L’APE sociale nel 2021: i nuovi requisiti e i contro di questa forma di accompagnamento
di Matteo PoddaProsegue per un altro anno l’esperimento dell’APE sociale iniziato nel 2017. L’ultima Legge di Bilancio, oltre a prorogare per tutto il 2021 questa misura di accompagnamento alla pensione, ha previsto un incremento dei limiti di spesa anche considerando il periodo di crisi che il Paese sta attraversando e un possibile aumento delle richieste di adesione. Possono presentare la domanda sia coloro che raggiungono i requisiti quest’anno, sia tutti i contribuenti che hanno perfezionato i requisiti negli anni precedenti.
Premessa
La legge di Bilancio 2021 (L. 178/2020), all’articolo 1, commi 339 e 340, ha disposto la proroga fino al 31 dicembre 2021 dell’anticipo pensionistico sociale (la c.d. APE sociale). Ha, altresì, disposto l’incremento dei limiti di spesa istituiti nella norma principale nell’articolo 1, comma 186, Legge di Bilancio 2017 (L. 232/2016), portando i suddetti limiti a 411.1 milioni di euro per l’anno 2021, 285.1 per l’anno 2022, 169.3 per l’anno 2023, 119.9 per l’anno 2024, 71.5 milioni per l’anno 2025, fino ad arrivare ai residuali 8.9 milioni per l’anno 2026.
La circolare illustrativa delle nuove disposizioni ancora non risulta pubblicata dall’Istituto, ma con un messaggio di inizio anno (n. 62/2021) l’Inps ha comunicato la riapertura delle domande di riconoscimento delle condizioni di accesso all’APE.
Che cos’è l’APE sociale?
L’APE sociale può essere inteso come un trattamento a sostegno del reddito, di accompagnamento alla pensione (precisamente fino al raggiungimento del requisito della pensione di vecchiaia), interamente a carico dello Stato, avente un valore pari a quello della rata di pensione calcolata al momento della domanda di accesso all’anticipo, con un tetto massimo di 1.500 euro lordi mensili (così come stabilito dall’articolo 3, D.P.C.M. 88/2017, che ne disciplina le modalità di attuazione). Il sussidio viene versato annualmente per 12 mensilità e non è rivalutabile.
Al raggiungimento del requisito pensionistico, l’accesso a pensione non avviene automaticamente, ma deve essere disposta specifica domanda da presentare telematicamente alla sede Inps di competenza.
Nel caso in cui il contribuente abbia versamenti in più Gestioni previdenziali (tra cui, ad esempio, ex Ipost, Enpals e Gestione separata), il calcolo dell’indennità sarà effettuato pro quota in base ai rispettivi periodi coperti da contribuzione e secondo le regole di calcolo stabilite da ciascun ordinamento.
I beneficiari sono tutti i soggetti iscritti all’Ago, alle sue forme sostitutive ed esclusive e alla Gestione separata ex articolo 2, L. 335/1995, che abbiano i requisiti minimi disposti dall’articolo 2, D.P.C.M. 88/2017, di attuazione dell’APE sociale.
I soggetti destinatari si devono trovare in una delle seguenti condizioni:
a) disoccupati che abbiano percepito interamente l’indennità di disoccupazione exLgs. 22/2015 e che, successivamente, siano ancora senza occupazione da almeno 3 mesi. Rientrano in questa platea tutti coloro che hanno perso il lavoro per licenziamento, dimissioni per giusta causa e risoluzione consensuale nell’ambito di una procedura di conciliazione post licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Con la Legge di Bilancio 2018 (L. 205/2017) sono stati inclusi anche coloro che hanno perso il lavoro per scadenza di contratto a termine, purché, nei 3 anni precedenti la cessazione, abbiano avuto almeno 18 mesi di contribuzione derivante da lavoro dipendente;
b) soggetti che, al momento della richiesta, assistono da almeno 6 mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave, ex articolo 3, comma 3, L. 104/1992. Da gennaio 2018 è stata estesa la platea dei destinatari, includendo anche coloro che assistono un parente di secondo grado nel caso in cui entrambi i genitori o il coniuge della persona con handicap siano anch’essi affetti da patologie o abbiano superato i 70 anni di età oppure siano deceduti;
c) invalidi civili che abbiano una riduzione della capacità lavorativa, certificata da Commissioni sanitarie, pari o superiore al 74%;
d) lavoratori dipendenti che svolgono da almeno 6 anni in via continuativa specifiche attività lavorative definite “gravose”, per le quali è richiesto uno sforzo fisico e un rischio fisico-psichico superiore. Tali attività sono elencate nell’allegato del D.P.C.M. 88/2017 e sono state implementate e riviste con la Legge di Bilancio 2018.
