Ansia da timesheet? Come gestire le obiezioni ai sistemi di rendicontazione dei tempi
di Marco Esposito – Consulente di BDM AssociatiÈ risaputo che di fronte a un cambiamento non tutti reagiscono allo stesso modo. C’è chi si approccia alle novità con entusiasmo e apertura mentale e c’è chi non è così incline al mutamento. Fa parte della natura umana aver paura di perdere il proprio equilibrio e non sapere cosa aspettarsi dal futuro. Questo timore deriva da una resistenza al cambiamento, che può concretamente fungere da ostacolo al progresso e allo sviluppo dello studio.
Al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati in fase di valutazione e introduzione del sistema di rendicontazione dei tempi (timesheet), è indispensabile il contributo di tutti i membri dello studio, anche dei più restii al cambiamento.
Nella fase di introduzione del sistema, si possono riscontrare molteplici reazioni. Il requisito indispensabile affinché le risposte siano in linea con le aspettative consiste in una buona formazione, che illustri con trasparenza e semplicità gli obiettivi e le modalità di adozione del timesheet. Solo a questa condizione il sistema può essere accolto positivamente, superando, quindi, quella resistenza al cambiamento che un’introduzione poco chiara comporterebbe.
Quali dinamiche possiamo trovare dietro a un esito negativo nell’accettazione del sistema all’interno dello studio?
Esistono alcuni casi, infatti, dove la rendicontazione dei tempi viene affrontata con ansia, stress o addirittura rifiutata.
Il problema principale sta in un’errata percezione dello scopo del sistema di rilevazione delle attività.
Lo scopo primario del timesheet è quello di raccogliere dati utili a monitorare l’impegno che ogni cliente richiede alla struttura, al fine di visualizzarne il posizionamento all’interno del parco clienti. La seconda finalità consiste, poi, nell’intercettare e quantificare le dinamiche interne allo studio, per poterle quindi ottimizzare a beneficio di tutti.
Il fattore ansia/stress si manifesta quando questa attività viene, invece, percepita come un’iniziativa volta al controllo dell’operato delle persone. È ovvio che rilevando le attività quotidiane ciascuno dovrà dare riscontro di ciò che ha fatto, ma si tratta dell’unico modo per ottenere i dati in grado di fornire una fotografia chiara della situazione attuale. In altri termini, il focus della rilevazione non è il controllo dell’operatore, ma del cliente.
A seguito dell’introduzione del sistema di timesheet, anche già dopo pochi giorni, ci si potrebbe trovare di fronte ad alcune obiezioni legate all’eccessiva frammentazione delle attività nella giornata di lavoro, alla mancanza di tempo per la compilazione e alla sua scarsa importanza rispetto ad altre attività. Effettivamente, il timesheet rappresenta un adempimento aggiuntivo da svolgere in orario lavorativo. Tuttavia, l’impegno necessario alla rendicontazione non supera i 10 minuti giornalieri; e se non si riesce nemmeno a trovare questo piccolo spazio quotidiano, forse il problema non è da cercare nei pochi minuti necessari alla rilevazione, ma nell’organizzazione, o, per meglio dire, nella disorganizzazione del proprio lavoro.
Come si può uscire da questo circolo vizioso?
L’unica via percorribile è quella di intercettare le cause di questa situazione di affanno, che porta a essere sempre con l’acqua alla gola. È necessario avere a disposizione un dato che ci indichi esattamente dove agire, informazione che soltanto un sistema di rilevazione può fornire.
Le persone meno abituate all’utilizzo delle nuove tecnologie potrebbero essere le più restie nell’utilizzare un nuovo software. Sul mercato ne esistono diversi, dai più semplici ai più articolati, ma, di base, tutti richiedono l’inserimento dei medesimi dati: l’attività svolta, il cliente (o lo studio stesso) e il tempo impiegato. Sicuramente una scelta accurata dello strumento contribuirà a evitare l’insorgere di eventuali difficoltà. Nei casi di oggettiva difficoltà (si pensi ai collaboratori più anziani) nulla esclude che vi possa essere una figura interna che supporti queste persone mediante un’assistenza diretta o riportando quello che hanno annotato altrove (su carta o su un software di scrittura).
Alcune persone potrebbero, invece, trovarsi in una situazione particolare: nel cercare di rilevare alla perfezione le attività, minuto per minuto, si scontreranno con l’impossibilità di ottenere una simile precisione nei momenti di lavoro più intensi. Perdendo quella precisione che inizialmente si era mantenuta, si entra in uno stato di frustrazione che rischia di portare al risultato opposto: una rilevazione imprecisa o anche del tutto assente. È importante ottenere un dato che sia il più preciso possibile, senza però eccedere in termini di tempo necessario alla rilevazione stessa. In altri termini, un qualsiasi sistema di rendicontazione dei tempi deve basarsi su un buon equilibrio tra la qualità dei dati raccolti e l’impegno che tale raccolta richiede. Se si arrotonda di qualche minuto o se si cumula la stessa attività dello stesso cliente in un’unica registrazione, si può ottenere una stima molto vicina al tempo esatto, senza influenzare negativamente la qualità del dato ottenuto.
In conclusione, possiamo affermare che avere uno strumento di rilevazione dei tempi è essenziale, ma usarlo al meglio ancora di più. Per avere la struttura dalla nostra parte bisogna condividere le motivazioni della scelta e comunicare in modo chiaro gli obiettivi, così da evitare resistenze che ostacolino il raggiungimento dei risultati attesi.