11 Febbraio 2020

Alcune indicazioni dell’Agenzia delle entrate in tema di welfare aziendale

di Roberto Lucarini

Con l’interpello n. 522/2019 l’Agenzia delle entrate torna ad affrontare il tema del welfare aziendale. Una questione molto rilevante, specie a partire dalle novità che la L. 208/2015 ha introdotto nell’ordinamento giuridico.

I quesiti proposti dalla società istante sono i seguenti:

–  i beneficiari del piano di welfare sono costituiti da 2 distinte categorie: n. 3 lavoratori dipendenti; n. 3 amministratori, quali membri del CdA, dei quali uno soltanto retribuito per la carica ricoperta. Per tale aspetto viene chiesto se il regime di non imponibilità ex lege sia attuabile anche per i 2 amministratori che ricoprono gratuitamente la propria carica;

–  il primo benefit previsto dal piano riguarda trattamenti estetici da effettuarsi presso un centro appositamente convenzionato. Tali servizi saranno fatturati dal centro al datore di lavoro, il quale sosterrà direttamente la relativa spesa. Viene chiesto, su questo aspetto, se tali servizi siano inquadrabili tra quelli previsti ex articolo 51, comma 2, lettera f), Tuir, oltre al fatto che l’Iva assolta sul servizio risulti detraibile;

– il secondo benefit previsto riguarda, invece, corsi di formazione linguistica forniti da istituti specializzati ai familiari del dipendente. In questo caso sarà il lavoratore a sostenere la spesa e a dover documentare la stessa per riceverne, successivamente, il rimborso in busta paga. Anche in questo caso viene chiesto se tali servizi siano inquadrabili tra quelli previsti ex articolo 51, comma 2, lettera f-bis) Tuir.

Le risposte offerte, che paiono condivisibili, sono legate a differenti problematiche. Da un lato l’aspetto legato alla concessione soggettiva del benefit e al concetto di “categorie di dipendenti”, che insieme alla loro “generalità” forma un requisito necessario, ex lege, al fine dell’agevolazione tributaria accordata. Dall’altro il problema di identificazione oggettiva di un certo tipo di benefit, che, nei casi esaminati, spazia tra le lettere f) e f-bis) dell’articolo 51, comma 2, Tuir.

Il quesito cui al punto 1, viene risolto valutando proprio la distinzione fattuale presente tra gli amministratori: uno con compenso gli altri no, a evidenziare una non omogeneità della loro stessa categoria. Tale non omogeneità della categoria, quindi, impedirebbe la defiscalizzazione dei servizi in capo a tutti e 3 gli amministratori. A sostegno di tale tesi si fa rilevare come, in relazione ai 2 amministratori che operano gratuitamente, il valore del benefit ricevuto non si vada a sommare a un ordinario compenso, ma, al contrario, sembri sostituirsi in qualche modo allo stesso, proponendo, de facto, una forma elusiva che, sposando la tesi dell’istante, sottrarrebbe ingiustamente materia imponibile.

In relazione ai servizi di estetica, si rileva come il disposto ex articolo 51, comma 2, lettera f), Tuir, richiami direttamente l’articolo 100, Tuir (“Oneri di utilità sociale”), norma che prevede al comma 1: “Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto …”.

I tecnici dell’Agenzia concludono, quindi, ritenendo il servizio di estetica estraneo al comparto benefit agevolati, in quanto non avente rilevanza sociale.

Infine, per quanto concerne i corsi di lingua straniera forniti ai familiari del lavoratore, il riferimento va all’articolo 51, comma 2, lettera f-bis), Tuir, dove si indicano i “servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio …”. Sul tema, l’intervento amministrativo fa notare come questi servizi rilevino per le loro finalità educative e, pertanto, siano senz’altro da ricomprendersi nell’elenco dei servizi defiscalizzabili, a prescindere dal fatto che siano forniti da scuole pubbliche o private.

Anche il loro semplice rimborso da parte del datore, il quale dunque non si incarica di pagare direttamente il servizio, non pone alcun problema a livello normativo, questione questa già chiarita a suo tempo dall’Agenzia con risoluzione n. 26/E/2010.

 

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