Ai fini del riconoscimento del sussidio, il lavoratore deve dimostrare di aver svolto una delle determinate attività lavorative per almeno 6 anni negli ultimi 7 oppure per almeno 7 anni negli ultimi 10 antecedenti la domanda.
Così come definito dalle circolari Inps n. 33/2018 e n. 34/2018, risultano utili, oltre ai “periodi coperti da contribuzione obbligatoria riferita all’attività lavorativa gravosa, anche i periodi nei quali è stata accreditata contribuzione figurativa per eventi verificatesi in costanza di rapporto di lavoro con svolgimento di attività gravosa (ad esempio malattia, congedi per handicap, maternità etc.)”.
L’articolo 1, comma 165, L. 205/2017, ha ampliato il numero di attività gravose, andando a eliminare il vincolo dell’assoggettamento alla tariffa Inail minima del 17 per mille, inizialmente previsto dall’Allegato A, D.P.C.M. 88/2017.
Con il messaggio n. 208/2019, l’Inps aveva disposto che la mansione esercitata dal dipendente sarebbe dovuta essere comunicata inserendo il relativo codice Istat (il medesimo utilizzato per le comunicazioni UNILAV) nell’elemento <QualProf>. La compilazione dello specifico campo del flusso avrebbe permesso all’Istituto di acquisire direttamente le informazioni. Ad oggi, le informazioni relative alla tipologia di attività svolta continuano ad essere gestite tramite la compilazione da parte del datore di lavoro del modello AP116; infatti, con una nota emessa pochissimi mesi dopo. l’Inps ha comunicato la non obbligatorietà della compilazione del campo e di aver rimosso temporaneamente la segnalazione di errore per la mancata comunicazione dell’elemento.
Di seguito, si riportano le attività considerate gravose. Qualora l’attività svolta non sia contemplata nell’elenco non potrà essere considerata gravosa:
- operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
- conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
- conciatori di pelli e di pellicce;
- conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante;
- conduttori di mezzi pesanti e camion;
- personale delle professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni;
- addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza;
- insegnanti della scuola dell’infanzia ed educatori degli asili nido;
- facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati;
- personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia;
- operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti;
- operai dell’agricoltura, della zootecnica e della pesca;
- pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative;
- marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini e acque interne;
- operai siderurgici di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti ai lavori ad alte temperature.
Per poter ottenere questo sussidio, oltre a rientrare in una delle 4 categorie sopra esposte, si devono soddisfare ulteriori requisiti:
- per le categorie da a) a c) il soggetto interessato deve essere in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni, mentre per coloro che rientrano nell’ultima categoria e, quindi, hanno svolto attività gravose, il requisito richiesto è superiore ed è pari a un minimo di 36 anni di anzianità contributiva. Nel conteggio della contribuzione minima si tiene conto di qualsiasi tipo di contribuzione accreditata, escludendo quella maturata nelle casse professionali e quella maturata all’estero (si veda infra particolarità sull’utilizzo della contribuzione estera). Eventuali periodi temporalmente sovrapposti in più Gestioni contributive si conteggiano una sola volta (ad esempio, qualora sia presente per lo stesso periodo contribuzione sia nel Fondo pensione lavoratori dipendenti che in Gestione separata, questa viene conteggiata una volta sola ai fini).
Eventuali maggiorazioni contributive previste per il raggiungimento del requisito contributivo minimo per accedere a pensione (come, ad esempio, quella prevista dalla L. 388/2000 per chi possiede invalidità civile superiore al 74%, oppure quella prevista per i lavoratori esposti ad amianto o quelle disposte per particolari tipologie di lavorazioni), come specificato dalla circolare n. 100/2017, non sono prese in considerazione per l’APE sociale, in quanto il sussidio, non costituendo un trattamento pensionistico, non beneficia di queste maggiorazioni.
