Auto ad uso promiscuo: quale disciplina applicare?
di Luca Vannoni Scarica in PDF
In base alla novità introdotta dalla Legge di Bilancio 2025, per i veicoli di nuova immatricolazione concessi in uso promiscuo “con contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2025” si assume il 50% dell’importo corrispondente d una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle ACI, al netto delle somme eventualmente trattenute al dipendente.
La percentuale è ridotta al 10% per i veicoli a batteria a trazione esclusivamente elettrica e al 20% per i veicoli elettrici ibridi plug-in.
Come si evince chiaramente dal dato letterale della norma, le nuove percentuali si applicano soltanto alle nuove immatricolazioni con contratti sottoscritti dal 2025.
Tuttavia, proprio l’ambito temporale di applicazione genera qualche perplessità di non semplice soluzione. L’intervento della Legge di Bilancio sostituisce completamente il contenuto dell’articolo 51, comma 4, lettera a), Tuir, creando così un vuoto normativo relativo ai veicoli concessi con contratti stipulati entro il 31 dicembre 2024.
Nella precedente revisione, frutto della Legge di Bilancio per il 2020 (articolo 1, commi 632-633, L. 160/2019), oltre ad essere stata prevista un’entrata in vigore posticipata (1° luglio 2020) rispetto al 1° gennaio, si prevedeva espressamente, al comma 633, che “resta ferma l’applicazione della disciplina dettata dall’articolo 51, comma 4, lettera a), del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nel testo vigente al 31 dicembre 2019, per i veicoli concessi in uso promiscuo con contratti stipulati entro il 30 giugno 2020”.
Nulla di tutto ciò è stato previsto per la riforma 2025: l’assenza di una specifica previsione di diritto transitorio e la presenza di una disciplina che riguarda solo i contratti 2025 devono, quindi, essere valutati tenendo conto dei principi generali, contenuti nell’articolo 51, Tuir, per la determinazione del reddito da lavoro dipendente.
Il reddito di lavoro dipendente è, infatti, costituito “da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.
La regola è che tutto ciò che viene corrisposto al lavoratore, a prescindere dal titolo, costituisce reddito (comma 1), dove quindi l’esenzione rappresenta l’eccezione e richiede una specifica previsione, il cui ambito di applicazione non potrà essere esteso con interpretazioni sistematiche e analogiche.
Nel caso in cui il corrispettivo sia in natura soccorre il primo periodo dell’articolo 51, comma 3, Tuir: “ai fini della determinazione in denaro dei valori di cui al comma 1, compresi quelli dei beni ceduti e dei servizi prestati al coniuge del dipendente o a familiari indicati nell’articolo 12, o il diritto di ottenerli da terzi, si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell’articolo 9”.
Quest’ultima disposizione prevede che “per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi”.
Il rischio è, quindi, che alle auto concesse con contratti stipulati dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2024 si debbano applicare le regole ordinarie: per le auto concesse entro il 30 giugno 2020, non essendo stato abrogato l’articolo 1, comma 633, L. 160/2019, il problema non si pone, risultando applicabile la disciplina al tempo vigente dell’articolo 51, comma 4, Tuir.
Nella precedente riforma disposta dalla L. 160/2019 si era generato un problema simile, anche se molto più circoscritto, relativamente alle auto il cui contratto di concessione in uso promiscuo del veicolo era stato stipulato dopo il 1° luglio 2020, ma il veicolo era stato immatricolato prima di detta data, ipotesi non contemplata né nella nuova disciplina applicabile dal 1° luglio 2020 né nell’ipotesi di sopravvivenza del regime previgente.
Secondo l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 46/E/2020, in tali ipotesi la soluzione dev’essere ricercata nei principi generali che regolano la determinazione del reddito di lavoro dipendente, con una valorizzazione ordinaria parziale, della sola parte riferibile all’uso privato: operazione assolutamente complessa e discrezionale. Non per niente la valorizzazione dell’auto ad uso promiscuo “ordinaria” si fonda su criteri forfetari.
Ad ogni modo, questa dovrebbe essere la disciplina applicabile in assenza di una disciplina specifica: l’auspicabile mantenimento della disciplina previgente non si vede come possa essere attuata se non con una modifica a livello normativo. L’occasione è data dalla conversione in legge del Decreto Milleproroghe e risultano presentati emendamenti in tal senso.
Non semplice appare, inoltre, la definizione dell’ambito di applicazione della nuova disciplina, subordinata a 2 condizioni, entrambe necessarie:
- devono essere auto di nuova immatricolazione;
- le auto devono essere state assegnate con contratti stipulati dal 1° gennaio 2025.
Certo, sembra essere stata usata la stessa matrice della Riforma 2020 (tolta la grave dimenticanza del regime transitorio), ma proprio questo appare un vero e proprio paradosso, in quanto si ripropongono una serie di dubbi la cui risposta, in via di prassi, è rinvenibile in un unico documento di prassi, la citata risoluzione n. 46/E/2020, i cui principi, pertanto, risultano compatibili con la nuova disciplina.
Riguardo al primo punto, la nuova immatricolazione, secondo l’Agenzia delle entrate, è verificata sulla base dell’entrata in vigore del provvedimento, e quindi, traslando la risoluzione n. 46/E/2020 all’entrata in vigore della riforma attuale della Legge di Bilancio 2025, il 1° gennaio 2025: “per ragioni logico sistematiche non si ritiene plausibile considerare due diversi momenti ai fini dell’operatività della norma”, uno relativo al rispetto del requisito temporale dell’immatricolazione, e l’altro alla stipula del contratto, con il quale è concesso in uso promiscuo il benefit.
Passando “ai contratti stipulati dal 1° gennaio 2025”, la risposta fornita dall’Agenzia delle entrate è assai articolata.
In primo luogo, ritiene che per contratti stipulati si debbano intendere le sottoscrizioni dell’atto di assegnazione da parte del datore di lavoro e del dipendente.
In secondo luogo, sottolinea come “la portata della lettera a) … deve essere valutata anche alla luce del principio di cassa, che presiede la determinazione del reddito di lavoro dipendente, in applicazione del quale la retribuzione deve essere imputata in base al momento di effettiva percezione della stessa da parte del lavoratore”.
E, dopo aver richiamato la circolare n. 326/E/1997, dove si specifica che il momento di percezione del bene in natura coincide con quello in cui il fringe benefit esce dalla sfera patrimoniale dell’erogante per entrare in quella del dipendente, afferma che, “affinché la nuova formulazione della norma in esame trovi applicazione è necessario, tra l’altro, che l’autoveicolo, il motociclo o il ciclomotore sia assegnato al dipendente a decorrere dal 1° luglio 2020”.
Alla luce di tali principi, quindi, la nuova disciplina riguarda auto immatricolate e assegnate nel 2025, a prescindere dalla data in cui il lavoratore e datore di lavoro si sono accordati o in cui è stato ordinato il veicolo. Anche su questo punto si segnala la possibile proroga dell’entrata in vigore, a seguito di specifici emendamenti presentati in sede di conversione in legge del Decreto Milleproroghe.