15 Febbraio 2017

Trasferta e trasfertismo: le Faq

di Luca Vannoni

L’articolo 7-quinquies, D.L. 193/2016 (c.d. Decreto Fiscale), convertito nella L. 225/2016, con norma interpretativa ha stabilito in via principale i requisiti per l’applicazione del regime del trasfertismo, regolamentato in materia fiscale dall’articolo 51, comma 6, Tuir, prevedendo altresì che, in caso della mancata contestuale sussistenza di tali condizioni, è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al comma 5, medesimo articolo 51, Tuir. A seguito della novità normativa, proponiamo una serie di casistiche relative alla distinzione e all’applicazione dei diversi regimi legati alla mobilità del dipendente.

 

È possibile individuare un’area di lavoro all’interno della quale applicare il regime del trasfertismo?

Il primo requisito per l’applicazione del regime del trasfertismo richiede che nel contratto di lavoro non sia indicata una sede di lavoro. La non indicazione di una sede non vuol dire che non possa essere delimitata il confine dell’area di lavoro, anche sulla base del territorio comunale: la condizione che esclude tale area dall’applicazione del regime di esenzione riguarda esclusivamente l’articolo 51, comma 5, Tuir, relativo alle trasferte, e non il comma 6.

 

È possibile riconoscere rimborsi spese esenti ai lavoratori trasferisti?

Non è possibile riconoscere rimborsi spese esenti (trasporto, indennità chilometriche, vitto o alloggio) relativi agli spostamenti rientranti nella sua area di lavoro, se delimitata contrattualmente.

 

È possibile inviare in trasferta il lavoratore trasfertista?

Se è stata individuata un’area di lavoro, per necessità aziendali può essere ordinato al lavoratore di svolgere, temporaneamente, la propria prestazione al di fuori di essa. Per mantenere il regime del trasfertista, si ritiene, in via prudenziale, consigliabile non riconoscere alcun elemento retributivo in aggiunta come trattamento indennitario forfettario, in quanto la norma interpretativa richiede un’erogazione di un compenso fisso (a dire il vero, la norma, l’articolo 51, comma 6, parla di continuità del compenso, che poteva far ritenere la possibilità di una sua modulabilità, ferma restando la sua corresponsione continua) a prescindere dal luogo della trasferta: tuttavia, durante i giorni della trasferta, sembrerebbe corretto applicare il regime della trasferta (comma 5) all’indennità forfettaria da trasfertista, parametrata sui giorni di trasferta, e applicare le esenzioni per spese di viaggio, vitto e alloggio al di fuori di tale area.

 

È possibile riconoscere al lavoratore trasfertista un compenso variabile a seconda della distanza degli spostamenti?

Dato che la norma interpretativa del Decreto Fiscale richiede che l’indennità sia in misura fissa, e non solo corrisposta anche con continuità, come si prevede nell’articolo 51, comma 6, si ritiene corretto, prudenzialmente, non prevedere meccanismi di oscillazione di tale indennità. In base all’esclusivo tenore della disposizione contenuta nel comma 6, potrebbe essere sufficiente la continuità nell’erogazione, con oscillazioni dell’indennità (e, infatti, la giurisprudenza considerava applicabile all’indennità per le singole giornate di trasferta svolte dai lavoratori itineranti il regime dell’imponibilità al 50%). Alle somme aggiuntive rispetto al compenso fisso, stante possibili valutazioni restrittive, potrebbe essere applicata la regola generale di imponibilità, essendo, da un punto di vista fiscale, semplicemente delle maggiorazioni retributive al di fuori del compenso da trasfertista che sconta il beneficio fiscale.

 

È possibile individuare come luogo di lavoro la residenza del lavoratore, qualora la sua prestazione si caratterizzi da una forte mobilità?

Si ritiene possibile individuare come luogo di lavoro (con i relativi riflessi in materia di sicurezza sul lavoro) la residenza del lavoratore e applicare il regime della trasferta ogni qual volta il lavoratore si reca in trasferta al di fuori del Comune in cui risiede. L’eventuale indennità forfettaria deve essere riconosciuta solo per le trasferte effettive svolte. Potrebbe essere applicato anche il regime del trasfertismo, con la parziale imponibilità del compenso forfettario fisso da trasfertista, ma senza limitazioni legate al fatto che la mobilità interessa il territorio comunale, senza la possibilità di riconoscere rimborsi esenti (che sarebbero interamente imponibili).

 

È possibile riconoscere trattamenti economici migliorativi rispetto alla contrattazione collettiva?

Come precisato dal Ministero del lavoro, con la nota del 21 aprile 2010, qualora vengano concordati con il lavoratore, o comunque erogati (quindi anche unilateralmente, senza necessità di un accordo individuale tra azienda e lavoratore), a titolo di trasferta, indennità superiori rispetto a quanto stabilito dalla contrattazione collettiva, determinati da maggior disagio e onerosità delle trasferte, tali importi non devono essere assoggettati a imposizione, a condizione che rientrino nei limiti quantitativi fissati dall’articolo 51, comma 5, Tuir.

 

È possibile riconoscere indennità chilometriche esenti calcolate dalla residenza del lavoratore al luogo di trasferta?

Nel caso in cui la distanza percorsa dal dipendente per raggiungere, dalla propria residenza, la località di missione risulti inferiore rispetto a quella calcolata dal luogo di lavoro abituale, con la conseguenza che al lavoratore è riconosciuto, in base alle tabelle Aci, un rimborso chilometrico di minor importo, quest’ultimo è da considerare non imponibile ai sensi dell’articolo 51, comma 5, secondo periodo, Tuir. Invece, nell’ipotesi in cui la distanza percorsa dal dipendente per raggiungere, dalla propria residenza, la località di missione risulti maggiore rispetto a quella calcolata dal luogo di lavoro, con la conseguenza che al lavoratore viene erogato, in base alle tabelle Aci, un rimborso chilometrico di importo maggiore rispetto a quello calcolato dalla sede di servizio, la differenza è da considerarsi reddito imponibile ai sensi dell’articolo 51, comma 1, Tuir (Agenzia delle entrate, risoluzione n. 92/E/2015).

 

Ai lavoratori installatori del settore metalmeccanico, così come ai lavoratori edili, è possibile riconoscere indennità di trasferta esenti?

Il regime della trasferta, a seguito del Decreto Fiscale, diventa una sorta di regola generale, che può disapplicarsi, in favore di quella del trasfertista, solo in base alla volontà delle parti e non per le modalità concrete di svolgimento della prestazione di lavoro. Solo la previsione di un’indennità fissa, e l’assenza di un luogo di lavoro, determinano il regime del trasfertista. Se ai lavoratori sopra indicati un’eventuale indennità viene versata solo in riferimento alle effettive trasferte svolte, già viene meno la possibile applicazione del regime del trasfertismo, essendo richiesta la contestualità delle condizioni.

 

È possibile riconoscere indennità di trasferta ai collaboratori coordinati e continuativi? E il regime del trasfertismo?

Se, da un punto di vista fiscale, è possibile estendere il regime della trasferta (un po’ più delicato è il regime del trasfertismo, visto il rischio che parte del compenso finisca travasato nell’indennità fissa: con l’interpello n. 24/2010 il Ministero del lavoro ritiene applicabile il regime della trasferta e non quello dei trasferisti, anche in assenza di luogo di lavoro abituale e con compenso fisso), è opportuno prestare attenzione al coordinamento del luogo della prestazione, che può far scattare l’applicazione delle norme del lavoro subordinato al rapporto.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Strumenti di lavoro“.

 

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