11 Maggio 2022

Attività lavorativa in costanza di tirocinio: come e quando è possibile?

di Marco Tuscano

Nel corso del presente contributo si valuterà se il tirocinante, in particolar modo extracurricolare, può avere rapporti di lavoro in concomitanza con il suo percorso di tirocinio, attraverso l’analisi di diverse fonti, normative e non. Lo studio, in particolare, esaminerà sia la possibilità di rapporti di lavoro contestuali con soggetti diversi rispetto a quello ospitante, sia la possibilità di rapporti di lavoro contestuali, ma con la medesima realtà, nella consapevolezza che, presumibilmente nel prossimo futuro, il tirocinio dovrebbe essere soggetto a sostanziali modifiche.

 

Premesse

Com’è noto, la Legge di Bilancio 2022 è intervenuta in materia di tirocini, sancendo, principalmente, che il Governo e le Regioni concludano, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, un accordo per la definizione di nuove Linee guida per i tirocini extracurricolari, con il fine ultimo di eliminare gli episodi di abuso e sfruttamento, circoscrivendone l’ambito di applicazione[1].

Di recente, tramite la nota INL n. 530/2022, sono state fornite alcune precisazioni in merito al predetto intervento normativo. In particolar modo, è stato chiarito che, “ad oggi e sino al recepimento, da parte delle Regioni, delle linee guida da adottarsi ai sensi del (…) comma 721, restano in vigore le attuali regolamentazioni regionali”.

Precisato quanto sopra, preme evidenziare come la normativa di riferimento, allo stato attuale, sia, pertanto, la normativa territoriale di competenza del singolo tirocinio, tenuto conto dell’articolo 2, comma 5 ter, D.L. 76/2013, e delle indicazioni contenute ai § 3 e 9, Linee guida 2017 (che hanno sostituito quelle del 2013), e non le Linee guida stesse.

Le Linee guida, infatti, come del resto già chiarito più volte in dottrina, non rappresentano una reale fonte normativa, ma un mero atto a indirizzo politico, senza alcuna valenza legislativa, né, tantomeno, amministrativa.

Sulla questione, si noti, infatti, come anche la nota sopra richiamata non menzioni le Linee guida nella qualità di idonea fonte normativa, richiamandosi unicamente alle regolamentazioni regionali in vigore. Peraltro, vi è da osservare che, allo stato attuale, non tutte le normative territoriali hanno recepito le indicazioni, o standard, di cui alle Linee guida 2017, pur avendo in buona sostanza sottoscritto un impegno al recepimento delle stesse. Di conseguenza, il quadro normativo attuale non può essere considerato univoco, o composto da una singola regolamentazione applicabile ai tirocini in genere, indipendentemente, quindi, dalla Regione o Provincia autonoma di competenza, ma deve essere considerato nella sua frammentarietà, ossia composto da tutte le normative regionali/provinciali in vigore, che peraltro non poggiano uniformemente su dei medesimi standard.

A tal proposito, preme riportare quanto indicato dalla circolare INL n. 8/2018, che ha chiarito come la “normativa regionale, nel cui ambito viene svolto il tirocinio (…) potrebbe anche discostarsi dai principi stabiliti dalle linee guida adottate in Conferenza Stato/Regioni nel 2017”.

Tanto doverosamente premesso, appare ora possibile riflettere sulla domanda oggetto di questa analisi, ovvero se sia possibile la resa di prestazione lavorativa in concomitanza con un’esperienza di tirocinio, tanto in una diversa realtà aziendale, quanto presso il medesimo soggetto ospitante.

Se per ottenere una risposta specifica pare ormai evidente (se non anche rassicurante) che si debba procedere a un’analisi della normativa territoriale di competenza per il tirocinio di riferimento, invero, consegnare una risposta in linea generale potrebbe apparire un’operazione ben più articolata, con un responso poi non così certo e scontato.

 

Una riflessione basata sulle Linee guida 2017

Nonostante si sia già chiarito che le Linee guida non rappresentano una reale fonte normativa, appare opportuno riflettere sulle indicazioni, o standard, che le stesse consegnano.