Con la Legge di Bilancio 2018, e con validità dal 1° gennaio 2018, per le lavoratrici madri è stato introdotto uno sconto di un anno per ogni figlio con un massimo di 2 anni, sui contributi minimi necessari. In base a questa novità, una lavoratrice con un figlio avrà uno sconto di un anno e dovrà avere un minimo di 29 anni di contributi (se rientrante nelle prime 3 categorie) o un minimo di 35 anni di contributi, se rientrante nella categoria delle mansioni usuranti, mentre una donna lavoratrice con 2 o più figli, per poter percepire l’APE sociale, dovrà avere un minimo di 28 anni o di 34 anni di contributi;
- il richiedente, che deve avere almeno 63 anni compiuti di età anagrafica, non deve essere titolare di alcun tipo di pensione diretta (italiana o estera) e deve aver prima cessato qualsiasi tipo di attività lavorativa dipendente o autonoma, in Italia o all’estero. Il beneficiario dell’anticipo pensionistico può svolgere attività lavorativa, purché i redditi da lavoro dipendente e/o da collaborazione coordinata e continuativa derivanti non superino, nell’arco dell’anno fiscale, l’importo di 8.000 euro. Il limite fissato per attività di lavoro autonomo è, invece, inferiore e stabilito in 4.800 euro annui. Come ribadito dall’articolo 8, D.P.C.M. 88/2017, tali importi si considerano al lordo delle imposte e dei contributi previdenziali e assistenziali.
Quando si supera uno dei 2 limiti, il soggetto decade automaticamente dalla percezione dell’anticipo e le mensilità già percepite nell’anno solare saranno oggetto di recupero.
La presentazione della domanda
Ai sensi dell’articolo 4, D.P.C.M. 88/2017, e come disciplinato dal paragrafo 5 della circolare Inps n. 100/2017, l’interessato deve presentare domanda di richiesta alla sede di residenza.
Al fine di poter monitorare i limiti di spesa imposti dallo Stato, gli interessati, prima di presentare l’effettiva domanda di accesso al beneficio, devono compilare la c.d. domanda di riconoscimento delle condizioni di accesso al beneficio, con la quale l’Inps certifica la sussistenza (anche prospettica) della presenza delle condizioni d’accesso previste.
Con il messaggio n. 62/2021 l’Inps, in data 8 gennaio, ha comunicato la riapertura delle domande di riconoscimento per l’anno 2021, sottolineando il fatto che possono presentare la domanda non soltanto coloro che maturino i requisiti nell’anno vigente, ma anche coloro che hanno perfezionato i requisiti negli anni precedenti e che non hanno ancora provveduto a compilare la domanda.
I richiedenti che, al momento della domanda di riconoscimento, siano già in possesso di tutti i requisiti previsti, al fine di non perdere mensilità del trattamento, che viene erogato dal primo mese successivo la domanda effettiva, congiuntamente alla domanda preliminare di riconoscimento possono presentare anche la domanda effettiva di APE sociale.
I soli requisiti che possono essere valutati dall’Istituto in via prospettica e che, quindi, non devono essere necessariamente posseduti al momento della presentazione della domanda di riconoscimento sono: il requisito anagrafico minimo dei 63 anni, l’anzianità contributiva pari almeno a 30 o 36 anni (fino anche a 28 o 34 anni per le lavoratrici madri), gli anni minimi necessari continuativi di svolgimento in via continuativa dell’attività gravosa e il trimestre di inoccupazione successivo alla conclusione della percezione dell’indennità di disoccupazione.
Come anche ribadito nel paragrafo 5 del messaggio Inps n. 1481/2018, la rendita vitalizia, i riscatti e le ricongiunzioni hanno efficacia retroattiva. Nel caso in cui domande di rendita, riscatto o ricongiunzione siano ancora in fase istruttoria o non siano ancora ultimati i termini di pagamento dell’onere previsto, la domanda di riconoscimento delle condizioni può essere accolta anche se sostanzialmente l’onere non è stato ancora interamente versato.
