22 Giugno 2017

Il nuovo statuto del lavoro autonomo

di Evangelista Basile

Con la L. 81/2017 – insieme al lavoro agile – sono state introdotte delle norme a tutela del lavoro autonomo: il c.d. Statuto del lavoro autonomo.

Si parlava da molto tempo di costruire una rete di protezione anche per i lavoratori autonomi e del resto, in qualche modo, è la nostra Carta Costituzionale che impone di tutelare il lavoro “in tutte le sue forme ed applicazioni” (articolo 35).

Il progetto di creare uno Statuto dei lavori che includesse ogni forma di lavoro – subordinato e autonomo – è naufragato, ma non è mai tramontata del tutto l’idea di estendere anche al lavoro autonomo almeno una parte delle protezioni destinate normalmente ai dipendenti. Il c.d. Jobs Act, infatti, aveva già fatto molto, estendendo alle collaborazioni (autonome) continuative e personali le tutele del lavoro subordinato in caso di etero-organizzazione, ossia quando è il committente a organizzare il lavoro del collaboratore (articolo 2, D.Lgs. 81/2015).

Tuttavia, da questa protezione forte rimanevano fuori del tutto molti prestatori d’opera autonomi occasionali o parasubordinati la cui prestazione di lavoro non era etero-organizzata o comunque non rientrava nel regime di tutela del citato articolo 2.

Pertanto, con la novella in commento il Legislatore ha pensato di dare anche a queste categorie di lavoratori delle protezioni, per la verità piuttosto deboli, che tuttavia – a mio avviso – sono comunque un passo avanti rispetto al “nulla” che le precedeva.

Sebbene lo spazio editoriale non consenta di esaminare nel dettaglio le norme di legge in questione, provo a darvi una guida alla lettura.

Anzitutto, questa parte della legge – capo I, articoli da 1 a 17 – non è di facile intelligibilità, perché contiene numerosi rinvii ad altri testi nomativi, secondo una tecnica ormai cara al Legislatore, ma che rende il testo di legge difficile da comprendere. Inoltre alcuni articoli – 5, 6 e 11 – contengono in verità delle deleghe al Governo che non sappiamo se saranno mai esercitate.

Quanto alla disciplina sostanziale, il campo di applicazione è molto esteso, perché comprende tutto il lavoro autonomo, incusi i rapporti di cui all’articolo 2222 ss. cod. civ. (restano fuori solo gli imprenditori).

Ai lavoratori autonomi vengono estese le tutele per gli interessi moratori e i rimborsi dei costi di recupero crediti collegati al ritardato pagamento delle prestazioni (D.Lgs. 231/2002). Si considerano poi prive di effetto – e dunque nulle – alcune clausole o condotte del committente che tenti di abusare del suo strapotere contrattuale. Interessante a tale proposito il rinvio – contenuto all’articolo 3, comma 4 – all’articolo 9, L. 192/1998, volto – come norma di chiusura – a estendere al collaboratore autonomo le tutele per l’abuso della dipendenza economica un tempo destinate ai soli sub-fornitori.

Sono state poi riesumate a vantaggio degli autonomi alcune protezioni – per le invenzioni (articolo 4), la maternità (articolo 13), la gravidanza, malattia e infortunio (articolo 14) – già introdotte un tempo per i soli collaboratori a progetto e poi abrogate insieme a tale forma contrattuale col Jobs Act del 2015). Insieme ad altre norme di minor impatto, segnalo da ultimo un’interessante modifica all’articolo 409 c.p.c., in cui il Legislatore tenta – nell’àmbito del lavoro parasubordinato – una definizione di “coordinamento”, affermando che la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa. A livello sistematico e pratico la norma ha un rilievo notevole, a mio avviso: significa anzitutto che nei contratti di collaborazione parasubordinata sarà opportuno indicare le modalità con cui si declina il coordinamento tra committente e collaboratore. In secondo luogo, la norma pare suggerire che un genuino coordinamento è da escludersi nel caso di collaborazioni autonome etero-organizzate dal committente (ove peraltro troverebbe applicazione l’articolo 2, D.Lgs. 81/2015).

 

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