Al § 1 è previsto che:

Oggetto delle presenti Linee guida sono i tirocini extracurriculari (formativi, di orientamento, di inserimento/reinserimento lavorativo) rivolti a:

a) (…)

b) lavoratori beneficiari di strumenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro;

c) lavoratori a rischio di disoccupazione;

d) soggetti già occupati che siano in cerca di altra occupazione”.

Risultando, quindi, immediatamente chiaro come le Linee guida concedano a un soggetto già occupato di poter effettuare un’esperienza di tirocinio presso una diversa realtà aziendale.

D’altro canto, le Linee guida indicano una specifica limitazione, che attiene, però, unicamente all’ambito delle professioni regolamentate: ai sensi del  4, “non sono attivabili tirocini in favore di professionisti abilitati o qualificati all’esercizio di professioni regolamentate per attività tipiche ovvero riservate alla professione”, non risultando, quindi, possibile un tirocinio, a parità di mansioni, per coloro i quali già esercitano una determinata professione regolamentata, anche in forma autonoma.

Con specifico riferimento a un eventuale tirocinio presso la medesima realtà cui un soggetto è già in forza come lavoratore dipendente, è il  5 a consegnare certezze: “Il tirocinio non può essere attivato nell’ipotesi in cui il tirocinante abbia avuto un rapporto di lavoro, una collaborazione o un incarico (prestazioni di servizi) con il medesimo soggetto ospitante negli ultimi due anni precedenti all’attivazione del tirocinio. Il tirocinio può essere attivato nell’ipotesi in cui il tirocinante abbia svolto prestazioni di lavoro accessorio presso il medesimo soggetto ospitante per non più di trenta giorni, anche non consecutivi, nei sei mesi precedenti l’attivazione”.

Se le Linee guida inseriscono una limitazione incentrata specificatamente sul periodo che precede il tirocinio, con il fine di tutelare il tirocinante, a maggior ragione non può ritenersi plausibile una prestazione d’opera o subordinata (ma anche accessoria) in costanza di tirocinio, che mistificherebbe l’esperienza, non tutelando il tirocinante e i precipui obiettivi del tirocinio.

In aggiunta, si consideri quanto previsto al § 6 in termini di limiti numerici. A titolo esemplificativo, è ivi chiarito che “Tali soggetti ospitanti possono attivare, in deroga ai limiti di cui sopra: un tirocinio se hanno assunto almeno 20% dei tirocinanti attivati nei 24 mesi precedenti”, risultando immediatamente chiaro che il tirocinio sia concepito, anche se forse fin troppo implicitamente, come momento che precede un’eventuale successiva assunzione.

Da ultimo, preme notare come le Linee guida si concentrino sulla figura del tirocinante in quanto tale, e non tanto sulla mera esperienza di tirocinio, a rappresentazione di una regolamentazione incentrata più sul soggetto, sulle sue caratteristiche, e sul suo status, che sull’esperienza, pur quest’ultima certamente regolamentata.

A tal proposito, si veda quanto indicato nel § 1, di cui si riportano alcune emblematiche parole: “Il tirocinio è una misura formativa di politica attiva, finalizzata a creare un contatto diretto tra un soggetto ospitante e il tirocinante allo scopo di favorirne l’arricchimento del bagaglio di conoscenze, l’acquisizione di competenze professionali e l’inserimento o il reinserimento lavorativo”.

Quest’ultimo indizio suggerisce che il fulcro della riflessione, e della conseguente regolamentazione, è confluito principalmente sulla figura che accede alla realtà aziendale, e non sulla precipua regolazione del momento formativo: lo status di tirocinante pare, quindi, inscindibile e caratteristica generale del soggetto; soggetto a cui è concesso, in buona sostanza, di avere un contatto con una determinata realtà aziendale.

Tale assioma, vi è da dire, pare peraltro confermato dalle parole della raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 10 marzo 2014, di cui le Linee guida esplicitamente tengono conto, le quali definiscono il tirocinio come “un periodo di pratica lavorativa di durata limitata (…) finalizzata a migliorare l’occupabilità e facilitare la transizione verso un’occupazione regolare”.