L’articolo 1, comma 340, Legge di Bilancio 2021, conferma, anche per il 2021, le disposizioni previste dall’articolo 1, comma 165, L. 205/2017.
In merito alle tempistiche, tale comma stabilisce, applicando ed estendendo i concetti per l’annualità in corso, che le domande per il riconoscimento devono essere presentate entro i termini di scadenza previsti per il 31 marzo 2021 (prima finestra temporale) e per il 15 luglio 2021 (finestra temporale intermedia). Verranno prese in considerazione eventuali domande presentate dopo tale data, e comunque non oltre il 30 novembre 2021 (finestra per istanza tardiva), solamente nel caso in cui siano residuate risorse finanziarie.
Entrambe le domande, sia quella di riconoscimento dei requisiti che quella di accesso all’APE, dovranno essere presentate esclusivamente in modalità telematica entrando nella propria posizione individuale o avvalendosi dell’aiuto di un professionista o di un patronato.
La documentazione necessaria
La preventiva domanda di riconoscimento, così come esplicitato nella circolare Inps n. 100/2017, al paragrafo 5.2, deve essere corredata da documentazione attestante la propria condizione e da dichiarazioni sostitutive all’atto di notorietà, ex articolo 47, D.P.R. 445/2000.
Nel caso di soggetto in stato di disoccupazione, l’interessato deve indicare la data dell’ultimo mese di percezione dell’indennità di disoccupazione e allegare la documentazione attestante il motivo per il quale ha avuto accesso alla NASpI; dovrà, quindi, presentare l’eventuale lettera di licenziamento o la lettera di dimissioni per giusta causa o allegare il verbale di accordo di risoluzione consensuale raggiunto con l’azienda.
Il soggetto richiedente che assiste un portatore di handicap, invece, dovrà compilare un modello di autodichiarazione dove sostenga di assistere e di convivere da almeno 6 mesi con soggetto affetto da handicap ex articolo 3, L. 104/1992, riportando anche i dati anagrafici dell’assistito e il relativo verbale di riconoscimento dell’handicap. Per poter certificare la condizione di invalido civile e rientrare, quindi, nello status di cui alla lettera c), il richiedente dovrà allegare il verbale rilasciato dalle Commissioni sanitarie, attestante, oltre che l’invalidità, anche la relativa percentuale.
Per poter attestare l’esecuzione di una lavorazione gravosa dovrà essere compilato il modello AP116, dove ogni datore di lavoro certifica il tipo di lavorazione svolta, i relativi periodi di lavoro, il Ccnl applicato e il livello di inquadramento. Il richiedente, oltre a tale dichiarazione/i, dovrà fornire, a ulteriore supporto, anche il contratto/i di lavoro firmato o una busta paga.
L’istruttoria della domanda
L’Inps, al fine di accertare, nel minor tempo e nel miglior modo possibile, i requisiti minimi per accedere al beneficio, si avvale dei dati presenti nei propri archivi, ma anche in quelli del Ministero del lavoro, dell’Anpal e dell’INL.
Al termine della verifica, l’Inps comunica l’esito di rigetto, qualora non sussistano le condizioni necessarie, o l’esito positivo di riconoscimento della domanda, con indicazione della prima data utile in base alla copertura finanziaria oppure il riconoscimento con differimento della decorrenza per insufficienza delle risorse finanziarie.
L’Inps, al fine di garantire un numero di accessi non superiore a quanto programmato e sulla base delle risorse finanziarie stabilite dalla Legge di Bilancio per ogni annualità, adotta dei criteri di priorità e può differire la decorrenza della percezione dell’indennità.
Tali criteri sono definiti dall’articolo 11, D.P.C.M. 88/2017, che stabilisce come primo requisito di precedenza la data di raggiungimento del requisito anagrafico per il trattamento di pensione di vecchiaia e, a parità di requisito, la data di presentazione della domanda di riconoscimento delle condizioni.
Gli elementi penalizzanti
Il beneficio, il cui importo massimo è pari a 1.500 euro lordi mensili, erogato per 12 mensilità, oltre a non essere rivalutabile, non può essere soggetto a integrazione al trattamento minimo previdenziale, che nel 2021 si attesta a 6.702,54 euro annui.
