25 Luglio 2017

Avanti il prossimo

di Riccardo Girotto

Tutti ricordiamo l’attacco frontale al job on call, reo generatore di precariato, conclusosi con una stretta all’istituto, tanto da limitarne notevolmente il ricorso dopo la contrazione dei requisiti e l’introduzione della comunicazione preventiva.

Successivamente la critica di parte si è spostata sui voucher, ulteriore soluzione occupazionale promotrice di precariato, questa volta però sopravvissuta anche alla comunicazione preventiva, grazie alla piena estensione a quasi la totalità delle attività lavorative possibili. Ovviamente l’azione proibizionista non ha trovato il sostegno di parte datoriale, così da rivitalizzare l’eterno dibattito tra precarietà e flessibilità. Il confronto continuerà a percorrere due rette parallele che non troveranno mai un punto d’incontro, nonostante gli accorgimenti che legge e prassi propongono e dispongono. Anche oggi che il parlamento discute la nuova vita dei voucher, da parte sindacale si preannuncia una guerriglia coerente con il referendum abrogativo.

Spostando nuovamente l’attenzione, scorgiamo il prossimo obiettivo verso il quale si svilupperanno aspre contestazioni circa lo sfruttamento del lavoratore. Sono state infatti approvate le nuove linee guida per i tirocini disegnate dall’accordo Stato-Regioni del 2017, che dovranno essere digerite dalle singole Regioni entro 6 mesi, pena la decadenza delle stesse. Le nuove indicazioni sembrano liberalizzare lo strumento con durata estesa a 12 mesi, raddoppiando i limiti precedentemente conosciuti, e questo a qualcuno non piacerà di sicuro. Rileva inoltre l’assorbimento delle diverse declinazioni fino ad oggi conosciute (formazione e orientamento, inserimento o reinserimento, disabili) in una sola tipologia di avviamento, non solo, la considerazione del requisito numerico potrebbe premiare le aziende virtuose estendendone la possibile fruizione fino a 4 unità oltre il limite, ma solo in caso di datori di lavoro dimensionati. Il tirocinio, senza alcun dubbio cosa ben diversa dal rapporto di lavoro, solletica l’interesse delle imprese grazie alle invitanti caratteristiche di libera gestione della risorsa, inoltre la facilità di avvio/recesso e il basso impatto dei costi ne qualificano la funzione di principale metodo di ingresso nel mondo del lavoro. Le agevolazioni all’utilizzo dettate dalle nuove linee guida potrebbero quindi, in caso di successo, veicolare un ricorso massiccio allo strumento, tanto da stimolare la crociata sindacale. Il tirocinio, infatti, oltre a non garantire tutele legali e previdenziali al posto di lavoro, non incontra limiti nelle tipologie di attività esercitabili e permette l’introduzione dell’ospite, non l’impiego, per un orario pari a quello di ogni altro dipendente.

Come intervenire, quindi, per propendere verso la flessibilità nell’eterna lotta contro la precarietà, se non tramite controlli mirati e competenti?

Eppure anche questa volta la scelta non è stata quella di fornire lo strumento e stimolarne l’utilizzo genuino tramite il controllo precipuo del rispetto requisiti, bensì il controllo dovrà svolgersi proprio ad opera dei soggetti coinvolti, come tutor ed ente promotore. La garanzia di genuinità deriverà dall’apparato sanzionatorio preventivo e non dal controllo efficace, che, anche questa volta, non viene nemmeno programmato. Così, comme d’habitude, i fanatici della precarietà contesteranno lo strumento, evidenziando i casi cattivo utilizzo, mentre i fanatici della flessibilità ne rivendicheranno l’ottima funzione propedeutica al mondo del lavoro. Per capire chi avrà ragione, però, non potremo considerare i casi pratici, come sarebbe logico fare, andrà invece misurato il grado di contrazione delle disponibilità di soggetti promotori e tutor che, promossi a garanti della flessibilità, saranno bersaglio principale delle sanzioni anti precarietà[1].

 

[1] Il blog è già apparso come editoriale sulla rivista Strumenti di lavoro n. 6/2017.

 

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