10 Luglio 2024

Aumentare il fatturato dello studio professionale grazie ai benchmark

di Alessandro Torselli – Consulente di BDM Associati Scarica in PDF

L’utilizzo dei benchmark all’interno degli studi professionali è una pratica sempre più diffusa e fondamentale per la gestione strategica e il miglioramento continuo delle performance. I benchmark, o parametri di riferimento, sono standard o punti di confronto utilizzati per misurare e valutare l’efficacia e l’efficienza delle pratiche aziendali. Questo saggio esaminerà l’importanza dei benchmark, il loro impiego negli studi professionali e i vantaggi che si possono ottenere in termine di efficienza e recupero di fatturato.

Innanzitutto, cosa vuol dire Benchmark e fare Benchmarking?

Il benchmarking è un metodo sistematico di valutazione dell’efficacia dei prodotti, servizi e processi attraverso il confronto con le aziende leader nel settore di riferimento. Questo confronto avviene utilizzando i benchmark, valori di riferimento che fungono da standard per la comparazione e la definizione di azioni di miglioramento.

Il benchmarking non si limita alla semplice misurazione delle performance. Dopo aver individuato le aree con potenziale di miglioramento, si passa al cosiddetto post-benchmarking, che consiste nella definizione di azioni concrete volte a migliorare le performance dei prodotti o dei processi. L’obiettivo è creare un ciclo virtuoso di miglioramento continuo, attraverso la ricerca e l’adozione delle migliori pratiche aziendali nel settore, ispirandosi ai modelli delle aziende leader.

Il processo di benchmarking può essere suddiviso in quattro fasi principali:

  1. analisi della concorrenza e ricerca delle migliori pratiche aziendali: studio delle attività operative delle imprese leader del settore per identificarne i fattori di successo;
  2. individuazione di un livello di performance eccellente: stabilire un termine di confronto che servirà per valutare le prestazioni dell’organizzazione;
  3. apprendimento tramite il confronto di processi e risultati: analizzare le differenze e le somiglianze tra i propri processi e quelli delle aziende leader;
  4. predisposizione di azioni per il raggiungimento di prestazioni superiori (post-benchmarking): implementare misure concrete per migliorare le proprie performance, mirando a raggiungere o superare i livelli di eccellenza individuati.

 

Passiamo ora a valutare quali dovrebbe essere alcuni dei benchmark che uno studio professionale dovrebbe tenere in considerazione nella propria strategia di miglioramento e crescita.

In primis troviamo il Costo Pieno Orario o Full Cost[1], ovvero quanto costa allo studio lavorare per i propri clienti per ora lavorata. Conoscere a quanto ammonta questo valore rispetto ai propri competitor ci permette di individuare, per esempio, costi eccessivi laddove dovessimo riscontrare un valore troppo alto oppure riscontrare dei vantaggi competitivi laddove il valore fosse più contenuto. Teniamo sempre a mente che il costo pieno è dato dalla combinazione di tre elementi (costo diretto del personale, costo indiretto e costi di struttura) che, qualora dovessero mostrare uno scostamento significativo rispetto al Benchmark, indicherebbero un’immediata valutazione e ad azione mirata da intraprendere.

Altro Benchmark di grande rilevanza è la Tariffa Oraria a cui lo studio vende il proprio tempo al cliente. Conoscere come ci si posiziona rispetto al mercato permette di:

  1. comprendere se stiamo scambiando i nostri servizi ad un valore economico consono che non ci pone fuori mercato;
  2. intervenire con delle azioni mirate, qualora fossimo a copertura costi (Full Cost=Tariffa “Break-even”) o sottocosto.

Se fino ad ora abbiamo trattato benchmark direttamente correlati ad aspetti di natura economica che concorrono al miglioramento dello studio, sia in termini di costo sia in termini di incremento di fatturato, ora trattiamo standard legati alla sfera dell’efficienza.

In merito a questo aspetto possiamo citare il tempo medio che determinate attività dovrebbero richiedere per essere espletate. Quelle più ricorsive e maggiormente prevedibili, come ad esempio quelle legate ai volumi di dati gestiti, possono essere mappate e trasformate in valori guida per la nostra attività.

Nel caso dei consulenti del lavoro, per esempio, il parametro utilizzato maggiormente è quello relativo al tempo di elaborazione del cedolino. Aziende con il medesimo numero di dipendenti, salvo casi eccezionali, a parità di condizioni dovrebbero richiedere mediamente un ammontare di tempo molto simile (settore, modalità di raccolta presenze…).

Nel caso in cui, confrontando il benchmark con il valore consuntivato tramite un sistema di Timesheet si dovesse riscontrare una significativa discordanza, il professionista/titolare di studio dovrebbe porsi le seguenti domande: “Lo stiamo facendo nel modo più efficiente ed efficace possibile? La discordanza è imputabile in parte o esclusivamente al cliente?”

Potersi interrogare su questi aspetti porta, in maniera inequivocabile, a individuare inefficienze interne o esterne che, se risolte, porterebbero lo Studio a lavorare meglio e a incrementare la propria produttività.

In conclusione, possiamo affermare che il Benchmark è quel compagno che dovremmo sempre tenere accanto per captare quanto prima segnali che potrebbero minare l’integrità dello studio.

 

[1] Ripartizione di tutti i costi caratteristici che lo studio sostiene in base alle ore produttive.

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