16 Febbraio 2021

Il Belpaese, la saggezza del vicino di casa, il professionista per caso e a tempo perso, l’altrui irresponsabilità e il mestiere di essere irrispettosi …

di Marco Frisoni

L’attuale contesto emergenziale, dovuto all’avvento del COVID-19, oltre ai drammatici effetti sul piano sanitario e sul versante economico, peraltro ben visibili e sotto gli occhi di tutti, ha prodotto effetti certamente dirompenti sulle condotte e sui comportamenti delle persone, atteso che, in maniera trasversale, nessuno poteva dirsi pronto a fronteggiare una siffatta vicenda anche sul piano comportamentale e di tenuta mentale.

Com’è ovvio, non si intende avviare una ricerca di natura sociologica o sul versante psicologico, quanto, piuttosto, delineare degli elementi scriminanti, quasi una sorta di attenuanti specifiche, ai fini di una ragionevole comprensione di affermazioni proferite, in questi critici periodi, a destra e manca e in assoluta libertà, sul presupposto che, posto il panorama pandemico di contorno, tutto (o quasi) dovrebbe risultare permesso e, fattore non di poco conto, senza che ne derivino conseguenze di alcun genere, pur a fronte di asserzioni quanto meno (si noti e si apprezzi l’eufemismo) discutibili.

D’altro canto, la catastrofe che ha colpito con forza il nostro Paese (e il mondo intero) non poteva che fare risaltare gli antichi vizi (oltre che le innegabili virtù) caratterizzanti il contesto nostrano e, al riguardo, non è da sottovalutarsi il fatto che la costrizione all’uso quasi spasmodico della comunicazione a distanza ha svolto un ruolo di evidente acceleratore all’esplicitazione di pulsioni che, con molta probabilità, nell’alveo di riunioni e incontri in persona, sarebbero risultate ben più mitigate.

Non solo; un altro fenomeno in costante espansione, e acuito dall’avvento del COVID-19, è costituito dall’emersione inarrestabile del c.d. “vicino di casa esperto”, vale a dire un mitologico e iperbolico soggetto che, a tempo perso, si diletta e discetta in tutti gli ambiti del sapere umano e, pertanto, autorizzato a declamare la propria saggezza a chiunque e, soprattutto, su qualunque argomento.

Credo che ogni consulente del lavoro abbia ricevuto, almeno una volta nel corso della propria travagliata vita professionale, una fatidica telefonata da un cliente professionalmente assistito del seguente tenore esemplificativo: “…il mio vicino di casa mi ha detto che è possibile remunerare i lavoratori senza assumerli regolarmente, per cui sono sorpreso che Lei non mi abbia dato tale suggerimento sino ad ora…”.

Orbene, di fronte a simili episodi di elevata saggezza e competenza consulenziale, il professionista rimane in assoluto e religioso silenzio, meditando sulla reale utilità di pluriennali e immani sforzi lavorativi, formativi, di studio e approfondimento, di natura quotidiana e opinando, al contrario, se non convenga, per paradosso, cimentarsi con le regole e la diligenza dell’uomo medio (e, in aiuto, sovviene l’indimenticabile Medioman, supereroe della mediocrità, interpretato da Fabio De Luigi a partire dal 2001), nel ruolo di consumato conoscitore del tutto e del niente, con canoni radicalmente improntati a postulati provenienti dalla scienza dell’immarcescibile qualunquismo.

Vi è di più; in questi giorni i consulenti del lavoro hanno assistito sgomenti a un nuovo episodio riconducibile a un’attività molto in voga nel nostro Paese, consistente nell’addossare, a prescindere, le responsabilità di taluni accadimenti a terzi e, allo stesso tempo, evocare un’oggettiva mancanza di rispetto per il lavoro (e la funzione) altrui.

