Assunzioni agevolate: appunti critici
di Roberto Lucarini Scarica in PDFUno tra gli aspetti più delicati del mondo del lavoro, in accordo con l’insieme delle c.d. politiche attive, si riscontra nella (purtroppo) ingarbugliata legislazione riguardante gli incentivi all’assunzione. Consentitemi, quindi, qualche parola di commento sul tema, data l’esperienza sul campo, che, ahimè ormai da molto tempo, mi trovo a svolgere. Una visione che non pretendo essere condivisa erga omnes, ma che si pone l’obiettivo di evidenziare le molte criticità che contraddistinguono, appunto, un nuovo ingresso incentivato in azienda.
Concordiamo tutti, ritengo, circa la necessità che il Legislatore incentivi i nuovi ingressi nel mondo del lavoro, così da fornire, anche ai potenziali datori di lavoro, un’opportunità economico-finanziaria interessante. Anche se, va detto subito, un tale sostegno si attiva solo e soltanto laddove vi sia una necessità aziendale in merito. Il concetto è palese; inserisco in azienda un soggetto non perché agevolato, ma per un’effettiva esigenza tecnico-produttiva.
Bene, quindi, la tutela offerta, ad esempio, alle donne prive di lavoro o ai giovani che fanno la loro prima esperienza lavorativa. A chi, già avanti negli anni, si è trovato fuori gioco per i molti motivi che, purtroppo, la realtà pone. Tuttavia, esiste un “ma”, molto disturbante a mio parere, che in qualche modo agisce da freno sullo strumento; il suo nome: burocrazia. Un male endemico, non solo in Italia, dal quale non riusciamo proprio ad affrancarci. Ho sempre letto annunci circa il concetto di semplificazione; peccato che, come dice una nota canzone, “sono solo parole”.
Tra la normativa interna, e quella europea, i vincoli, i distinguo, gli sbarramenti, sono davvero in numero eccessivo. Il tutto, se volete, corroborato da una prassi amministrativa, ordinariamente di origine Inps, nella quale è facile perdersi. Quale chiaro esempio prendete un testo che tratti dell’argomento; noterete subito un’infinità di tabelle che illustrano i caratteri necessari dei soggetti coinvolti, le limitazioni per l’accesso, gli adempimenti amministrativi necessari e quant’altro.
Scorrendo l’elenco degli incentivi si intuisce subito come sia stata creata, nel tempo, una stratificazione di situazioni che, a ben vedere, danno il senso di una mancanza di strategia di base e di programmazione adeguata. Ogni Governo che si succede, molto spesso, inserisce o toglie qualcosa, creando così ulteriore caos operativo. Capita, ad esempio, che similari agevolazioni si trovino a coesistere nello stesso momento, pur con durate differenti; penso al caso dell’assunzione giovani.
Altro esempio, riguardo il lavoro femminile. Si parte dalle donne “prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi”, purché residenti in Regioni ammissibili al finanziamento nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione Europea (come stabilito dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020, adottata con Decisione C (2014) 6424 del 16 settembre 2014); per andare alle signore, con medesimo periodo di non occupazione, che svolgano una professione o operino in un settore economico caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere (articolo 2, punto 4, lettera f), Regolamento (UE) 651/2014, annualmente individuate con D.I. Ministero del lavoro e Ministero dell’economia (per l’anno 2021, D.L. 234/2020 – per l’anno 2022, D.I. 402/2021 – per l’anno 2023, D.I. 327/2022 – per l’anno 2024, D.I. 365/2023); Ppr giungere, infine, a donne “prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi”, queste senza alcun limite riguardo alla loro residenza.
Cos’è tutto questo?
Occorre poi affrontare, con estrema attenzione, le possibili situazioni la cui sussistenza blocca, di fatto, l’accesso all’agevolazione. Una sintesi: rispetto degli obblighi di legge e di contratto collettivo; rispetto del principio di precedenza nell’assunzione; rispetto, in talune casistiche, del necessario incremento occupazionale netto; regolarità contributiva; rispetto della regola del de minimis, in taluni casi; rispetto delle norme in materia di sicurezza e igiene sul lavoro; effettuazione di tutti gli adempimenti burocratici; rispetto della cumulabilità tra incentivi diversi.
All’interno di ciascuna di queste voci, infatti, si nascondono parecchie insidie operative. Prendiamo, sempre, quale esempio, l’incremento occupazionale netto. Per il suo calcolo occorre operare, mensilmente, confrontando il numero di lavoratori dipendenti (c.d. equivalente) a tempo pieno, del mese di riferimento, con quello medio dei 12 mesi precedenti, non tenendo, tuttavia, conto dei casi di dimissioni volontarie, invalidità, pensionamento o licenziamento per giusta causa.
Siamo certi, quando andiamo a effettuare un tale tipo di assunzione, che l’azienda abbia davvero tutti i requisiti per accedervi? Risposta, nell’operatività di tutti i giorni, non sempre facile.
Vogliamo poi dimenticare la pratica del rimando ai decreti attuativi, i quali sovente non vengono emanati nei tempi necessari e, altrettanto spesso, non contengono quasi nulla di significativo che non sia già nella norma.
Da ultimo, tutta la prassi Inps, che pone regole burocratiche e adempimenti aggiuntivi non di poco conto. Domande telematiche, documenti da allegare, verifiche da effettuare, talora non si sa bene dove e come.
Possiamo porci una domanda: la legalità va garantita e, allora, come si potrebbe fare altrimenti?
Concordo sul fatto che il Legislatore sia attento a premiare, con incentivo, le imprese virtuose; certe limitazioni sono necessarie. Per contro, tuttavia, non riesco a concepire l’attuale situazione, dove l’operatore si trova a lavorare in un autentico mare di richieste e di controlli, senza che gli sia offerto un minimo standard operativo a mezzo del quale agire con maggiore tranquillità. L’attenzione del Legislatore nazionale, così come di quello europeo, è infatti orientata solo sugli aspetti teorici della vicenda, perdendo così di vista ogni aspetto pratico e finendo, di conseguenza, per creare un terreno pieno di asperità e di dubbi.
Spesso tutto questo, ove possibile, porta a orientarsi verso il buon vecchio apprendistato, anch’esso parecchio burocratizzato, ma comunque più praticabile.
Non vi sembra possibile che si possa ripensare l’intero strumento agevolativo, rendendolo più organico e meno complesso? Io ritengo di sì, ma occorrono progettualità, attenzione agli aspetti operativi, meno burocrazia e maggiore trasparenza.
Magari, tutto questo, resterà solo un sogno, però talora sognare è importante.