 

Una riflessione basata sull’analisi di una normativa regionale

Una riflessione attuata, traendo a esemplificazione alcune disposizioni dettate da una singola normativa regionale è certamente una riflessione proficua. Questo perché, come già chiarito, la reale fonte di riferimento per la regolamentazione del tirocinio è rappresentata dalla normativa territoriale di competenza, e non quindi dalle Linee guida in vigenza.

Certamente, va detto, le Regioni e le Province autonome, hanno convenuto e sottoscritto, in dette Linee guida, l’impegno a recepire le indicazioni e gli standard ivi contenuti. Eppure, a oggi, nonostante una normativa che sarà presumibilmente rivoluzionata nel prossimo futuro tramite la stesura di nuovi accordi, le normative regionali appaiono tra loro assai diversificate, se non anche dipendenti da Linee guida diverse[2].

Traendo a esemplificazione la normativa della Regione Lombardia, al punto 1, D.G.R. 7763/2018, è stabilito che sono possibili

Tirocini extracurriculari (formativi, di orientamento, di inserimento/reinserimento lavorativo) rivolti a:

  1. (…)
  2. lavoratori beneficiari di strumenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro;
  3. lavoratori a rischio di disoccupazione;
  4. soggetti già occupati che siano in cerca di altra occupazione”.

Potendosi, quindi, appurare come sia possibile, senza alcun dubbio, l’instaurazione di un tirocinio per un soggetto che ha già all’attivo un rapporto di lavoro, ma nei limiti del seguente punto 3.2, lettera f), in cui è sancito che “non sono attivabili tirocini extracurriculari in favore di professionisti abilitati o qualificati all’esercizio di professioni regolamentate per attività tipiche ovvero riservate alla professione”.

Invero, un’ulteriore limitazione può essere ricavata attuando un’analisi di quanto previsto alla lettera c) del medesimo punto 3.2, in cui è stabilito che “Il soggetto ospitante non può realizzare un tirocinio extracurriculare con persone con cui ha avuto nei due anni precedenti rapporti di lavoro dipendente o altre forme di collaborazione (sono escluse da questa limitazione le esperienze di alternanza scuola-lavoro). Resta inteso che il tirocinio extracurriculare può essere attivato nell’ipotesi in cui il tirocinante abbia svolto prestazioni di lavoro accessorio presso il medesimo soggetto ospitante per non più di trenta giorni, anche non consecutivi, nei sei mesi precedenti l’attivazione”.

Detta prescrizione consente di individuare un divieto di instaurazione contestuale, presso la medesima realtà, per uno stesso soggetto, di un tirocinio e un rapporto di lavoro, anche autonomo.

Infatti, se l’obiettivo della norma è proprio quello di evitare abusi, imponendo un divieto di utilizzo tramite tirocinio di un soggetto già conosciuto tramite precedenti canali lavorativi, che non ha alcun bisogno, quindi, di approcciare e sperimentare una determinata realtà lavorativa, a maggior ragione tale tutela si deve spingere in un’astratta dimensione binaria parallela, in cui il soggetto ospitante (o datore di lavoro) deve privilegiare l’instaurazione di un rapporto di lavoro vero e proprio.

 

Una riflessione basata sull’attuale normativa statuale

La Legge di Bilancio 2022, L. 234/2021, ha espressamente abrogato una delle 2 colonne su cui il tirocinio extracurricolare si fondava, ponendosi come nuovo fondamento su cui costruire la novellata disciplina territoriale (tramite una preventiva stesura di nuove Linee guida). In particolare, all’articolo 1, comma 726, L. 234/2021, è stata sancita l’abrogazione dei “commi 34, 35 e 36 dell’articolo 1 della legge 28 giugno 2012, n. 92”, ma non l’abrogazione dell’articolo 18, L. 196/1997, ovvero la seconda colonna legale del tirocinio, che ne definisce l’essenza.

