Certificazioni mediche di malattia e maternità on line: le novità Inps
di Antonio PositinoCon circolare n. 79/2017, l’Inps specifica le modalità e le regole da seguire per procedere alla rettifica della certificazione telematica di malattia, predisposta dal medico convenzionato, in caso di prolungamento della prognosi o di guarigione anticipata. L’Istituto ricorda che l’inosservanza degli obblighi di trasmissione telematica costituisce violazione della normativa vigente e illecito disciplinare relativamente al quale la norma prevede specifiche sanzioni in caso di inadempienza. Relativamente alla maternità, l’articolo 21, D.Lgs. 151/2001 (T.U. maternità/paternità), modificato dal D.Lgs. 179/2016 (codice dell’amministrazione digitale) demanda all’Inps la definizione delle modalità di trasmissione telematica del certificato medico di gravidanza e del certificato medico di interruzione della gravidanza, da attuarsi mediante l’utilizzo dei servizi resi disponibili dall’Istituto di previdenza. Con la circolare n. 82/2017 l’Inps fornisce le istruzioni ai medici certificatori per la trasmissione telematica dei predetti certificati, alle donne e ai datori di lavoro per la consultazione, rispettivamente dei certificati e degli attestati di gravidanza e di interruzione della gravidanza.
La rettifica del certificato medico in caso di rientro anticipato dalla malattia
La trasmissione telematica della certificazione di malattia consente all’Inps di disporre, in tempo reale, delle informazioni inerenti allo stato di temporanea incapacità al lavoro dei soggetti interessati e costituisce un notevole vantaggio, in termini di celerità e certezza dei flussi certificativi, sia per l’Istituto medesimo, ai fini delle successive attività per il riconoscimento della prestazione, ove spettante, sia per i datori di lavoro che mediante i servizi messi a disposizione dall’Inps possono visualizzare tempestivamente gli attestati di malattia dei propri lavoratori dipendenti. L’inosservanza degli obblighi di trasmissione telematica costituisce, oltre che una violazione della normativa vigente, anche una fattispecie di illecito disciplinare (salvo evidentemente i casi di impedimenti tecnici di trasmissione) per i medici dipendenti da strutture pubbliche o per i medici convenzionati.
La data di fine prognosi riportata nel certificato telematico costituisce il termine ultimo ai fini dell’erogazione della prestazione economica di malattia e, pertanto, assume un significato di rilievo da un punto di vista amministrativo-previdenziale. Sul piano medico-legale tale data rappresenta, è bene evidenziarlo, un elemento previsionale sul decorso clinico e sull’esito dello stato patologico riportato in diagnosi, formulato da parte del medico certificatore sulla base di un giudizio tecnico e, conseguentemente, suscettibile di possibili variazioni sia in termini di prolungamento sia di riduzione, in base ad un decorso rispettivamente più lento o più rapido della malattia. Nell’ipotesi di un prolungamento dello stato morboso, il lavoratore deve provvedere a farsi rilasciare dal medico uno o più certificati di continuazione, solo a fronte dei quali è possibile, sul piano previdenziale, il riconoscimento, per l’ulteriore periodo di incapacità temporanea al lavoro, della tutela per malattia. Analogamente, nel caso di una guarigione anticipata, l’interessato è tenuto a richiedere una rettifica del certificato in corso, al fine di documentare correttamente il periodo di incapacità temporanea al lavoro. Tale seconda fattispecie non costituisce una prassi seguita dalla generalità dei lavoratori e, pertanto, la circolare Inps n. 79/2017 ribadisce e riepiloga le disposizioni normative vigenti che disciplinano tale situazione.
La rettifica della data di fine prognosi, a fronte di una guarigione anticipata, rappresenta un adempimento obbligatorio da parte del lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro, ai fini della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, sia nei confronti dell’Inps, considerato che, mediante la presentazione del certificato di malattia, viene avviata l’istruttoria per il riconoscimento della prestazione previdenziale senza necessità di presentare alcuna specifica domanda. Il certificato, pertanto, per i lavoratori cui è garantita la tutela in argomento, assume, di fatto, il valore di domanda di prestazione. Sotto il primo profilo, è da ritenersi che, in presenza di un certificato con prognosi ancora in corso, il datore di lavoro non possa consentire al lavoratore la ripresa dell’attività lavorativa ai sensi della normativa sulla salute e sicurezza dei posti di lavoro. L’articolo 2087, cod. civ., come noto, infatti, impegna il datore di lavoro ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro e l’articolo 20, D.Lgs. 81/2008, obbliga il lavoratore a prendersi cura della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro. Ne consegue che il dipendente assente per malattia che, considerandosi guarito, intenda riprendere anticipatamente il lavoro rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante potrà essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica della prognosi originariamente indicata. Per quanto concerne, invece, l’obbligo del lavoratore nei confronti dell’Inps, si evidenzia che lo stesso è tenuto a garantire la massima collaborazione e correttezza verso l’Istituto nei confronti del quale, con la presentazione del certificato di malattia, ha inteso, di fatto, instaurare uno specifico rapporto di natura previdenziale con conseguente possibile erogazione, in presenza di tutti i requisiti normativamente previsti, della relativa indennità economica. Il lavoratore è, quindi, tenuto a comunicare, mediante la rettifica del certificato telematico, il venir meno della condizione morbosa di cui al rischio assicurato, presupposto della richiesta di prestazione economica all’Istituto. Affinché la rettifica venga considerata tempestiva, non è sufficiente che essa sia effettuata prima del termine della prognosi originariamente certificata, bensì è necessario che intervenga prima della ripresa anticipata dell’attività lavorativa. Essa va richiesta al medesimo medico che ha redatto il certificato, riportante una prognosi più lunga.