La percezione dell’APE non fa maturare contribuzione figurativa utile alla misura del trattamento pensionistico e i periodi di fruizione non possono essere considerati utili al diritto pensionistico. Il beneficio derivante da tale sussidio è soltanto relativo alla percezione di un reddito sicuro di accompagnamento alla pensione, in quanto durante tale periodo, considerando anche l’incompatibilità tra l’anticipo pensionistico e reddito da lavoro dipendente o autonomo, non è possibile in alcun modo “alimentare” il proprio estratto conto contributivo.
Ai percettori del sussidio non spettano gli Anf e, in caso di decesso del titolare, il sussidio cessa immediatamente e non è reversibile ai superstiti.
Con la circolare n. 100/2017, l’Inps, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, aveva disposto che il requisito contributivo minimo per poter richiedere l’anticipo non potesse essere raggiunto totalizzando i contributi italiani con quelli esteri maturati in Paesi dell’Unione Europea, in Svizzera, See o in Paesi non comunitari che hanno convenzioni bilaterali con l’Italia. Con il messaggio n. 4170/2017, e in considerazione del numero inferiore di domande ricevute rispetto alle attese, l’Inps aveva disposto ufficialmente (in accordo con il Ministero del lavoro con nota n. 6956/2017), per l’annualità 2017, la possibilità di prendere in considerazione anche domande di potenziali beneficiari che raggiungevano il requisito contributivo con contribuzione estera.
Per le annualità successive non è stata presa alcuna posizione ufficiale dall’Istituto e molte sedi Inps hanno rigettato domande dove i richiedenti chiedevano di totalizzare i contributi esteri, nonostante la Direzione centrale pensioni abbia chiarito ufficiosamente che l’orientamento disposto con il messaggio n. 4170/2017 debba essere mantenuto anche per le successive annualità. Sostanzialmente, i molti contribuenti che hanno svolto, per parte della loro vita, lavoro all’estero, seguendo le direttive disposte con la circolare del 2017, dovrebbero essere considerati idonei per l’APE sociale soltanto se presentano la richiesta successivamente al 15 luglio ed esclusivamente nel caso in cui ci siano risorse finanziarie residuali.
Con il messaggio n. 1481/2018 l’Inps sottolinea che il venir meno delle condizioni di cui ai punti b) e c) (si ipotizzi la perdita dello status di invalido pari o superiore al 74% oppure il decesso dell’assistito portatore di handicap) alla data di decorrenza effettiva dell’APE sociale fa perdere il diritto alla corresponsione del sussidio (in quanto si è perso uno dei requisiti sostanziali anteriormente alla prima rata mensile di APE sociale), mentre la perdita di tali condizioni avvenuta successivamente non fa venir meno il beneficio maturato.
Cessazione e revoca del beneficio
L’indennità non viene più erogata nel momento in cui venga raggiunto il requisito per poter accedere a pensione anticipata o di vecchiaia.
Nelle ipotesi in cui il richiedente abbia percepito nell’anno solare importi superiori rispetto a quelli previsti (8.000 euro per rapporti di lavoro dipendente o di collaborazione e 4.800 euro derivanti da lavoro autonomo) la prestazione non è dovuta dall’inizio dell’anno. Qualora, a seguito di successivi accertamenti, così come disposto anche dall’articolo 9, D.P.C.M. 88/2017, l’APE sociale risulti indebitamente erogata per l’effettiva mancanza di determinati requisiti, si procede con l’annullamento del sussidio, con la revoca dell’indennità e con il recupero delle somme indebite.
L’anticipo pensionistico non è un trattamento pensionistico, ma un trattamento assistenziale, e, per questo motivo, non trova applicazione la regola del recupero degli indebiti pensionistici (regola per la quale l’Inps non può trattenere sulla prestazione in corso più di 1/5 dell’importo spettante). Ai sensi dell’articolo 2033, cod. civ., l’Inps ha diritto al recupero di quanto indebitamente versato maggiorato degli interessi legali.
Si segnala che l’articolo è tratto da “Guida pratica previdenziale“.
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