A oggi, pertanto, per poter effettuare una piena riflessione sullo strumento, per quanto di nostro interesse, è corretto vagliare l’attuale quadro normativo statuale di riferimento, composto dalla L. 196/1997 e dalla recente L. 234/2021.

All’articolo 18, comma 1, L. 196/1997, è chiarito che il tirocinio nasce per permettere “la conoscenza diretta del mondo del lavoro”, potendosi facilmente intuire come lo strumento sia volto ad agevolare e permettere un contatto generico di un soggetto con il mondo del lavoro. Tale contatto è da intendersi assoluto, ovvero che esclude altre modalità contestuali di approccio lavorativo, ma unicamente presso la medesima realtà, non potendo essere compressa in toto a un determinato soggetto la libertà di instaurare un rapporto lavorativo, nel rispetto dei più basilari principi costituzionali.

All’articolo 1, comma 721, lettera d), L. 234/2021, è previsto che le nuove Linee guida per i tirocini extracurricolari debbano prevedere la “definizione di forme e modalità di contingentamento per vincolare l’attivazione di nuovi tirocini all’assunzione di una quota minima di tirocinanti al termine del periodo di tirocinio”, potendosi facilmente desumere come il tirocinio debba rappresentare un momento immediatamente precedente al rapporto di lavoro subordinato presso la medesima realtà, e non un momento contestuale. Se così non fosse, i limiti di contingentamento di cui al comma 721 sarebbero viziati ab origine, restando privi di un reale senso logico.

 

Una riflessione basata sulle Faq

In aggiunta, per consegnare ulteriori elementi alla riflessione, preme considerare alcune Faq in materia.

Innanzitutto, si riporta quanto chiarito dalla Faq n. 11 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 22 novembre 2017:

“11. È possibile svolgere un tirocinio formativo e di orientamento in costanza di rapporto di lavoro?

Sì. In merito alla possibilità di svolgere un tirocinio formativo e di orientamento in costanza di rapporto di lavoro, si precisa che allo stato non si ravvisano preclusioni normative. Tuttavia, considerato che la situazione in esame si presenta come potenzialmente elusiva della normativa sull’orario di lavoro, compatibilmente con le disposizioni che regolano il rapporto di lavoro in essere, occorre prestare particolare attenzione alla normativa sui tirocini. In particolare, si richiama l’attenzione sul progetto formativo e sulle figure dei tutor, considerati quali elementi caratterizzanti il tirocinio formativo al fine della sua distinzione dal rapporto di lavoro”.

Si valutino, inoltre, anche le Faq fornite dalle singole Regioni sulla questione. A titolo esemplificativo, preme riportare quanto chiarito dalla Regione Veneto con Faq n. 40 sul D.G.R. 1816/2017:

Nel corso dello svolgimento del tirocinio è possibile svolgere un’attività lavorativa?

Il tirocinante, nel corso di svolgimento del tirocinio, può svolgere attività lavorative a condizione che: – si svolgano con un datore di lavoro diverso dal soggetto ospitante. Si precisa che qualora il tirocinante sia ospitato da un’agenzia per il lavoro, questa non può assumerlo per inviarlo in missione presso altro datore di lavoro; – non pregiudichino il sostanziale rispetto del progetto formativo; – si tratti di prestazioni lavorative (subordinate o autonome) che complessivamente (orario di tirocinio e orario di attività lavorativa) non occupino la persona per un orario settimanale superiore a 48 ore; È utile precisare che, anche se ai fini fiscali l’indennità corrisposta al tirocinante concorre quale reddito assimilato a quelli di lavoro dipendente, l’indennità di partecipazione non influisce sullo stato di disoccupazione posseduto dal tirocinante”.

