15 Dicembre 2015

Agenti di commercio: un rapporto per alchimisti ed equilibristi

di Alessandro Rapisarda

 

La disciplina del contratto di agenzia nella sua complessità si articola e caratterizza per la presenza, accanto alla normativa contenuta nel Codice civile, di un complesso di disposizioni oltre a quanto previsto negli accordi economici collettivi, che in parte si affiancano e in parte si sovrappongono alle norme, generando problemi interpretativi e di coordinamento. Tra le norme che regolano questo rapporto, soprattutto in funzione di attuazione di Direttive comunitarie, il Legislatore ha emanato il D.Lgs. n.303/91, che ha modificato alcuni articoli del Codice civile dedicati alla disciplina di questo rapporto. Contrasti tra tale norma e il diritto comunitario hanno portato l’Unione europea a sanzionare l’Italia, che ha poi posto rimedio emanando il D.Lgs. n.65/99, il quale ha ovviato, almeno in parte, alle inesattezze che avevano caratterizzato il primo intervento legislativo. Invero, la gestione di questo rapporto mostra la sua maggiore fragilità nella convivenza tra normativa e AEC (accordi economici collettivi).

Quest’ultimi occupano una posizione ben precisa nella gerarchia delle fonti normative del contratto di agenzia e, in particolare, potranno considerarsi applicabili validamente solo nell’ipotesi in cui non risultino in contrasto con la legge. In caso contrario, la regolamentazione degli AEC è applicabile solo nel caso in cui sussista la possibilità di deroga delle contrastanti disposizioni del Codice civile. Altrimenti non potranno trovare applicazione.

Come nel caso dei criteri di quantificazione dell’indennità di fine rapporto, la giurisprudenza, seguendo un intervento del 2006 della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, decise che i criteri degli Aec costituiscono un trattamento minimo per l’agente, ferma la possibilità per quest’ultimo, se esistono i presupposti, di richiedere il più favorevole trattamento di cui all’art.1751 cod.civ. (Cass. 21309/06).

Altra discrasia è costituita dalla disciplina dei termini di preavviso, prevista rispettivamente dall’art.1750 cod.civ. e dagli artt.9 Aec (settore industria) e 10 Aec (settore commercio). L’art.1750 cod.civ. prevede termini di preavviso, inderogabili per entrambe le parti, mentre gli Aec prevedono termini di preavviso solo in parte in linea con il Codice civile e anche inferiori rispetto a quelli minimi.

Gli operatori che vorranno usare questi rapporti dovranno quindi essere un ibrido tra equilibristi e alchimisti del diritto.