Nondimeno, quando simili eventi sorgono nelle sedi (presuntivamente) istituzionali, siamo in presenza di simbolismi che, in verità, rispecchiano e replicano il livello di integrità morale, forse non del tutto eccelso, e al quale, oramai in maniera rassegnata, ci stiamo abituando giorno dopo giorno, nostro malgrado.

Ebbene, è notizia recente che, in Commissione lavoro della Camera dei deputati, la Sig.ra Carla Cantone (con un’esperienza importante nel mondo sindacale alle spalle, che rende ancora più inspiegabile l’accaduto) avrebbe giustificato i continui ritardi nella gestione delle istanze di integrazione salariale con causale COVID-19 (e i relativi pagamenti a lavoratrici e lavoratori coinvolti) dichiarando che: “…i consulenti del lavoro hanno sbagliato a fare le domande”.

Dunque, ricapitolando, le problematiche non risiedono nella vetustà e obsolescenza delle procedure amministrative (inadatte alla gestione emergenziale e alla mole di istanze presentate), nella farraginosità bizantina delle norme di riferimento, nell’elefantiaca (e contraddittoria) mole di norme emanate in materia e nel mancato ascolto (e recepimento) dei suggerimenti che il mondo delle professioni ha formulato sin dall’inizio della fase pandemica per agevolare la gestione di una situazione che si presentava obiettivamente critica e non gestibile con i meccanismi ordinari.

E, allora, quale occasione migliore per addossare ad altri (nel caso, i consulenti del lavoro) le responsabilità proprie (parliamo di un deputato che dovrebbe avere competenze in detto ambito), riuscendo quindi a scansare le giuste critiche provenienti da lavoratori, datori di lavoro, associazioni di categoria e professionisti in ordine ai medioevali sistemi di gestione degli ammortizzatori sociali introdotti per fronteggiare l’emergenza a tutti nota?

E, ancora, i fatti in parola integrano un altro tipico mestiere dei giorni nostri, che è rappresentato dall’essere irrispettosi del lavoro degli altri e, si badi bene, nel caso di specie, il tutto appare surreale, in quanto proveniente da un deputato della Repubblica con un’ampia esperienza sindacale alle spalle.

In effetti, formulare asserzioni (peraltro infondate) della guisa summenzionata, denotano mancanza di rispetto non tanto (e non solo) per la categoria dei consulenti del lavoro (che hanno le spalle larghe, sono abituati a boutade del genere e reagiranno nei contesti e modi adeguati), ma, in particolare, per l’instancabile lavoro svolto, senza sosta, giorno e notte, domenica e festivi compresi, da tutte le collaboratrici e tutti i collaboratori degli studi, che, con alto senso di responsabilità, si sono dedicati, con fatiche inimmaginabili, a prodigarsi affinché tutte le pratiche di integrazione salariale venissero presentante in tempo utile e ad assicurare il pagamento delle susseguenti prestazioni a tutti i lavoratori interessati.

Insomma, un sublime e fulgido esempio di riconoscimento sindacale della valenza delle attività prestate dai lavoratori degli studi professionali, poiché, in luogo di un meritato riconoscimento e ringraziamento, all’inverso provengono accuse variamente assortite e inaccettabili ….

Siamo certi che la Sig.ra Carla Cantone sia incappata in un’involontaria gaffe (può capitare) non in linea con il suo pensiero reale e ci attendiamo, dunque, delle scuse destinate, nello specifico, alle collaboratrici e ai collaboratori delle realtà professionali di consulenza del lavoro e che, magari, dedichi la propria attenzione e un sicuro impegno a favorire una reale riforma degli ammortizzatori sociali, in una logica di reale equità e inclusività, anche fra settore pubblico e privato, in uno con una vera semplificazione delle sottese procedure amministrative, ribadendo che, al riguardo, i consulenti del lavoro sono e saranno sempre disponibili per un virtuoso e costruttivo confronto di idee, senza nocive generalizzazioni, che nulla servono, soprattutto in questa fase delicata del Paese.

 

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