Ulteriormente, si valuti quanto chiarito dalla Regione Lombardia con Faq 4.2 sul D.G.R. 7763/2018 (aggiornamento 17 febbraio 2021): “Per soggetti occupati, in cerca di altra occupazione, si intendono solo gli occupati part-time o vengono incluse anche le persone occupate con contratti full time? Per quest’ultima casistica bisogna accertarsi che l’impegno complessivo della persona non superi le 40 ore settimanali oppure è possibile effettuare uno stage anche nel weekend o alla sera? La disciplina non contiene limitazioni in merito all’impegno orario dell’occupazione in essere. Tuttavia, l’impegno orario cumulativo, derivante dal rapporto di tirocinio e dal rapporto di lavoro, deve essere tale da rispettare le disposizioni sull’orario di lavoro che regolano il contratto di assunzione attivo, ai sensi del D.lgs. n. 66 dell’8 aprile 2003 e di quanto previsto dal contratto collettivo applicato dal datore di lavoro”.

Ancora una volta, e come forse troppo spesso accade, sono questi chiarimenti amministrativi che intervengono per consegnare certezze, chiare e immediate, pur non potendo gli stessi essere considerati, invero, come effettivi atti di interpretazione autentica.

 

Una riflessione inversa sullo ius variandi

Da ultimo, per concludere la riflessione, è possibile considerare alcune previsioni esclusivamente attinenti al rapporto di lavoro subordinato, nello specifico quelle di cui all’articolo 2103, cod. civ..

Nel dettaglio, l’articolo 2103, cod. civ., così come modificato e integrato dall’articolo 55, D.Lgs. 81/2015, consente e regolamenta, in buona sostanza, il mutamento delle mansioni del lavoratore subordinato.

In particolare, per quanto di nostro interesse, è generalmente previsto che sia possibile adibire il lavoratore dipendente a mansioni diverse rispetto a quelle oggetto dell’assunzione, a fronte, ove necessario, di una formazione sulla nuova mansione, esplicitamente prevista.

Ebbene, considerata la possibilità di adibire il lavoratore, a seguito di adeguata formazione, a diverse mansioni lavorative, e considerata la natura esclusivamente formativa del tirocinio, parrebbe ingiustificato il ricorso a quest’ultimo, anche per una mansione diversa, e da apprendere, da quella precipua oggetto di un rapporto di lavoro dipendente già in corso.

Il nostro ordinamento giuridico, infatti, impone che si debba privilegiare, senza dubbio alcuno, l’instaurazione o lo svolgimento di un reale rapporto di lavoro, in particolar modo a tempo indeterminato, rispetto a qualsiasi altra modalità o tipologia di resa lavorativa da considerarsi precaria, posto che “Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro[3].

 

Conclusioni per l’ambito extracurricolare

Ci si cimenterà ora nel dare una risposta univoca, che, invero, come visto, non pare sufficientemente supportata dal quadro normativo vigente.

La riflessione, infatti, pur certamente avvallata da quelle che possono essere ritenute ovvie considerazioni costruite e dedotte sui riferimenti attuali, trova un centrale supporto solo su quelli che sono dei semplici chiarimenti da parte degli enti predisposti. Non apparendo, quindi, possibile, come innegabilmente più agevole, basarsi sulle confortevoli e solide parole di un unico testo normativo per poter dare una risposta universale.

Del resto, ed è sostanziale ricordarlo, non deve essere dimenticato che le Regioni hanno competenza esclusiva in materia, ex articolo 117, comma 4, Costituzione, così come già ribadito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 287/2012, risultando, quindi, difficoltoso pretendere una regolamentazione statuale generale troppo specifica, che potrebbe cozzare con la predetta ripartizione di competenze.

A ogni modo, concludendo, pare possibile, in generale, un contestuale rapporto di lavoro del tirocinante extracurricolare con una diversa realtà aziendale, pur sempre nel rispetto delle regole di cui al D.Lgs. 66/2003, al fine di rispettare l’integrità psicofisica del lavoratore lato sensu, la sua salute e sicurezza, ai sensi dell’articolo 2087, cod. civ., e del D.Lgs. 81/2008. A titolo esemplificativo, ex articoli 3 e 4, D.Lgs. 66/2003, non si potrà superare l’orario di lavoro settimanale massimo, sommando i 2 diversi tipi di rapporto in capo al soggetto, e dovranno essere rispettati i periodi di riposo di cui all’articolo 7, D.Lgs. 66/2003 medesimo.
In assoluto, invece, non pare possibile, da parte di un soggetto, l’effettuazione contestuale di un tirocinio extracurricolare e di un’attività lavorativa presso la medesima realtà. Tale ipotesi, infatti, tradirebbe gli obiettivi intrinsechi di uno strumento, che nasce, in fin dei conti, per inserire una figura in un contesto lavorativo.