Nei casi in cui emerga, a seguito di assenza a visita di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, la mancata o tardiva comunicazione della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, la circolare chiarisce che saranno applicate, nei confronti del lavoratore, le sanzioni già previste per i casi di assenza ingiustificata a visita di controllo, nella misura normativamente stabilita per tali fattispecie ovvero pari al 100% dell’indennità per massimo 10 giorni, in caso di 1° assenza; 50% dell’indennità nel restante periodo di malattia, in caso di 2° assenza; 100% dell’indennità dalla data della 3° assenza. La sanzione sarà comminata al massimo fino al giorno precedente la ripresa dell’attività lavorativa, considerando tale ripresa come una dichiarazione “di fatto” della fine prognosi (avvenuta nella giornata immediatamente precedente) dell’evento certificato. Il lavoratore, che si trovi nelle ipotesi sopra descritte e che, non trovato al domicilio di reperibilità, venga invitato a visita ambulatoriale, dovrà, comunque, produrre una dichiarazione attestante la ripresa dell’attività lavorativa.
Riduzione del periodo di prognosi riportato nel certificato attestante la temporanea incapacità lavorativa per malattia |
La circolare Inps n. 79/2017 chiarisce inequivocabilmente che la guarigione anticipata del lavoratore deve essere comunicata all’Inps |
La data di fine prognosi riportata nel certificato telematico assume un significato di rilievo dal punto di vista amministrativo-previdenziale, di conseguenza che ogni sua variazione deve essere segnalata |
In caso di prolungamento dello stato morboso il lavoratore provvede sempre a farsi rilasciare uno o più certificati di continuazione |
In caso di guarigione anticipata rispetto alla data di fine prognosi, il lavoratore, per rientrare al lavoro, è tenuto a richiedere una rettifica del certificato in corso, al fine di documentare correttamente il periodo d’incapacità temporanea al lavoro |
Affinché la rettifica venga considerata tempestiva, è necessario che intervenga prima della ripresa anticipata dell’attività lavorativa |
Nei casi in cui emerga, a seguito di assenza a visita di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, la mancata o tardiva comunicazione della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, verranno applicate, nei confronti del lavoratore, le sanzioni già previste per i casi di assenza ingiustificata a visita di controllo |
La sanzione sarà comminata al massimo fino al giorno precedente la ripresa dell’attività lavorativa, considerando tale ripresa come una dichiarazione “di fatto” della fine prognosi (avvenuta nella giornata immediatamente precedente) dell’evento certificato |
La telematizzazione del certificato medico di gravidanza
I certificati di gravidanza e di interruzione della gravidanza devono essere trasmessi telematicamente esclusivamente da un medico del Servizio Sanitario Nazionale o con esso convenzionato per via telematica utilizzando l’apposito servizio disponibile sul sito dell’Istituto nella sezione riservata ai “Medici certificatori”. La circolare in commento prevede un periodo transitorio di tre mesi, dalla data di pubblicazione della stessa (rectius 4 maggio 2017), durante il quale è riconosciuta la possibilità per il medico di procedere al rilascio cartaceo dei certificati di gravidanza e di interruzione della gravidanza. La trasmissione del certificato telematico comporta che la donna non sia più tenuta a presentare all’Istituto il certificato di gravidanza o di interruzione della gravidanza in formato cartaceo. I certificati telematici ricevuti dall’Inps sono messi a disposizione della donna sul sito Internet dell’Istituto, previa identificazione con PIN o CNS. I datori di lavoro, previa autenticazione con PIN o CNS, ed esclusivamente previo inserimento del codice fiscale della lavoratrice e del numero di protocollo del certificato fornito dalla stessa, potranno accedere in consultazione agli attestati attraverso un’apposita applicazione esposta sul sito dell’Istituto. I certificati di gravidanza e di interruzione della gravidanza trasmessi telematicamente potranno essere trattati direttamente dall’Istituto ai fini dell’accertamento del diritto a prestazioni economiche erogate dall’Istituto stesso. In caso di errata trasmissione di un certificato, il medico potrà procedere al suo annullamento attraverso la stessa applicazione utilizzata per la trasmissione. L’operazione di annullamento è consentita esclusivamente entro la mezzanotte del giorno seguente alla data di trasmissione. In tale intervallo di tempo il certificato telematico è pertanto da considerarsi in stato “non consolidato” e non potrà dare origine ad effetti di carattere amministrativo. Decorso il predetto termine, la cancellazione logica dei certificati acquisiti dall’Istituto sarà possibile esclusivamente previa presentazione alla sede territoriale Inps di competenza di una richiesta di annullamento. La richiesta, necessariamente in forma scritta, deve essere adeguatamente motivata e sottoscritta dal medico certificatore. Potrà essere presentata dal medico stesso o da persona di sua fiducia munita di delega espressa, ovvero dalla donna alla quale è stato rilasciato il certificato. L’annullamento è ammesso ed accettato dall’Istituto solo quando gli errori del certificato si riferiscano alle generalità della gestante o al suo codice fiscale. Non saranno accettate richieste di annullamento di certificati che il medesimo o altro medico intenda poi nuovamente emettere con una diversa data presunta di parto. Nei casi di annullamento, la sede Inps territorialmente competente provvederà a verificare e riesaminare le eventuali prestazioni erogate sulla base del certificato per il quale è pervenuta la richiesta di annullamento.
Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.
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