parte dell’amministratore, l’Agenzia ritiene sussistere l’emersione di un benefit per l’amministratore, che si traduce in un aumento della base imponibile quale reddito assimilabile a quello da lavoro dipendente. Tutto in applicazione del criterio di omnicomprensività applicabile al tipo reddituale.

L’Agenzia specifica, inoltre, che tale casistica non è inquadrabile come concessione di prestito al dipendente, non ravvisandosi, nel caso in esame, le caratteristiche indicate nella norma appena citata.

Il secondo aspetto trattato è quello della valorizzazione di tale benefit. Secondo il Fisco occorre rifarsi al disposto ex articolo 9, comma 3, Tuir , circa il c.d. “valore normale”, il quale nel primo periodo dispone:

Per valore normale, …, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi”.

L’acquisizione della garanzia presso un intermediario finanziario, da parte della società, ha infatti un costo; ciò, quindi, andrà valutato sulla base del dettato della norma appena citata. Viene, infatti, rilevato, nella risposta in esame, come la banca abbia stimato il prezzo di tale acquisizione “in una forbice compresa tra lo 0,75 e l’1,25 per cento, in ragione annua, dell’importo garantito”.

Da ultimo, viene risolto anche il problema legato al momento dell’effettuazione della ritenuta d’acconto.

Vengono per questo indicate 2 distinte ipotesi:

  • se il piano prevede che il pagamento della garanzia avvenga in un’unica soluzione, la ritenuta deve essere applicata, dalla società datrice di lavoro e garante, sull’intero valore del benefit al momento in cui viene previsto tale pagamento;
  • se, invece, il piano prevede che il pagamento anzidetto avvenga in più soluzioni, la ritenuta dovrà essere applicata al momento in cui saranno previste la varie rate di pagamento.

Semplice applicazione del criterio di cassa.

 

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