 

Alcune considerazioni ulteriori con riferimento al tirocinio di tipo curricolare

Si è in questa sede discusso, fino a ora, di tirocinio dalla natura extracurricolare. Va ricordato che, invero, esiste un tirocinio dalla diversa natura, così identificato dall’articolo 1, comma 720, L. 234/2021:  “il tirocinio (…) funzionale al conseguimento di un titolo di studio formalmente riconosciuto (…) si definisce curriculare”.

Come più volte sottolineato in dottrina, questo tipo di tirocinio non è specificatamente normato a livello statuale, sebbene esistano opinioni contrastanti in merito alla possibilità di applicare le limitazioni di cui al D.M. 142/1998. Al di là di questo, va ricordato che le singole istituzioni universitarie, generalmente, prevedono, ex articolo 11, D.M. 270/2004, un’apposita regolamentazione per la corretta attuazione del periodo, ovvero per garantire il corretto espletamento del percorso, da concepirsi in questo caso sempre appartenente alla sfera formativo-pedagogica.

Ebbene, in questo caso, e proprio per il potere assegnato agli istituti scolastici, non appare corretto, quindi, estendere al tirocinio curricolare le considerazioni sopra effettuate per il tirocinio extracurricolare, nonostante una radice storico-normativa innegabilmente condivisa (L. 196/1997).

In particolare, se, al pari del tirocinio extracurricolare, risulta teoricamente e genericamente possibile l’instaurazione di un tirocinio curricolare e di un contestuale rapporto di lavoro con realtà diverse, d’altro canto non si può in toto escludere, come fatto per l’ambito extracurricolare, il ricorso a un tirocinio effettuato con la medesima realtà con cui il soggetto ha in essere un rapporto di lavoro.

Le specifiche limitazioni, infatti, devono necessariamente essere ottenute, o dedotte, sulla base delle peculiari caratteristiche del percorso da attuarsi, e, quindi, anche grazie alla relativa precipua regolamentazione scolastica. Sulla questione, a titolo esemplificativo, appare utile riportare quanto previsto dall’Università di Foggia, nelle apposite Faq in ambito “TFA Sostegno” per il conseguimento della specializzazione per l’attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità:

Faccio tirocinio presso la scuola ove ho un regolare contratto di lavoro con scadenza al 30 giugno. Le riunioni degli organi collegiali, i colloqui, ecc. che svolgo per contratto di lavoro possono rientrare nel mio tirocinio indiretto?

Sì, nella misura in cui si tratta di impegni istituzionali che coincidono con quelli che si devono svolgere nell’ambito del proprio tirocinio”.

Senza dimenticare, infine, che non sono a priori da escludere eventuali limitazioni consegnate dalla normativa regionale in materia, che, sebbene generalmente riferita all’ambito extracurricolare, invero in taluni casi si spinge fino alla sfera curricolare[4]. Da qui, l’assoluta esigenza di procedere a un cautelativo controllo preventivo per le corrette decisioni da prendersi.

[1] Per un approfondimento si rimanda a M. Tuscano, Riflessioni sull’apparente riforma dei tirocini di cui alla Legge di Bilancio 2022, in “La circolare di lavoro e previdenza” n. 4/2022.
[2] Sul recepimento delle Linee guida, e sul discostamento delle previsioni regionali dalle stesse, si vedano, in dottrina, tra i tanti, A. Corbo, F. D’Addio, L. M. Pelusi, M. Tiraboschi. A titolo esemplificativo, vi sono casi in cui le Linee guida del 2017 non siano state ancora recepite dalla normativa regionale.
[3] Articolo 1, D.Lgs. 81/2015.
[4] Cfr. Indirizzi regionali in materia di tirocini per la Regione Lombardia, D.G.R. 7763/2018.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.

 

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